La cultura del consumismo non attiene meramente alla sfera economica, perché annebbia l’intelligenza anche nella sfera privata. L’uomo di questo tempo è irrequieto e sempre in ricerca del nuovo, come dimostrano alcune scene di vita quotidiana: la maggior parte dei bambini non sa stare seduta tranquillamente al banco e non sa colorare un disegno con cura; nelle aule universitarie gli studenti prendono appunti, ma di tanto in tanto aprono la pagina Facebook per scorrere distrattamente e rapidamente tra la vita degli altri; alla stazione ferroviaria molti non hanno la pazienza di aspettare il treno senza fare nulla, e così navigano anch’essi tra i social.
Tante sono le insidie del mondo e una tipica del nostro è la noia. Se la noia di quando si era bambini era l’assenza di ogni attività, la noia dell’adulto è una pigrizia che si riversa in attività senza senso (come scorrere le foto di Instagram senza interesse); così la cultura della non accettazione dei dispiaceri emerge anche da questo, dato che nel quotidiano si camuffa la noia dandole le sembianze delle attività tipiche del “tempo libero”. Si parla di noia, ma Martin Heidegger nel sesto capitolo di Essere e tempo (1927) definiva la curiosità come «una tipica incapacità di soffermarsi su ciò che si presenta» che non cerca «la calma della contemplazione serena», ma che spinge sempre alla novità e al cambiamento. Heidegger proseguiva: «I due momenti costituitivi della curiosità, l’incapacità di soffermarsi e la distrazione, fondano quel terzo carattere essenziale di questo fenomeno cui diamo il nome di irrequietezza». È un modo di vivere che anche Antoine de Saint – Exupéry denunciava con grazia in Il piccolo principe (1943), in cui scriveva a proposito degli uomini: «Non si sa mai dove trovarli. Il vento li spinge qua e là. Non hanno radici, e questo li imbarazza molto».
Oggi si discute tanto della precarietà affettiva e della paura di fare scelte forti e convinte, consapevoli che però si tratta di modi di vivere propri di molti, ma non di tutti. Al contrario le trappole quotidiane che nessuno evita del tutto sono proprio l’irrequietezza e l’impazienza nell’aspettare che il semaforo diventi verde o nel rispettare i limiti stradali di velocità. La relazione tra noia e intolleranza è difficilmente visibile, ma c’è: si annoia chi si distrae e si distrae chi è intollerante.
E se allora si provasse a sconfiggere parte della dilagante impazienza insegnando ai bambini a stare seduti composti e agli adulti a non smarrirsi nel vuoto mondo liquido dei social?