Immaginate un funambolo alle prime armi alle prese con una corda, il rischio, il vuoto e le vertigini. Immaginatelo con le braccia tese alzate per mantenersi in equilibrio, in procinto di sollevare la pianta del piede per il primo passo… stop! Fermate qua la scena!
Non credete possa essere un distacco da brividi? Non si tratta di una partenza per un viaggio di cui non si conoscono meta e durata, ma è il distacco da una certezza, è il coraggio di correre dei rischi. Per essere funamboli è necessario aprirsi a nuove esperienze di vita: la lettura di un nuovo romanzo, la scoperta di un hobby, una decisione difficile da prendere, l’incontro con una persona, il coronamento di un sogno . Insomma, in fondo ogni scelta che si prende è pressoché esclusiva e comporta un distacco, materiale o non, dalle possibilità scartate. La scelta è un aprirsi e un chiudersi di porte che non sempre può risultare banale. Quante volte ci siamo ritrovati di fronte a due porte, con in mano entrambe le chiavi per aprirle? Quante volte siamo stati soddisfatti della decisione presa? Ma anche quante, invece, rimasti delusi?
In fondo il filosofo Kierkegaard direbbe che non è importante l’oggetto della scelta, ma è fondamentale il modo in cui si prende la decisione di infilare una chiave nella toppa e ”clac” fare il primo giro, mentre si butta alle spalle l’altra.
Ritornate al funambolo: ha trovato il coraggio dentro di sé, chiude gli occhi, fa un respiro profondo, alza il piede, è sospeso, lo riappoggia e, in quell’atmosfera quasi surreale, silenziosa, sempre con gli occhi chiusi abbozza sul suo viso un sorriso. Ce l’ha fatta, è nuovamente con entrambi i piedi sulla corda, mezzo metro più avanti, però. Ha corso un grande rischio; l’indecisione e la paura lo stavano per sopraffare.
La stessa cosa vale per chi decide di partire, di scegliere ed è consapevole che rinuncerà ad «un certo ”se stesso” […] per scommettere su un futuro ”se stesso” totalmente ipotetico», come riportava un’intervista dello scrittore Julio Monteiro Martins. Entrano in gioco una molteplicità di emozioni forti e contrastanti. Il pacchetto ”distacco” comprende anche dolore, difficoltà, incomprensione, solitudine.
Come può sentirsi il funambolo a quindici metri d’altezza sospeso nel vuoto? Come possiamo sentirci noi giovani con un nuovo mondo che si apre ed offre centinaia di porte con altrettante chiavi?
Mezzo metro più indietro il funambolo sarebbe al sicuro, sulla terra… Se noi giovani ci voltassimo indietro ci renderemmo conto che ci sono una famiglia, una casa, una scuola che ci hanno cresciuti e alla quale in fondo ci siamo affezionati…
Il distacco e le future difficoltà fanno paura, ma chissà che non potrebbero trasformarsi in occasioni di crescita o essere (come a tutti voi auguro!) le basi per un avvenire ricco di soddisfazioni.
Immaginate, ora, il nostro funambolo che, una volta riaperti gli occhi dopo il primo passo, alza la testa e si rende conto che può farcela!
Perché in fondo, come dice Jovanotti, ”la vertigine non è paura di cadere, ma voglia di volare…”.
Eleonora Sarale