La figura della donna proposta dai media è spesso oggetto di polemiche e contestazioni: si delinea astutamente il profilo di una donna che è serva della famiglia, ma anche maga che seduce con il potere ipnotizzante del suo sguardo.
Se di questo si vuole incolpare qualcuno, però, chi bisogna attaccare? In un certo senso, i media sono invisibili, e allora è essenziale porre l’attenzione sul fatto che quelle donne, senza costrizioni, accettano di rendersi paradigmi di quel modus vivendi. L’attrice della pubblicità è infatti responsabile dell’immagine che dà di sé, perché è lei che decide liberamente di prostituirsi (dato che di questo si tratta, di vendere se stessa e di calpestare la sua dignità). Dal momento che ognuno è responsabile in una certa misura del prossimo e che essere consapevoli delle possibili conseguenze delle proprie azioni è un dovere morale verso gli altri, in quanto donna, quell’attrice dovrebbe rinunciare ai suoi quindici minuti di celebrità per salvaguardare la propria immagine e quella di tutte le altre donne come lei. Se, da un lato, è necessario educare l’universo maschile al rispetto della donna, dall’altro è fondamentale raddrizzare la concezione distorta che, in molti casi, la parte femminile ha e dà di sé.