Te ne innamori da piccolo, le annusi, le accarezzi, le guardi e le riguardi. Poi, forse anche un po’ per sentirti grande, fai finta di non averle mai viste da adolescente e le dimentichi in qualche cassetto. Quindi, una volta adulto, le recuperi, le rispolveri e da lì non le lasci più.
Il rapporto con le figurine, soprattutto per noi ragazzi italiani, è un po’ questo, da sessant’anni a questa parte. Mio padre tifa Inter e ricorda di averci giocato con i suoi amici per potersi accaparrare Ivano Bordon, secondo portiere introvabile a inizio anni Settanta: ci si sedeva in corridoio a scuola, si lanciavano le figurine e se la tua finiva su quella di un altro, in automatico la sua diventava tua. Mio cugino non ha mai tifato fino in fondo, eppure qua e là, un po’ impolverato, qualche album, magari non completo, ce l’ha. Io ricordo di aver iniziato nei primi anni Duemila, ho smesso ma ora sono tornato ad amarle e molte di quelle di un tempo mi rievocano ancora le sensazioni di vent’anni fa: il profumo dei chewing gum che le accompagnavano, l’odore dell’album appena comprato, mia mamma che tornava dalla spesa con due pacchetti e mi riempiva di gioia.
Ecco perché un po’ tutti, in un modo o nell’altro, dobbiamo alle figurine una fetta dei nostri ricordi, più o meno lontani nel tempo.
Eppure, nel 2020, le figurine sono anche e soprattutto un fenomeno da business unico nel suo genere. Una bustina, oggi, costa 80 centesimi e ne contiene 6, a inizio anni Sessanta costava 10 lire, ma è il mercato delle figurine di un tempo a far girare la più grande quantità di denaro. Perché? Perché alcune, per ragioni a volte misteriose, sono rare o rarissime.
Il primo scandalo. La prima introvabile, in realtà, non aveva nulla a che vedere con il calcio e tanto meno con la Panini, che oggi ha legato indissolubilmente il suo nome ai volti dei calciatori ovunque nel mondo. Era Il Feroce Saladino, uno dei tanti personaggi immaginari e storici presenti nella collezione promossa da Buitoni e da Perugina nel 1937. Letteralmente introvabile, o poco meno. A differenza degli altri protagonisti della raccolta (Tarzan, Cleopatra, ecc.) era stato forse volutamente stampato in minore quantità e i bambini del tempo impazzirono per trovarlo.
La prima. Oggi vale centinaia di euro la figurina di Bruno Bolchi, milanese classe 1940. Non perché entusiasmasse in campo (vinse ma non fu un fuoriclasse), quanto perché leggenda vuole che sia stata la sua la prima figurina stampata, nell’autunno del 1961. Era capitano dell’Inter e per qualche strana ragione i fratelli Panini di Modena scelsero di partire da lui per una raccolta che avrebbe rivoluzionato per sempre il mondo del collezionismo e la vita dei ragazzi.
Pier Luigi Pizzaballa e gli altri anonimi indimenticati. La vera leggenda del “celo celo manca” è però nata intorno a loro: gli introvabili degli anni Sessanta e Settanta. Su tutti, il nome più noto è quello di Pier Luigi Pizzaballa, ovvero la figurina numero 1 della stagione 1963/64 e di qualche annata successiva, perché portiere dell’Atalanta, prima squadra in ordine alfabetico. Era difficile da trovare e, soprattutto, non averlo significava non avere il volto che apriva la raccolta: ecco perché qualcuno gridò allo scandalo, accusando la Panini di averne stampata in minore quantità. La risposta? La stessa ancora oggi: “Stampiamo in egual numero tutte le figurine”. È tutt’ora un mistero affascinante.
La coccoina. È domanda da quiz televisivo: “che cos’è la coccoina?”. Nulla a che vedere con la droga, nonostante l’assonanza. La coccoina è una pasta bianca, a base di fecola di patate ed acqua, prodotta da una ditta di Voghera e resa celebre proprio perché era utilizzata (fino al 1971/72) per incollare le figurine, che al tempo non avevano ancora la velina adesiva che le ha poi rese uniche.
La più cara. Infine, la più cara. Ci sono tante ragioni perché una figurina risulti più preziosa di altre: la rarità, un errore a cui è legata oppure, per le più recenti, l’assenza nel magazzino Panini (è il caso, ad esempio, della figurina di Del Piero numero 166 del 2003/04, esaurita!). Ma la più cara in assoluto… riguarda il baseball! È quella di Honus Wagner, giocatore di Pittsburgh a inizio Ventesimo secolo. La sua figurina, prodotta sui pacchetti di sigarette nel 1909 è letteralmente introvabile, perché il giocatore stesso ne bloccò le riproduzioni: non voleva che il suo volto inducesse i ragazzini a fumare!
Numero di esemplari integri oggi? 57.
Valore commerciale? Tenetevi forte… 3 milioni di dollari!