Per leggere “Sabato” di Ian McEwan bisogna tornare indietro di diciassette anni, in quel lontano 2003 in cui a Londra il governo Blair stava per appoggiare l’invasione americana dell’Iraq, a seguito dell’attentato dell’11 settembre 2001. Bisogna entrare in quello spirito, in quella dimensione di attesa e di angoscia. Quando si è sull’orlo del precipizio, e si sta a vedere se questa volta il mondo cadrà per mano dell’uomo o meno. E chi forse meglio di noi come siamo adesso, in una situazione così incerta e oscillante, in attesa di un possibile ritorno di un virus letale che devasterebbe di nuovo la vita di chiunque, potrebbe comprendere meglio questo romanzo, che diventa dunque così terribilmente moderno?
“Sabato” si snoda lungo un’unica lunga giornata. Henry Perowne, neurochirurgo londinese di una certa fama, si aspetta di passare un normale sabato di riposo dal lavoro, ma tutto prende una piega diversa quando si sveglia in piena notte in preda ad una strana euforia e vede per puro caso un aereo in fiamme nel cielo di Londra. Questa immagine funesta lo accompagnerà per il resto della giornata. Da quel momento, la sensazione di un’imminente catastrofe che possa devastare non solo la città, ma anche la sua famiglia, pervade Henry fino alla fine. Tuttavia, il protagonista non ha nulla da temere: ha un bel lavoro, una casa lussuosa, una moglie in carriera e dei figli fantastici che lo rendono un padre orgoglioso. Si prospetta per di più una serata festosa, in quanto dopo sei mesi di assenza torna a casa la figlia Daisy, che sta per pubblicare il suo primo libro di poesie. Tutto sembra prevedere una giornata tranquilla: Henry giocherà a squash con il suo collega, come ogni sabato mattina; nel pomeriggio passerà a trovare la madre malata in casa di riposo, poi farà un salto ad ascoltare il figlio, chitarrista di un gruppo blues, ed infine cucinerà la cena, aspettando tutti i parenti, compreso il suocero, per trascorrere la serata assieme. Eppure, la notizia dell’incidente aereo che rimbomba nei telegiornali, oltre a quella del corteo di protesta contro l’appoggio inglese all’invasione americana dell’Iraq che si svolge proprio quella mattina in città, invadono con forza la vita privata del protagonista. Tra l’altro, Henry si comporta in modo ambivalente con le notizie dal mondo esterno: da una parte è avido di sapere assolutamente quale fine abbia fatto l’aereo in fiamme che ha visto durante la notte, e si scalda in una discussione con la figlia Daisy prima di cena riguardo all’imminente guerra; dall’altra, non vuole rimanere schiavo dell’informazione e delle news, e quindi tenta comunque di trascorrere una giornata tranquilla. Ogni sua singola azione, però, viene intervallata da continue e profonde riflessioni che spaziano dai ricordi della sua vita e dei suoi affetti, alle considerazioni sull’attualità e alla presa di coscienza dei suoi stati d’animo.
Non è un caso che il primo grosso intoppo della giornata capiti proprio a causa del corteo cittadino: è il segnale di come gli eventi pubblici entrino prepotentemente nella sfera privata del protagonista, per rivoluzionarla del tutto. Henry infatti ha un incidente con l’auto mentre si sta recando alla solita partita di squash, e pur avendolo risolto per le sue competenze da medico, non si sente per niente tranquillo, anzi, ha paura di una possibile vendetta del tizio poco raccomandabile con cui ha dovuto avere a che fare (vendetta che infatti verrà attuata nella serata).
Senza dubbio, “Sabato” racconta una storia molto lenta, con poca azione e pochi colpi di scena. Con una precisione assoluta anche per argomenti molto settoriali e con un amore spassionato per il dettaglio, McEwan riesce comunque a tenere viva l’attenzione del lettore fino alla fine, e anzi, gli fa sviluppare anche inconsapevolmente una trepidante attesa per la serata del sabato, che d’altronde rappresenta il climax di tutta la narrazione. Sarà in quel momento che il protagonista saprà rimediare al danno fatto in mattinata e, mosso da pietà e compassione, riuscirà a compiere il suo dovere di medico fino in fondo. Per McEwan, Henry Perowne è un simbolo: il simbolo dell’uomo affermato e in carriera del nuovo millennio, che possiede tutto ciò che un essere umano potrebbe desiderare. Nello stesso tempo però ha il terrore, recondito ma non troppo, che tutto gli possa venire improvvisamente tolto per questioni che esulano dal suo diretto controllo, poiché davanti a queste è assolutamente inerme, un semplice spettatore. Eppure, anche se in una sola giornata si sono susseguite diverse peripezie capaci di modificare un’intera esistenza, alla fine ciò che conta è che anche questo sabato si sia concluso: “e alla fine, in caduta lieve: questo giorno è passato”. E il domani può cominciare.