Se prendi una cartina europea dove sono scritti i nomi di tutti gli Stati e guardi all’incirca sopra la seconda N di “ENGLAND”, è probabile che ti imbatterai nella città di Leicester. È la decima città d’Inghilterra per popolazione, sembra sia un bel posto da visitare, con la chiesa di Saint Mary de castro, che nelle foto sembra un dipinto di Turner e, se sei appassionato di musica, potresti sapere che proprio a Leicester è stato fondato il gruppo alternative rock dei Kasabian. Ma se oggi si digita Leicester su Google tutti i riferimenti vanno alla squadra di calcio: il Leicester City FC. Anche se è un club storico, fondato nel 1884, il Leicester non ha mai avuto grande spazio nella storia del leggendario campionato inglese. Non ha mai vinto la Premier League, ma in compenso ha trionfato tre volte in Coppa di Lega, l’ultima nel 2000. Se si guarda al recente passato si registrano ben più infamie che lodi. I Foxes (cioè le volpi, come vengono soprannominati i calciatori che militano in questa squadra) nel 2004 sono retrocessi in Championship (Serie B inglese) e, dopo anni di campionati mediocri, addirittura in League One (il corrispettivo della Lega Pro italiana, nel 2008). Dopo essere prontamente risaliti di una categoria, il ritorno in Premier avviene nel 2014. L’anno scorso la stagione si è chiusa al quattordicesimo posto. Niente di tutto ciò spiega l’improvvisa fama delle magliette blu del Leicester City FC. Tutta la fama è spiegata dagli ultimi sei mesi.
Oggi il Leicester City FC ha 53 punti in 26 partite giocate, ha segnato 48 gol e soprattutto occupa il primo posto in classifica davanti a squadre blasonate come Arsenal, Manchester City, Manchester United, Liverpool, Chelsea e a squadre abituate a sorprese negli ultimi anni come Tottenham, Everton e Southampton. La stagione è ancora lunga, ma quello che sta succedendo è qualcosa di storico e totalmente inaspettato. I bookmakers inglesi quest’estate erano disposti a pagare ai temerari profeti della vittoria del campionato da parte del Leicester circa 5000 volte la posta, ora buttare una sterlina sull’impresa dei Foxes frutta soltanto 70 centesimi. Come sempre, da buoni assalitori di carri dei vincitori, noi italiani ci prendiamo qualche merito, perché alla guida dei ragazzi che stanno comandando in Premier League c’è un allenatore italiano, romano di Testaccio: Claudio Ranieri; lunga carriera, ma magri trionfi, mai troppo compreso, ma già conosciuto oltremanica per aver allenato il Chelsea, nei primi difficili anni di costruzione di una squadra che poi avrebbe vinto tutto quello che un club può sperare di vincere. È proprio l’allenatore ad aver rivelato il segreto della sua squadra: la grande serenità dell’ambiente e la massima disponibilità dei giocatori. Infatti, a leggere i nomi che compongono la rosa del Leicester non si trovano campioni affermati o stelle luccicanti, ma una serie di bravi giocatori, che non hanno mai vinto nulla e quindi ardono dal desiderio di cominciare a sollevare trofei. Sempre dalle parole del coach si è scoperta qualche curiosità su alcuni degli eroi del King Power Stadium. Il giocatore, forse, di maggior talento è Riyad Mahrez, un giocatore che fa della velocità, della fantasia e della classe il suo marchio di fabbrica. Il difetto di questo tipo di atleti è, in genere, lo scarso impegno, invece, il franco-algerino è il primo ad arrivare agli allenamenti. Il centrocampista N’golo Kante va ogni santo giorno a correre,anche prima dell’allenamento. Quando Ranieri gli ha chiesto il motivo, ha risposto che nelle banlieu di Boulogne,la città in cui è cresciuto, quando diceva che avrebbe voluto diventare calciatore, tutti lo sbeffeggiavano dicendogli che con i suoi piedi non sarebbe andato da nessuna parte. Kante gioca oltre che con i piedi, anche con i polmoni, il cuore e la testa, e, se ben allenati, questi fanno sicuramente la differenza nel gioco del calcio. Ma le storie curiose non finiscono qui. Il portiere è il danese Kaspar Schmeichel, figlio di Peter, campione d’Europa con la Danimarca nel 1992 e leggenda del Manchester United. A fine carriera, nel 2002, papà Peter si trasferì al Manchester City, portandosi dietro il figlio che finì a giocare nelle giovanili. Kaspar ha girato mezza Inghilterra, calcando anche i campi pesanti della Championship e addirittura approdando in Scozia. Alla fine si è stabilito al Leicester, dove ha trovato la sua dimensione e sogna di ripetere l’impresa del papà, che quegli Europei del 1992 li vinse con la sua Danimarca, sicuramente tutt’altro che favorita (ripescata per la partecipazione al posto della Jugoslavia, allora in guerra). Tra tutte le altre storie quella più simbolica è sicuramente quella di Jamie Vardy. Quando nasci a Sheffield e ti piace il calcio è probabile che la tua vita vada così: sogni di giocare in una delle due principali squadre della città, club storici d’Inghilterra (qui si tenne il primo derby calcistico al mondo), poi finisci per lavorare nelle industrie metalmeccaniche della zona. Vardy, scartato dalle giovanili dello Sheffield United, finisce per impiegarsi come operaio e per giocare a calcio soltanto nel tempo libero nei campionati locali, quelli che gli inglesi chiamano non-league. Accade poi che viene scoperto e portato al Leicester. Se già sembra di trovarsi davanti ad una favola, il destino si fa ancora più generoso. Vardy a 28 anni è capocannoniere attuale della Premier League con 18 gol, ma soprattutto, comunque andrà a finire, è entrato nella storia con un record straordinario: ha segnato almeno un gol in 11 partite consecuitive, superando un calciatore fenomenale che ha giocato nel Manchester United, nel Real Madrid e nella nazionale olandese, Ruud Van Nistelroy, che si era fermato a 10. Per Vardy è arrivata anche la convocazione nella Nazionale inglese e nonostante la corte delle principali concorrenti, ha deciso di restare a Leicester per provare a giocarsi il titolo. Gli allenatori avversari, anch’essi sbalorditi dalla sorpresa in maglietta blu, vengono attaccati dai giornalisti che sottolineano come il valore della rosa e i fatturati siano completamente diversi tra il Leicester e i grandi club della Premier. Se si guardassero soltanto questi parametri i Foxes sarebbero dovuti arrivare quart’ultimi. Invece, nel calcio, il denaro aiuta ad acquistare campioni, ma non a valorizzarli e a costruire una squadra organizzata e coesa.
Il successo del Licester sta tutto qui. Gli addetti ai lavori dicono anche che il Leicester al contrario dei principali concorrenti al titolo non gioca le coppe europee, quindi disputa meno partite e può gestire al meglio le forze. Inoltre ha subito un terzo degli infortuni rispetto alle altre squadre, per cui l’allenatore ha quasi sempre potuto mettere in campo la formazione che riteneva migliore. Queste sottolineature assomigliano molto alla ricerca di alibi per quei grandi team che nonostante la loro forza economica non riescono a competere con i ragazzi di Ranieri. Non sappiamo come andrà a finire, il Leicester sa che questa è un’occasione più unica che rara, ma sa anche che ha i mezzi per portare a termine un’impresa straordinaria. Il calcio fa gravitare denaro e interessi, spesso illeciti, ma è grazie a storie come questa che non si snatura. Perché al di là di tutto rimane una questione semplice: basta far entrare un pallone in più nella porta avversaria. Poi se questo avviene di fronte a un pubblico in delirio, caldo e numeroso, nella città di Leicester, poco abituata a vivere occasioni di questo tipo è tutto infinitamente più bello. Anche perché sappiamo che quello stesso pubblico, in qualunque caso, si alzerà in piedi ad applaudire, perché il calcio non è altro che uno spettacolo appassionante in cui, spesso fino all’ultimo, non si sa come va a finire.
Marco Brero