Michela Murgia, Il mondo deve sapere, ed. orig. 2006, pp. 161, € 12, Einaudi, Torino 2017.
È il 2006 quando Michela Murgia pubblica il suo libro d’esordio, Il mondo deve sapere. Ora, a distanza di dieci anni, il volume viene riedito, accompagnato da una nuova, concisa prefazione dell’autrice. La Murgia riprende in mano il libro e constata che nulla è cambiato: la sua è una fotografia senza tempo del lavoro precario, la testimonianza attualissima di una generazione senza futuro né diritti. Tutto comincia quando l’autrice – che qui si fa chiamare Camilla – viene assunta come telefonista dalla perfida Kirby, il colosso americano degli aspirapolveri. Scopo del lavoro: circuire una casalinga per farle comprare il prodotto. Il compito è aberrante e nullificante, perché prevede l’uso di tutto un coté di domande stringenti, tagliole lessicali, salamelecchi e trucchetti psicologici studiati ad hoc per ingabbiare il cliente, e il senso provato dalla telefonista è quello di una profonda vergogna. Impossibile mettere in discussione la politica aggressiva e anti-etica che la Kirby adotta e che sfibra non solo le povere casalinghe, ma anche i dipendenti. Le telefoniste, infatti, sono messe a dura prova: il licenziamento è sempre in agguato e la pressione è alta, perché chi non raggiunge gli obiettivi prefissati viene, più o meno direttamente, mortificato. Una volta entrati nel sistema diventa difficile sottrarsi alla sua logica perversa. L’unica arma che ha a disposizione Camilla-Michela è la scrittura. Dunque, l’autrice prende coraggio e apre un blog per riferire ciò che di abietto l’azienda escogita per guadagnare. Il blog ha un’eco così vasta da diventare in poco tempo un libro. Un libro di successo, che ha fatto molto parlare di sé e che ha acceso un dibattito sul precariato. Il mondo deve sapere è organizzato in brevi, brevissimi capitoli, simili a sketch, in cui sfila una galleria di personaggi, tutti presentati con un nome fittizio e ironico. C’è Shark, il venditore vero e proprio, che sfida a singolar tenzone la casalinga per chiudere un contratto di vendita. E c’è Hermann, la terribile capotelefonista incaricata di motivare le dipendenti (tutte donne) per incrementare la loro produttività. Ma ci sono anche le vittime, le casalinghe. E, ovviamente, le loro reazioni alla fatidica telefonata. Il merito di Michela Murgia è stato quello di aver saputo raccontare una storia amara, in cui l’uomo è reificato e ridotto a macchina sforna-clienti, con una lingua senza fronzoli, diretta e priva dei colori della tragedia, riuscendo a “ridere davanti al baratro”.