Veronica Raimo mi ha incuriosito con la copertina: una bambina con un viso contorto come se avesse appena morso qualcosa di aspro. Non ho letto la trama, ho subito sentito che dovevo leggerlo. In realtà conoscevo già un pochino lo stile dell’autrice dalla raccolta di poesie Le Bambinacce scritta assieme a Marco Rossari: una provocazione divertente che racconta l’incertezza, l’amore, l’autolesionismo e altri tabù culturali.
Niente di vero è una tragicommedia scritta come se si stesse raccontando la propria vita a quell’amica di sempre o come quello sfogo improvviso con un tizio in un bar che sai di non incontrare mai più. Un fiume di pensieri che nasce dalla consapevolezza del venire al mondo in una famiglia che non hai scelto ma ci sei capitato e che per accettarla la subisci. Una scrittura esilarante e schietta che racconta i disagi, i fallimenti e le storture della vita con il sottofondo di una risata amara. La protagonista Veronica, chiamata Verika dalla madre, Oca dal padre (soprannome nato dalla storpiatura del nome da bambina) e Vero dagli amici si racconta con un tono beffardo in un percorso di crescita intriso di diverse visioni del mondo che portano poi alla sua di visione. Da piccola voleva fare la rockstar perennemente in tour mondiale ma non le era permesso fare cose spericolate. La sua infanzia è stata dominata dalla noia, da giornate tutte uguali passate tra le mura di casa, “sapevamo annoiarci come nessun altro”. Il lettore viene immerso in quei giorni passati a spiare dalla finestra della cameretta gli altri bambini giocare nel cortile del palazzo. Veronica si riscatterà da grande con una vita randagia passata nelle case degli altri a vivere le loro vite per brevi periodi.
Al mucchio dei ricordi d’infanzia si aggiungono poi i genitori iperprotettivi: il padre che costruisce muri fino a far diventare la casa un alveare claustrofobico, la madre iperapprensiva che telefona sempre a tutti per sapere dov’è, il fratello che si prende tutte le attenzioni, perché è più bravo a fare tutto. Percepiamo tra le righe quel senso di soffocamento che si sente quando i genitori ci tengono troppo stretti per paura che ci succeda qualcosa. Riflette anche sulla rappresentazione dell’amore che sono stati i suoi: un rapporto visto come modello per il fratello ma un modello di tutto ciò non avrebbe mai voluto per Veronica, cioè due persone che non si rendevano felici ma sono rimaste insieme fino alla fine.
Non mancano le prime relazioni d’amore: Bra, con cui vedeva la fine prima ancora che iniziasse. Loris, una relazione intrapresa per la sola praticità di scappare di casa. La prima volta che ha visto un uomo nudo, viscidamente spiazzante. Quel diventare donna senza aver mai ricevuto un’educazione sessuale è brutalmente simile alla realtà di tante giovani ragazze di oggi. L’inquietante mitologia intorno alle mestruazioni e lo scandalo dell’andare dal ginecologo in famiglia portano Veronica a fidarsi unicamente della madre della sua migliore amica, che diventa così la ginecologa segreta e l’adulta con cui si può parlare di sesso. Poi c’è l’amore maturo accompagnato da test di gravidanza, l’inferno di abortire e l’amara scoperta del cimitero dei feti.
La Raimo va anche a toccare quei piccoli dolori quotidiani che sono fastidiosissimi, come la stitichezza di cui ne descrive il senso di impotenza e solitudine: “i momenti più profondi di solitudine li ho vissuti sulla tazza del cesso”. Nonno Peppino che capiva quel dolore così intimo e le stava vicino raccontandole degli aneddoti. E poi quel l’insonnia invincibile accompagnata da crisi esistenziali notturne: perché la vita? perché scrivere? si chiede nel continuo rigirarsi nel letto. Infine, molto toccante è la profonda descrizione dell’affrontare il dolore di una persona cara che soffre. La limpidezza con cui vengono descritte le giornate passate accanto al suo letto, dal provare a trovare un argomento di cui parlare allo stare semplicemente lì in silenzio. “Non volevo avere ricordi di quel corpo. Per me mio padre non c’era più.” Il tempo che passa e porta a non pensare più costantemente alla sua figura, fino a che tutto il dolore viene racchiuso in ricordi lontani.
Un libro che ci fa domandare: chi ci conosce davvero? I nostri genitori sanno chi siamo? Troveremo prima o poi il coraggio di diventare le persone che fingiamo di essere? Anche se l’autrice dichiara che non c’è niente di vero, sembra esserci tutto di vero. Veronica Raimo sembra tradurre nero su bianco tutte le paranoie mentali che ci facciamo. Ci racconta del diventare grandi e della vita, senza mezze misure. Con quel pizzico dello spirito dissacrante di Fleabag che trasforma sesso e disastri familiari in una commedia provocatoria è impossibile chiudere il libro prima della fine.