“Una frase non gli dava requie, nell’ultimo articolo che aveva letto. Si insisteva sulla possibilità che si tradisse da solo.
Come erano riusciti a indovinare che per lui era una sorta di vertigine, che si rassegnava a malincuore a rimanere uno sconosciuto nella folla, che talora provava il desiderio, specie quando incontrava qualcuno in una strada buia e solitaria, di esclamare a bruciapelo:
<<Ma lei lo sa chi sono io?>> .“
(da L’uomo che guardava passare i treni, G. Simenon)
Kees Popinga è un uomo normale: vive la sua vita senza particolari ambizioni, ha un lavoro onesto, non ha mai tradito la moglie. Un uomo normale, insomma. Finché non si stufa! Normalità insulsa. È come se sentisse di star percorrendo una discesa con il freno a mano tirato. Lui vuole sentirsi libero. Vuole scendere a massima velocità. Squarciare il tempo. Investire tutto ciò che si oppone al suo impeto.
Con quella punta di amara ironia, Simenon riflette sulla condizione dell’uomo di autoimprigionarsi, di accettare di indossare quelle catene di convenzioni, quelle insulse identità con cui accettiamo di riconoscerci che non sono altro che maschere.
E poi, la curiosità. La curiosità matta di vedere le reazioni della gente a questa libertà sfrenata. La voglia di essere sorprendenti. La voglia di sfrecciare tra la gente, invisibili e impetuosi come una folata di vento che dal nulla scompiglia i capelli e piega gli alberi, aggressiva e indomabile.
Al diavolo tutto! Al diavolo la falsità, al diavolo la famiglia, al diavolo la legge, al diavolo le conseguenze, al diavolo la paura. Popinga si vuole divertire!
E ci farà divertire, trasportandoci nelle sue avventure sia fisiche sia mentali.