“Impegnarsi in prima persona è un bisogno”

Febbraio 2018

Chiara Gribaudo è una donna socievole, determinata e affabile prima di essere una politica e parlamentare italiana. Prima assessore a Borgo San Dalmazzo, poi eletta alla Camera dei Deputati ed infine responsabile del Dipartimento del lavoro, Chiara non ha mai dimenticato la sua Provincia ed è fiera delle sue origini. La sua personalità spicca già da un primo sguardo: non c’è malizia in quei bellissimi occhi azzurri, ma solo tanta buona volontà e tantissima grinta. La stessa grinta che l’ha accompagnata in questi anni di successi politici e personali, tra studio, impegni, interviste e molta soddisfazione.

Chiara ama relazionarsi con le persone: ha scelto di diventare educatrice per stare a stretto contatto con loro, e perciò la politica sembra proprio la sua strada. Perché la vera politica non è fatta di urla e violenza, al contrario, non è altro che l’arte del dare la parola ai cittadini, coinvolgendo ogni singolo individuo per trovare un dialogo comune; in poche parole essere capaci di relazionarsi. Chiara Gribaudo ha dimostrato di esserne capace e la ringraziamo ancora per questa intervista.

 

  • Cosa l’ha spinta ad entrare in politica?

Direi la voglia di dare una mano per contribuire a migliorare la nostra società a partire dalle nostre piccole comunità. E’ stata la necessità di rispondere ai miei principi e mettersi a disposizione degli altri non solo con il volontariato (che reputo molto importante).

  • Se dovesse spiegare il suo lavoro da parlamentare…

E’ un lavoro complicato perché è su più livelli. Anzitutto all’interno delle commissioni, nel mio caso la commissione del Lavoro, dove si decidono gli emendamenti, gli atti, si correggono gli scritti…Ma il lavoro più faticoso è quello rispetto alla mediazione politica, alla ricerca delle alleanze al fine di ottenere risultati concreti. Inoltre c’è il lavoro d’aula. Infine il lavoro “non misurabile”, cioè quello svolto da ciascuno di noi sul territorio: essere presente sul posto, tenere relazioni con i concittadini e impegnarsi prima nel piccolo con senso di appartenenza e senso di comunità, anche se spesso non succede.

 

  • Crede che fare politica sia una passione o un dovere?

Per farla bene deve necessariamente nascere da una passione. Io ho avuto la fortuna di incontrare persone che mi hanno ispirato e permesso di crescere con valori forti e radicati, quei valori ispirati soprattutto da chi tornava dalle guerre, chi dalla Russia, chi dai venti mesi della Resistenza, da chi era sfuggito dalle guerre, chi aveva salvato la vita a chi fuggiva dalla persecuzione nazista e razzista…Insomma, coloro che mi hanno fatto capire che impegnarsi in prima persona è un bisogno. Dunque fare politica è una passione che mi ha portata a diventare rappresentante di istituto, entrare in Consulta, essere volontaria, far parte dell’ANPI, per poi candidarmi… Ma anche un dovere civico, soprattutto nei confronti dei cittadini nel momento in cui si viene eletti: bisogna avere rispetto delle istituzioni senza urlare, sbraitare o insultare; mai come oggi in politica abbiamo bisogno di avere persone che diano il buon esempio fino in fondo. Poi ricordiamoci che in realtà non esiste l’università per diventare buoni politici!

 

  • Secondo lei perché la gente pare aver perso fiducia nella politica? C’è rimedio?

Credo che la gente abbia perso fiducia quando si sono evidenziati soprattutto fenomeni di corruzione nelle istituzioni: da Tangentopoli in avanti c’è stata una profonda disillusione, altrettanto dopo il superamento delle ideologie che davano sicurezza…Ovviamente oggi viviamo in una situazione in cui i corpi intermedi sono più deboli e c’è una spinta all’individualismo molto forte (uno vale uno vuol dire che non valiamo niente!). All’interno di questo meccanismo sembra vincere chi urla più forte ed è per questo che ho deciso di stare dalla parte di chi ha meno voce, di chi soffre di più e di chi è in difficoltà (che è il compito della sinistra). Sì, penso ci sia rimedio: c’è bisogno di politica vera ed è necessario non farsi spaventare da questa disaffezione, altrimenti la politica diventa lo strumento per avanzare di carriera, che è inaccettabile, poiché non è un lavoro ma un impegno pro-tempore. Infine bisogna smetterla con la demonizzazione interna tra partiti e presentare ai cittadini progetti di qualità che permettano la creazione di rapporti di fiducia. Non è facile fare questo “salto”, immediatamente sei etichettata come di destra o di sinistra senza cercare un minimo dialogo: parliamoci! Proviamo a cercare un accordo tra idee diverse per costruire un clima sereno e dare soluzioni ai problemi della gente! Ciascuno deve fare la sua parte, altrimenti si rischia di dare il potere decisionale a chi è contrario alle nostre idee e usa la politica come fonte di guadagno.

 

  • In politica è necessario essere opportunisti o si diventa opportunisti per necessità?

Si può anche non diventare opportunisti! Certo, c’è chi lo è, però credo che l’opportunismo non sia la chiave, bensì l’ambizione che permette di ottenere i risultati a cui si ambisce. Non bisogna però esagerare con il cinismo, serve che quest’ambizione cresca dal basso, dai valori e da esperienze. E mi dispiace quando vedo intendere la politica come un casting di un talk-show: la politica è molto più seria.

 

  • Come ha scelto il partito da rappresentare (il PD)?

E’ stata una scelta che veniva da lontano: il PD incarna le tradizioni e i valori che più mi rappresentano, quelli di una sinistra attenta al sociale, cattolico-sociale e progressista, derivata anche da quello che fu il partito comunista Italiano, il cattolicesimo di sinistra da Aldo Moro a Berlinguer. Ecco questo è il mio “pantheon” di riferimento che sicuramente deve essere adattato ai tempi. Mi riconosco nelle forze progressiste e socialiste di sinistra, attente ai bisogni delle persone e non a interessi personali.

 

  • Spostiamo l’attenzione sul personale:

– Si definisce “battagliera”, per quale ragione?

Come noto, sono una testona “montagnina” che non ha mai smesso di combattere, anche in un’esperienza complicata come la XVII Legislatura (dove nessuno aveva vinto le elezioni). Devo dire con onore di aver raggiunto obiettivi davvero importanti grazie al mio essere battagliera, testona che non si fa mettere i piedi in testa da nessuno.

 

– Che scuola ha frequentato?

Ho frequentato l’Istituto Bonelli di Cuneo su volere di mio padre, poi ho lavorato per un breve periodo in uno studio di commercialisti, per capire che non era la mia strada e allora ho studiato per diventare educatrice.

– Dove vive attualmente?

Domanda difficile, ah ah ah! Vivo tra Borgo san Dalmazzo e Roma, facendo avanti e indietro.

– Parla il dialetto?

Sì, parlo un mix: mia madre è della Valle Stura, mio padre è originario di Busca ma trapiantato a Borgo, sono cresciuta a Valdieri, per cui so un misto di occitano e piemontese. Infatti il dialetto varia da frazione a frazione, ad esempio, mi ricordo che a Valdieri il latte si diceva “lait” e ad Andonno “let”, e al contrario, il letto a Valdieri si chiamava “let” e ad Andonno “lait”.

-E’ sposata?

No, sono fidanzata ma sorvoliamo sulla mia vita privata.

 

-Cosa si aspetta dal futuro? Sogni, mete, ambizioni…

Intanto credo di essere già stata molto fortunata perché ho un lavoro che mi piace. Sto aspettando il prossimo concorso per insegnare: vorrei lavorare sulla disabilità come insegnante di sostegno, oppure continuerò ad occuparmi dell’ambito della cooperazione sociale. Per ora provo a farmi rieleggere in Parlamento per poter mettere a frutto le esperienze di questi anni e cercare di migliorare. Un ultimo sogno è quello di diventare mamma ma per il momento faccio la zia.

 

– Sappiamo che è molto affezionata alle nostre Alpi e alle Valli, in particolare quali zone?

Potrei parlarvi per ore! Sono molto affezionata a tre valli: la Valle Gesso, perché ci sono cresciuta; la Valle Stura perché è casa e storia da cui ho ereditato il mio essere antifascista, e la Valle Maira, dove ho affetti e legami e dove amo camminare. Se dovessi dirvi la mia zona preferita, questa andrebbe dalla Bisalta al Monviso che considero impropriamente le mie montagne. Cosa mi piace? Amo camminare appena posso e godermi la libertà di andare in montagna (infatti in macchina porto sempre con me lo zaino e gli scarponi, non si sa mai!).

 

  • In che modo è possibile avvicinare i giovani all’attività politica?

Con il buon esempio e creando momenti di confronto che sono spesso difficili, poiché si tende a sostituire gli incontri di persona con i social, invece penso invece che sia fondamentale parlarsi faccia a faccia. Poi credo che bisogna avvicinare le tematiche politiche ai giovani per suscitare interesse, magari attraverso l’associazionismo o laddove i giovani possono mettere a frutto i valori e le passioni, ma anche attraverso una visione più ampia, ad esempio impegnandosi in realtà grandi come Libera ecc…

 

  • Viviamo in una società pragmatica dove proteste, scioperi, movimenti razzisti, o peggio, neofascisti stanno prendendo sempre più piede. Perché? Come affrontare tutto questo?

E’ un fenomeno che viene da lontano e che spesso è stato sottovalutato nel corso dell’ultimo decennio. Questo crescere di fenomeni razzisti, neofascisti e talvolta xenofobi credo sia dovuto all’assenza di una corretta comunicazione: spesso vengono usati toni violenti che allontanano le persone dalla politica e fanno emergere il carattere negativo di questa. Per affrontarlo serve il giusto esempio, la capacità di punire le azioni sbagliate e chi le compie; non si deve lasciar passare il concetto per cui tutto è possibile, tutto è lecito perché tanto non c’è una punizione. Anzi, credo che quando si sbaglia si debba pagare e non dobbiamo nasconderci di fronte a coloro che compiono atti violenti e sbagliati: le regole ci sono e devono essere rispettate e applicate. Sicuramente gli strumenti repressivi sono da applicare come soluzione estrema, prima è sempre meglio fare sensibilizzazione preventiva ed educazione usando la ragione.

 

  • La democrazia è in pericolo?

Da noi direi proprio di no. Penso che la democrazia sia in difficoltà nel momento in cui l’astensionismo è alto e continua a crescere. Ricordiamoci, come ci ha insegnato Hannah Arendt, che anche i malvagi non erano stupidi, ma non avevano idee…Da questo punto di vista per una democrazia forte è bene farsi idee su quali siano le proposte politiche ed esercitare  il proprio diritto di voto; se non lo si esercita le democrazie sono a rischio, perché, se non c’è la partecipazione reale dei cittadini alle scelte democratiche, queste saranno sempre meno democratiche! È anche vero che abbiamo un sistema di voto consolidato tale per cui, onestamente, non vedo la democrazia occidentale in pericolo, più che altro è necessario ammodernarla alle esigenze che cambiano (ad esempio democratizzare la rete).

 

  • Parliamo di Cuneo e dei cuneesi:

-Cosa ne pensa della città?

Penso sia una città estremamente vivibile che si è ridata una vocazione più turistica- culturale attraverso le opere pubbliche e gli interventi nel centro storico che hanno trasformato la città in senso molto positivo: più luoghi di aggregazione, ristoranti, locali… Mi piace molto Cuneo, però capisco anche che per i più giovani non offra molte possibilità ed è un problema da anni. È più una città a misura di famiglia e di anziani (come confermano i dati Istat siamo un Paese di anziani)… Mancano gli spazi per potersi esprimere e serve uno scatto e mi auguro che, grazie al nuovo mandato dove sono presenti giovani, si possa lavorare rispetto alla realtà giovanile. Lo si è fatto nelle Langhe, a Torino, a Bra e lo si può fare anche qui!

 

-Cosa cambierebbe e cosa no?

Più che cambiare io migliorerei alcune cose. Darei più opportunità per i giovani lavorando con un’ottica transfrontaliera: abbiamo la fortuna di essere la capitale delle Alpi e il primo riferimento attraversato il confine francese. Perciò credo si debba lavorare affinché le opportunità non manchino e affinché si faccia quel salto di qualità tanto atteso: Scrittorincittà deve cambiare passo, si deve investire nella cultura, imitare le città che l’hanno fatto (Alba per esempio) e soprattutto smuovere la mentalità statica e diffidente tipica delle nostre zone che è il punto debole.

Dunque incentiverei: politiche a favore dei giovani, della cultura e di valorizzazione del territorio a livello paesaggistico, storico e enogastronomico.

Cosa non cambierei è la qualità della vita che è molto alta.

 

-Come descriverebbe i suoi abitanti?

“Muntagnin” nel bene e nel male. Ah ah ah!

 

-C’è un clima di fiducia o sfiducia rispetto alle istituzioni?

Tutto sommato qui c’è una discreta fiducia proprio perché, da buoni cuneesi, abbiamo un alto senso dello stato, del rispetto e delle istituzioni, oltre ad una buona collaborazione che permette di trovare un punto d’incontro anche laddove ci siano posizioni diverse (con le dovute eccezioni).

-Ha mai pensato di diventare sindaco di Cuneo?

Mmm…No. Forse perché non l’ho mai preso in considerazione anche se negli anni mi è stato proposto. Certo è che la dimensione amministrativa mi manca molto, però non ho mai pensato di diventare sindaco, anche se sarebbe un onore.