Negli anni, film, libri, fumetti e gli stessi testi scolastici ci hanno sempre dato una chiara idea di che cosa significasse costruire una piramide nell’Antico Egitto. Lunghe e complicate progettazioni, anni di durissimi lavori e numerosi e frequenti incidenti durante la costruzione ai danni della moltitudine di schiavi costretti ad operare giorno e notte.
Archeologi e storici ci rivelano però che non tutto è come comunemente si ritiene. Sono state infatti scoperte le tombe degli operai che si occuparono della costruzione della piramide di Cheope, la più antica delle Sette Meraviglie del Mondo Antico, situata a Giza e conclusa attorno al 2560 a.C. In questa necropoli rinvenuta nella piana di Giza si è scoperto che i manovali non erano schiavi, bensì operai egizi pagati.
In occasione della costruzione della celebre tomba del faraone Cheope, i salari dei 10.000 uomini addetti (non 100.000 come stimato dagli storici greci) erano per giunta buoni, dato che i più ricchi, per avere accesso a sgravi fiscali, inviavano periodicamente vitelli e montoni ai cantieri. Inferiori erano invece i compensi degli operai impegnati nelle opere pubbliche, poiché vi era un periodo di lavoro obbligatorio per chi non era impegnato nei campi durante le piene del Nilo.
Si registrano inoltre alcuni scioperi e proteste da parte dei lavoratori in caso di salari mancanti o in ritardo, come quello che avvenne intorno al 1180 a.C. sotto il faraone Ramses III, descritto in un papiro conservato a Torino nel Museo Egizio.
Ad aver alimentato per secoli la credenza secondo la quale fossero solo schiavi ad operare nei cantieri furono gli storici antichi, in particolare Erodoto, che riteneva impossibile costruire tali monumenti senza il lavoro di moltitudini di schiavi. Nella Bibbia è inoltre descritto come la schiavitù fosse estremamente comune nella società dell’Antico Egitto, nonostante la schiavitù ebraica in Egitto sia successiva al periodo delle Piramidi.