Paolo Giordano, vincitore del Premio Strega con “La solitudine dei numeri primi”, ha pubblicato l’anno scorso il suo ultimo romanzo, “Divorare il cielo”. Forse meno conosciuto di altre sue opere, come quella appena citata o come “Il nero e l’argento”, tuttavia anch’esso risulta altrettanto intenso e appassionante, acquistando forza e potenza lentamente, nello scorrere delle pagine.
La storia, abbastanza complessa, si sviluppa sotto il punto di vista di Teresa Gasparro, una giovane ragazza torinese di nascita ma originaria, da parte della famiglia paterna, di Speziale, un paesino isolato nelle campagne in provincia di Brindisi. Lì Teresa ritorna ogni estate per le vacanze, e Speziale viene così caricato di tutte quelle emozioni e sensazioni che solo i posti di vacanza possono assumere nella coscienza dei bambini: la casa della nonna paterna sembra trovarsi in un’altra dimensione rispetto alla lontana Torino. Un luogo inesplorato, in cui dominano felicità e libertà pura, e dove tutto sembra possibile. Compaiono fin da subito sulla scena i vicini di casa di Teresa: Bern, Tommaso e Nicola, tre ragazzi “fratelli” (ma non di sangue, in quanto Bern è solo cugino di Nicola, e Tommaso, ragazzo albino, è stato adottato) che vivono nella masseria accanto. I genitori, Cesare e Floriana, sono due personaggi molto particolari, una sorta di hippie moderni estremamente credenti nella religione cattolica, i quali non fanno frequentare la scuola ai figli, ma li educano loro stessi. Teresa resta immediatamente colpita da Bern, e tra i due sboccia un grande amore adolescenziale. L’idillio tuttavia si rompe ben presto, a causa di un grave incidente, e Teresa decide di non recarsi per alcuni anni a Speziale.
Quando vi ritorna, a ventitré anni, per il funerale della nonna, tutto è cambiato: Cesare e Floriana hanno abbandonato la masseria, che ora è in mano a cinque giovani ragazzi, ossia Bern, Tommaso, la sua fidanzata Corinne, Danco e Giuliana. Nel momento in cui rivede Bern al funerale, Teresa è pervasa da una forza interiore inarrestabile che la fa rinunciare alla vita universitaria di Torino e la fa fermare a Speziale, alla masseria, per diversi anni. E lì i sei ragazzi, che diventano presto intimi come fratelli, fondano una specie di comunità ambientalista: vivono con la corrente elettrica razionata e con l’acqua non filtrata, ma soprattutto sopravvivono grazie ai prodotti della terra, nella logica dell’agricoltura del “non-fare”. Infatti, fondano la food forest, una zona accanto alla cascina in cui la natura regna incontrastata, senza alcun tipo di intervento da parte dell’uomo.
Proprio per quanto riguarda la natura, in “Divorare il cielo” è sostanzialmente considerata come un personaggio vero e proprio, ed è sempre descritta dettagliatamente. Nonostante il clima arido della Puglia, nella masseria la natura è rigogliosa, brulicante di vita, ma anche imprevedibile e distruttrice, come ad esempio quando i virus intaccano le piante e compromettono i raccolti. Tutti gli episodi della lunga storia sono, in qualche modo, collegati alla natura. Senza svelare troppo della trama, si può ricordare il momento chiave, decisamente tragico, della battaglia condotta da Danco e il gruppo di ambientalisti per salvare un intero terreno di ulivi, destinato a diventare un campo da golf per un resort di lusso. Il gesto estremo di Bern, che per protesta rimane per giorni su uno degli ulivi da abbattere e si rifiuta di scendere (ed è qui esplicito il rimando a Cosimo Piovasco di Rondò, il “barone rampante” di Italo Calvino) è metafora della resistenza della natura stessa davanti alle atrocità dell’uomo. Tuttavia, alla fine la natura soccombe inevitabilmente, come soccombe Bern, che è costretto a scendere dall’albero.
All’interno del romanzo stesso c’è poi un lungo flash-forward, un salto temporale in avanti. Il lettore viene infatti a conoscenza di gran parte della storia grazie alla narrazione dei fatti svolta da Tommaso, il quale, la sera della vigilia di Natale di molti anni dopo, racconta a Teresa tutto ciò che si è persa in diversi momenti della sua vita.
“Divorare il cielo” è un libro intenso, molto passionale, anche se procede con lentezza. Si potranno riconoscere nei personaggi della vicenda tutti coloro che sentono il loro destino già segnato, e lottano con ostinazione quasi commovente per quello in cui credono, fino alla fine. Si riconosceranno coloro che hanno amato la stessa persona per tutta la vita, a partire dal momento in cui l’hanno guardata per la prima volta negli occhi, come è successo a Teresa con Bern. E infine, “Divorare il cielo” è un vero manuale da leggere per tutti coloro che, soprattutto al giorno d’oggi, vogliono amare, ascoltare, rispettare questo bene inestimabile che è la natura e tutto ciò che la riguarda.