Debolezza, anemia, pallore. Disturbi addominali, soprattutto in corrispondenza della milza e del fegato. Perdita di appetito e dimagrimento. Emorragie, palpitazioni, linfonodi rigonfi. Progressivo calo della speranza, proporzionale al diminuire dell’efficacia delle cure, che contribuisce in misura determinante all’esaurimento della voglia di vivere. Febbre, sudorazione eccessiva, dolori ossei e muscolari. Morte.
Leucemia mieloide cronica, il cancro del sangue, che dallo spavento diventa bianco. Meno globuli rossi, più globuli bianchi, il cui numero cresce senza nessun controllo. Alla base di tutto una mutazione genica, che colpisce il DNA delle cellule del midollo osseo, da cui origina ogni cellula del sangue. Le cellule bianche proliferano ostinatamente, sono più resistenti, muoiono difficilmente. Viaggiano nel circolo sanguigno, per loro è facile spostarsi, dato che quella è la loro natura. Raggiungono sedi lontane. Fuoriescono dai vasi, metastatizzano. È un’invasione.
Due tratti genici di due cromosomi diversi, il 9 e il 22, si uniscono, in seguito ad una traslocazione: è questa l’origine del male. Risultato di tutto ciò, è una proteina chimerica iperattivata, coinvolta nei meccanismi di proliferazione cellulare. Il gene mutato e la proteina alterata sono malintesi molecolari, ma non vengono identificati come irregolarità dai sofisticati sistemi di riconoscimento degli errori della cellula, perché anche le sequenze geniche che codificano per proteine coinvolte in tali meccanismi sono mutate. Sono necessarie almeno due mutazioni perchè la patologia si manifesti. Esistono fattori di rischio ambientali, costituzionali e genetici che potenziano la probabilità di svilupparle e di mantenerle. E poi c’è la casualità.
Questa è solo una faccia della medaglia.
L’altra faccia è che Davide a 19 anni non pensava che si sarebbe ammalato. Lui non ci pensava alla morte, alla malattia, agli ospedali, ma pensava alla sua vespa, all’estate e quanto bastava al futuro, senza perdersi l’immediato. Chissà cosa ha pensato quando gli dissero che invece era toccato a lui. Chissà quanto si è disperato quando gli riferirono la gravità della situazione. L’altra faccia della medaglia è la speranza che ha provato quando gli proposero tutte le terapie possibili. E poi la delusione del loro fallimento. Lo scoraggiamento. Perdersi di nuovo senza aver fatto un passo fuori dall’ospedale. È passato un anno. Chissà cosa ha pensato quando ha capito che non c’era più niente da fare. Chissà se la stanchezza degli ultimi stadi gli ha consentito di continuare a pensare. Chissà se uno si sente di morire, un attimo prima. Chissà se Davide se lo sentiva.
La principale cura della leucemia è la chemioterapia, un trattamento che consiste nella somministrazione di un cocktail di potenti farmaci che interferiscono coi meccanismi di proliferazione e sopravvivenza cellulare. Di recente è stato creato un nuovo farmaco, il Gleevec, che sembra avere una grande efficacia soprattutto nei pazienti cronici. È possibile che vengano usati tre diversi chemioterapici: le cellule malate possono portare in sé diverse combinazioni di mutazioni, che gli conferiscono resistenza a particolari farmaci, ma è improbabile che ciascuna cellula mutata sia resistente a tutti e tre. Inoltre un problema che può insorgere è una nascente resistenza al trattamento, con conseguenti ricadute nella malattia. Il cancro sembra essere nato per combattere. Ultima opzione è il trapianto di midollo osseo, ma è difficile trovare un donatore compatibile, anche se non impossibile. Ultimo filo di speranza.
Chissà cosa deve aver pensato Davide quando i medici gli dissero che non c’era più nulla da fare e che non c’erano donatori compatibili. Pensate al valore che deve aver avuto la speranza, dopo tempi tanto privi di luce. Chissà quante energie spese attaccati ad essa. E poi essere travolti dalla rassegnazione. Chissà se gli aveva procurato pace, o se l’aveva solo scaraventato nella più cupa angoscia della fine.
Sono stati fatti passi avanti nella cura della leucemia, anche se in realtà muoiono ancora troppi Davide per vedere il lato positivo della questione. Grazie ai progressi della biologia molecolare possiamo individuare le mutazioni patogene, che possono essere diverse in diversi pazienti con la stessa malattia. Scoprendo il problema a livello molecolare è possibile prescrivere una terapia personalizzata, che ha maggiori possibilità di successo. Ma la strada è ancora lunga, e la velocità di percorrenza è lenta, a causa della mancanza di fondi, di strumenti adeguati, di alcune conoscenze biologiche che sono tante, ma in alcuni casi ancora insufficienti. Gli ostacoli non ci fanno paura di fronte alla morte, per questo la ricerca, la medicina e la scienza si ostinano ad andare avanti. Tra lo sgomento e la disperazione, le vittime della leucemia ci ricordano che anche noi siamo fatti per combattere. E le vittorie sono tutte quelle persone a cui riusciamo salvare la vita.
Di Ylenia Arese