“ …e in quel suo tragico sguardo vi era qualche cosa che arieggiava dell’impossibile e il riverbero d’un paradiso chiuso “
Dalla parte V, libro VI, capitolo IV, L’attrazione e l’estinzione
Sicuramente un libro molto denso, sia per lunghezza (che personalmente non mi ha pesato, anzi!), sia per temi. Diverse parti sono estremamente descrittive e possono risultare pesanti, ma senza esse, Hugo non sarebbe stato in grado non solo di creare suspense, ma soprattutto di fornire il quadro a 360° di tutte le vicende raccontate: chi legge “I miserabili”, penetra i margini delle pagine e vive a pieno ogni singolo evento, entra nei panni di ogni personaggio, che, nella maggior parte dei casi, non è distinguibile come “buono” o “cattivo”, piuttosto come “vittima” del mondo in cui è immerso e giudicato in base a come reagisce ad esso. Jean Valjean, Cosetta, Fantine, Javert, Mario, Eponine. Addirittura i Thernardiers. Ci si riesce ad affezionare ad essi, come fossero davvero nostri conoscenti: uno dopo l’altro si esplorano i loro meandri più profondi e tragici, impeccabilmente descritti dall’autore. Si percorrono piano piano, al passo dei protagonisti, luoghi, paesaggi e scene: dall’abitazione del Vescovo di Vigne, al convento, al parco dove un certo fazzoletto ha provocato tanto turbamento nei ciechi occhi di un cuore innamorato, fino alle più putride aree della Parigi ottocentesca.
L’unico libro che è stato in grado di far sgorgare lacrime dai miei occhi. L’unico libro che è stato in grado di farmi provare una sincerissima, purissima ed estrema commozione per l’uomo che ha tenuto stretta la mano di Cosetta da un lato, dall’altro, dopo tutte quelle pagine, la mia.