Opportunità è una di quelle parole che sono tutto tranne che internazionali. Mi spiego: non tutti possono vantare di averne, nella propria esistenza.

Ci sono posti in cui ti capita di avere una buona opportunità nella vita e basta. Una botta di culo. Da noi è un po’ diverso: possiamo, nei limiti economici della faccenda, viaggiare, andare all’università, lavorare, avere una casa, indossare vestiti diversi ogni giorno. Gesti scontati per noi, probabilmente neanche considerati come opportunità da molti, ma se vengono confrontati con chi ha poco o niente di tutto questo, allora lo diventano.

Tra le opportunità che ho avuto nella mia breve, ma fino ad ora, intensa vita, c’è stata quella di conoscere una terra senza opportunità. In questo caso mi riferisco al Kenya, al piccolo villaggio di Buoye in cui sono stata due anni fa. Penso però che il discorso si possa generalizzare per tutta l’Africa.

Non starò di certo a parlare di quanta miseria ci sia in Kenya, perché lo si sa. Forse ci si tappa un po’ troppo le orecchie, fa meno male non stare a sentire, comunque ci si può fare un’idea delle case di fango, dei bambini con le pance gonfie, del numero spropositato di affetti da AIDS etc. Ci sono immagini su google di tutto questo.

Quello di cui vorrei parlare invece è proprio di quella botta di culo che a qualcuno di loro è capitato di avere nella vita.

Una ragazza di Boves, Mary, ha fondato un’associazione chiamata Progetto Orfani Lago Vittoria. Sono stata a Buoye con loro. Si occupano di adozioni a distanza. Alcune famiglie italiane pagano la retta scolastica ed altre spese come l’uniforme a un centinaio di bambini che vivono sulle rive del lago Vittoria, vicino alla città di Kisumu.

A questi bambini si regala la possibilità di andare a scuola, di vivere in una casa con dei genitori a cui sono affidati e di avere almeno un pasto al giorno.

Non voglio raccontarvi quello che ho visto come se fosse una favola. Non ci sono solo finali felici. Anzi. Spesso i bambini muoiono. Ma la realtà africana è affascinante perché estremamente complessa e piena di paradossi.

Il fare volontariato in una terra senza speranza e senza opportunità ti fa capire di quante tu ne abbia quotidianamente. E ti fa venir voglia di impiegare le tue energie per darne a chi non ne ha. Si tratta semplicemente di decidere di fare in questo modo la propria parte nel mondo.

Perché lo si fa? Perché si sente di avere già avuto abbastanza dalla vita, talmente tanto da mettersi in cammino verso questa terra per condividere quanto ricevuto.

Per poi tornare a casa con molto di più di quanto si è riusciti a dare.

Perché chiunque sia stato in Africa lo sa: ti riporti indietro, nel tuo mondo di tutti i giorni, molte più cose di quelle che avevi prima. È una terra che, con niente, ti arricchisce.

È un paradosso: è l’Africa. Andateci.

Cecilia Actis