riflessioni sulla carne coltivata, sul progresso e sulla disinformazione
“La democrazia è il potere di un popolo informato.“
(Alexis de Tocqueville)
Il cambiamento verso cui il mondo si sta lanciando è qualcosa di abominevole. Intelligenza artificiale, macchine elettriche, nanotecnologie di ogni tipo. Il mondo sta mutando volto. Ed è comprensibile che ciò possa provocare confusione, scetticismo e paura, soprattutto nei più anziani, che spesso si sentono comprensibilmente esclusi dal mondo (e questo è un altro enorme problema: basta pensare alla nuova moda dei ristoranti di usare solo e soltanto i menù a QR-code, provocando disagio in chiunque abbia difficoltà a usare il telefono, o, peggio, non ne sia affatto provvisto. Ma questo è un discorso a parte). Io, personalmente, vedo sempre più artificialità e meno natura, meno umanità, meno irrazionalità. È chiaro che bisogna ancora trovare un equilibrio: progresso non significa rinunciare alle radici, alle emozioni. Significa imparare ad essere flessibili, ad allungarsi verso nuovi orizzonti, più luminosi. Significa non lasciarsi accecare dal falso progresso, che è mero consumismo mascherato. Nuovi modelli di telefoni profilati ogni settimana, in cui si cambia solo il design del display o la posizione degli obbiettivi fotografici. Un bel modo di sperperare risorse naturali e desertificare il proprio portafoglio.
Secondo me il progresso vero è un altro: un nuovo farmaco, un vaccino, un nuovo tipo di energia rinnovabile. O la carne “sintetica“, di cui tanto si è discusso ultimamente. Carne vera, tra l’altro più sana, in quanto contenente più proteine e meno grassi rispetto alla carne allevata. Carne fatta in laboratorio, a partire da cellule animali, e che quindi non solo risparmierebbe le inutili e terribili sofferenze a cui è giornalmente sottoposto il bestiame, ma migliorerebbe problemi di portata mondiale, come quello ambientale, estremamente peggiorato dagli allevamenti, o della fame.
E dunque, se sono questi i presupposti di questa nuova invenzione, quali sarebbero gli ostacoli che bloccano i governi dal metterle in commercio, o le tesi supportate da chi ha portato avanti le critiche?
A parer mio, è tutta una questione di disinformazione. Quando si dice: “Non giudicare un libro dalla copertina”. Si legge “sintetico” e magari si pensa alla plastica, al poliestere. A qualcosa di fabbricato, di non naturale, di non sano. Ma la realtà dietro è ben diversa: non si aggiunge alla carne sintetica alcun tipo di sostanza, né la si sottopone a processi astrusi o dannosi: invito chiunque a cercare articoli di scienziati e professionisti del settore.
Il concetto è sempre il solito: non bisogna fermarsi alle apparenze. Bisogna informarsi, cercare su tante fonti e che siano affidabili, prima di mettere i paletti attorno ai propri pensieri. Le opinioni non sono univoche per definizione, ma devono essere basate sulla conoscenza, non sull’ignoranza o sul “sentito dire”.