Quei due fiorellini banchi intrecciati ai capelli le davano un’aria da bambina, ma quello era il giorno in cui sarebbe diventata grande.

Quello era il giorno in cui tutti crescevano fino al cielo e tornavano a casa a tarda notte con il cuore colmo di orgoglio. Era il giorno della Fiera d’Autunno.

Finita la festa, ognuno avrebbe saputo indicare l’istante esatto in cui si era accorto di essere diventato adulto, riconosciuto da qualcuno in una partita a carte con gli amici o in ballo, da altri in uno sguardo al cielo pericolante di stelle. E allora a tutti sembrava che il letto fosse diventato troppo piccolo, la camera troppo puerile e ci si riprometteva che mai più si sarebbe accettato il rimbocco delle coperte. C’era però, nel corso della notte di questi nuovi adulti, un momento in cui la Fiera lasciava il paese, e il risveglio costituiva per tutti una brutta delusione; Il lavoro riprendeva, i vecchi adulti continuavano a sembrare i veri grandi, ricominciavano le occupazioni e i giochi, le messe domenicali e il mercato il martedì mattina. E tutti si accorgevano che in quel mondo essere grandi o piccoli non faceva poi tanta differenza.

La verità è che della Fiera d’Autunno, come di tutte le cose troppo belle per sembrare di questo mondo, ci si dimenticava in fretta. Col passare dei giorni non solo il suo ricordo, ma la stessa coscienza della sua esistenza si copriva di polvere e a poco a poco gli unici abitanti a non considerarla una leggenda erano i matti. Rimanevano però, per mesi e mesi, le bucce delle castagne della fiera per le strade.

Quell’anno l’autunno invadeva i frutteti ad un ritmo incalzante, il mondo seccava prima che ci fosse il tempo di accorgersene. Quella mattina al risveglio, Angelina aveva avuto la sensazione che anche la sua camera, così avvizzita, piena di rughe che spaccavano il legno delle pareti, fosse stata invasa dalla stagione; e aveva sentito, pur non capendo cosa significasse, che la Fiera d’Autunno era arrivata. Le campane suonarono a festa, profumi nuovi e febbricitanti scoppiarono nella piazza. Tutti si accorsero di essere preparati, e nessuno si domandava perchè ognuno sapesse esattamente cosa fare, come in un copione rispolverato da un ripostiglio serrato da secoli.

E così anche quell’anno il giorno della Fiera fu vissuto come se mai ne fosse esistito uno simile nella storia.

Le giovani non si sottrassero al lavoro di cucito cui erano abituate, ma l’immaginazione ricamava altrove disegni più belli; poi ogni tanto fuggivano in camera con una scusa per sbirciare ancora una volta il vestito col pizzo, che le attendeva per la sera, sdraiato sul letto.

Già vestite, le immaginavano i ragazzi. A passeggio per la piazza, cercavano di celare la fantasia che volava a tante finestre dietro le quali altrettante ragazze si sarebbero di lì a poco pettinate, e avrebbero voluto intrecciare loro i fiori bianchi nei capelli delle amate; e subito avevano vergogna di quel desiderio, ma un istante dopo già lo riscoprivano perchè, per quanto ridicolo, aveva tutte le carte in regola per essere considerato un pensiero da grandi. E così indecisi, chiedendosi se da adulti si potesse ancora giocare a mosca cieca o nascondino, camminavano, e urlavano e facevano i matti.

Gli anziani, tra una mano e l’altra del gioco a carte, si abbandonavano a premonizioni sulla festa che di lì a poco sarebbe cominciata, i contadini nei campi si scoprivano a guardare in lontananza il campanile e perfino il parroco veniva distratto dalle sue carte. In strada danzavano le bancarelle, che s’imbellettavano per la sera. Tutti erano invasi dal profumo di lavanda, accarezzati dal rumore delle prime castagne scoppiettanti in lontananza.

Fu un giorno di attesa concitante e il primo buio trovo il cielo già costellato di sogni e fantasie.

Angelina, sistemati i capelli, vide uscire da una delle crepe più profonde delle pareti un piccolo ragno grigio e rimase qualche istante a seguirlo con gli occhi. Poi sentì che quello era il momento di uscire, andare alla Fiera, ed entrare nel mondo degli adulti.

Di lì a poco tutto il paese era alla festa in piazza a vedere com’era bella Angelina, la donna con i fiori bianchi tra i bei capelli. Si sarebbe detto che quello spazio danzante e profumato fosse il mondo intero, e quelle persone allegre, tutti gli uomini sulla faccia della Terra.

Ma nel vuoto che era attorno alla piazza, c’era un uomo, un uomo soltanto. Era un contadino solo, in piedi nel campo in cui aveva lavorato durante il giorno. Guardava fisso, dando le spalle alla casa, verso la Fiera d’Autunno che da laggiù non era che una luce lontana e un rumore attutito. E non sapeva da quanto stesse lì così, a non riuscire a ricordare. Qualcosa in un punto della memoria di cui non aveva coscienza gli suggeriva che quei profumi avevano già abitato quei posti, e quelle emozioni il suo cuore.

E poco lontano c’era una contadina sola, che posato l’uncinetto sul davanzale, si affacciò alla finestra e vedendo l’uomo incurvato nel buio, si sentì persa come lui nel gorgo dei ricordi.

In quella disperata ricerca comune, quasi si arresero assieme. Ma poi, improvviso e nitido, balenò negli sguardi di entrambi un giorno identico a quello che stava avendo fine. Un giorno speciale. Ricordarono un ballo, una camminata maldestra a causa di un vestito troppo grande e le castagne condivise passeggiando. Era la fiera in cui loro erano diventati grandi, ma quella volta non era stato solo l’inganno di una sera. Loro la fiera l’avevano incatenata al tempo degli uomini, schiacciando tra i loro corpi in danza l’istante destinato all’oblio.

Perché loro si erano innamorati .

Finalmente memori, conobbero già ciò che avrebbero fatto. Lui si voltò e percorrendo il vialetto raccolse due piccole margherite, le stesse che erano cascate dai capelli di lei mezzo secolo prima, e adesso apparivano solo un po’ più secche; lei gli aprì la porta quando ancora era lontano, poi rimise i fiori nei capelli bianchi raccolti.

Così, ogni autunno, un uomo e una donna ballavano abbracciati dietro una porta aperta su una lontana piazza tremolante, ed erano l’unico uomo e l’unica donna al mondo cui fosse concesso conoscere, per un solo frammento di notte ogni anno, il mistero della Fiera d’Autunno.

Quello fu un ballo speciale, il più bello di sempre, ne erano certi. Si dissero che in quel mondo essere grandi o piccoli non faceva poi tanta differenza.

Ma ad ogni ballo autunnale si scoprivano un po’ più vecchi, un po’ più deboli, un po’ più leggeri.

Perché la storia va avanti, e fa i suoi ghirigori, anche nel paese in cui la Fiera d’Autunno non ha mai fine.

Simona Bianco