La sera del 13 gennaio 2012 la nave da crociera Costa Concordia naufragò nei pressi dell’isola del Giglio a seguito di una serie di errori di varia natura mentre eseguiva “l’inchino”, manovra compiuta nelle vicinanze di insediamenti costieri per salutare la terra ferma. Sulla nave c’erano 3.208 passeggeri e 1.023 membri dell’equipaggio, 32 persone morirono e molte altre furono ferite. Negli scorsi giorni l’Italia intera ha celebrato il decimo anniversario dalla tragedia e per l’occasione in questo articolo riproporremo due interessanti progetti fotografici che hanno restituito nuove immagini sulla vicenda.
Il fotografo italiano Alessandro Gandolfi ha raccontato attraverso una serie di scatti in still-life la storia di alcuni oggetti, da lui trovati nel corso degli anni, collegati all’incidente. Si tratta di una ricerca che ha prodotto il lavoro fotografico “The Concordia Project” ad oggi visibile sul sito della sua agenzia Parallelozero. Il claim dell’iniziativa è “A dieci anni dal naufragio la Costa Concordia non esiste più. Ma di quella tragedia rimangono oggetti sparsi per l’Italia: reliquie che raccontano una storia”. Si parla quindi di reliquie conservate dagli abitanti del Giglio, dai soccorritori e da alcuni passeggeri della nave in ricordo di quella terribile notte. Ogni oggetto fotografato è accompagnato da una breve storia. Uno dei più interessanti è sicuramente l’orologio indossato quella notte dal capitano Francesco Schettino con il quale si apre l’intera narrazione. Quest’ultimo ancora ad oggi segna la mezzanotte e 14 minuti del 13 gennaio, pochi istanti prima che la Costa si inabissasse sull’intero lato di dritta. A fermare il contatore dell’orologio sarebbe stato, secondo il racconto di alcuni testimoni, la caduta di Schettino che tentando di raggiungere il ponte oramai divenuto come una parete verticale urtò violentemente con il polso un corrimano. Tra gli altri oggetti che costituiscono il reportage troviamo programmi della crociera, scialuppe di salvataggio, oggetti personali dei passeggeri come scarpe, vestiti, telefoni e molto altro.
Un secondo lavoro è quello del fotografo Jonathan Danko Kielkowski, il quale decise di voler vedere con i propri occhi ciò che restava della nave salendo clandestinamente a bordo mentre quest’ultima si trovava nel porto di Genova, dove centinaia di operai lavorarono per smantellarla e alleggerirne lo scheletro. Una domenica mattina all’alba ha quindi raggiunto la nave a nuoto e salendo a bordo ha realizzato nel corso di mezza giornata una serie di interessanti scatti degli ambienti della nave confluiti poi nel lavoro “CONCORDIA” pubblicato da White Press. In un’intervista a Vice Italia Kielkowski ha rivelato il motivo di questa sua operazione clandestina, poiché non gli fu mai concessa l’autorizzazione di scattare queste fotografie, ovvero l’estrema importanza di documentare le tracce del disastro mentre esse erano ancora visibili. Una delle immagini più inquietanti di questo progetto è sicuramente quella che ritrae i corridoi della nave occupati da molti oggetti personali dei passeggeri abbandonati durante la fuga e il grande teatro e ristorante in cui tutto il mobilio giace riversato sul pavimento e incrostato dal residuo dell’acqua marina.
Quelli di Kielkowski e Gandolfi sono quindi due lavori molto significativi che hanno portato alla luce in modo diverso la storia di questa terribile tragedia affinché ne esistano ancora tracce visibili.