16 Gennaio 2022 | Vorrei, quindi scrivo
Moriremo tutti cinesi? È la domanda che si pone Federico Rampini quando scrive La seconda guerra fredda: lo scontro per il nuovo dominio globale (2019). Il giornalista, corrispondente per lungo tempo nel paese asiatico, avvisa il lettore che è cominciata una seconda guerra fredda, che sarà profondamente diversa dalla prima. Cambieranno molte cose per tutti noi. Nella sfida tra America e Cina nessuno potrà rimanere neutrale. Ogni terreno sarà investito dal nuovo conflitto: dall’economia alla tecnologia, dai valori politici e alla cultura. Il mondo è cambiato molto più di quanto noi occidentali ci rendiamo conto.
Il tramonto del secolo americano è vicino e la possibile transizione al secolo cinese è dietro l’angolo. Negli ultimi anni la Cina ha subito una metamorfosi sconvolgente: ci ha sorpassati nelle tecnologie più avanzate, e ora punta alla supremazia nell’intelligenza artificiale e nelle innovazioni digitali. È ormai protagonista a tutti gli effetti negli scenari dello Spazio. Nelle infrastrutture cinesi sfavilla la modernità: tra i bullet train ad alta velocità e il mega aeroporto di Pechino.
È estremamente all’avanguardia nella modernità ma rimane un regime autoritario, ancora più duro e nazionalista sotto Xi Jinping. Ad esempio, molte videocamere e dispositivi di sorveglianza h24 sono stati piazzati in alcune parti del paese per controllare la popolazione. Tutto questo non sembra poi così lontano dal distopico «Big Brother is watching you» in 1984 di Orwell. Ma la Cina ne va fiera. In Africa è in corso un’invasione cinese di portata storica.
Ma non solo, anche noi italiani siamo coinvolti nel progetto cinese: infatti l’Italia è terreno di conquista per le Nuove Vie della Seta. La Nuova Via della Seta è un ambizioso progetto infrastrutturale, commerciale e strategico che collega la Cina con l’Europa. Quando verrà ultimata sarà la più importante via commerciale e strategica tra l’Oriente e l’Occidente. La destinazione finale della importante tratta marittima è Venezia. È possibile pensare come il più grande progetto infrastrutturale del globo debba passare per la città d’arte più famosa d’Europa?
La Cina sta già finanziando attività in Europa, sotto forma di prestiti, per lo sviluppo sia di porti che di collegamenti ferroviari efficienti e moderni, oppure immettendo soldi per acquistare o per accedere alla compartecipazione nella gestione di aziende statali europee. La Repubblica popolare è il primo partner commerciale per molte nazioni occidentali. In Italia, per il momento la Cina controlla il 49% del porto di Vado Ligure.
Oltre a ciò squadre di calcio italiane sono in mano ai cinesi così come molte università italiane. La Cina sta intensificando gli scambi e le partnership con le università italiane, incrementando i centri di ricerca. La questione sui rischi connessi ad accademie e centri di ricerca finanziati dal governo cinese è centrale in Europa già da tempo. In Italia finora la politica è rimasta piuttosto afona. Ma il problema comunque esiste. I nostri atenei hanno una grande carenza di fondi e il fatto che ne arrivino da aziende cinesi dà la possibilità di proseguire svariati progetti. Bisogna però considerare anche il rovescio della medaglia: non si tratta di beneficienza ma la Cina vuole in cambio tecnologia e know-how senza troppi controlli.
L’America si è convinta che, «ora o mai più», la Cina va fermata. Chi sta in mezzo, come gli Europei, rimarrà stritolato? Nessuno è veramente attrezzato ad affrontare la tempesta in arrivo. Questo progetto egemonico cinese sostiene il grande sviluppo economico ma persegue allo stesso tempo un piano di chiusura verso l’informazione e la libera circolazione delle idee. È il paradosso di questa superpotenza. Se l’Occidente resterà unito forse avrà una speranza di non morire cinese.
11 Dicembre 2021 | Senza categoria, Vorrei, quindi scrivo
L’idea della mia rubrica di cucina nasce dal voler influenzare le persone a mangiare cose sane e buone senza richiedere troppo e di conseguenza sfruttare la terra.
Quali sono gli accorgimenti che utilizzo per avere un occhio di riguardo verso il pianeta? Innanzitutto, cerco di utilizzare meno plastica possibile. Allo stesso tempo per avere meno rifiuti non riciclabili tendo a comprare solo le materie prime e poi cucinarle per creare cibi particolari e saporiti. Elimino quindi merendine, dolci imbustati, cibi già pronti e verdura o frutta già imbustata!
Per evitare di farmi attirare da cibi già pronti cerco di non fare la spesa in grandi supermercati, ma acquistare in piccoli negozi locali. E qui arrivo al punto per cui ho scritto tutta questa introduzione.
La ricetta di oggi è una ricetta semplice per creare delle caramelle al miele, molto benefiche, in quanto, da anni si sa che il miele è un ottimo rimedio naturale per la tosse e il mal di gola. Come molti di voi sapranno le api sono in via di estinzione, tocca a noi quindi avere un occhio di riguardo anche per loro. Personalmente per incentivare il sistema dell’apicoltura e aiutare il mio benessere, mi impegno a comprare il miele da amici apicoltori e piccoli produttori locali, affinché io possa essere sicura della provenienza del miele e della sua qualità. Invito quindi anche voi ad aiutare le piccole aziende locali.
Detto questo partirei con la produzione delle caramelle al miele! Quando ho fatto per la prima volta questa ricetta ho subito pensato che non sarebbe stato facile, invece devo ricredermi, quindi non scoraggiatevi e seguitemi!
Gli ingredienti:
- 75 gr. Zucchero
- 40 gr. Acqua
- 30 gr. Miele
- Zucchero a velo
Occorrente:
- Pentola
- Stampo per cioccolatini
- cucchiaio
Procedimento:
Per prima cosa versiamo lo zucchero all’interno della pentola e subito dopo aggiungiamo all’interno l’acqua. A questo punto accendiamo il fuoco a fiamma media (chi come me ha una piastra ad induzione io utilizzo la potenza media).
Mescoliamo per amalgamare un po’ lo zucchero con l’acqua e portiamo ad ebollizione, a questo punto aggiungiamo il miele e mescoliamo per amalgamare al meglio il miele. Portiamo ad ebollizione alzando del tutto la fiamma o la potenza.
Una volta arrivati ad ebollizione mettiamo la fiamma a potenza media e facciamo cuocere per una decina di minuti mescolando fino ad addensamento.
ATTENZIONE A NON FAR BRUCIARE IL CARAMELLO! Il composto alla fine sarà di colore marrone chiaro, ambrato. A questo punto togliamo dal fuoco e trasferiamo il composto nello stampo in silicone. Una volta creati gli stampi lasciamo raffreddare le caramelle. Quando saranno raffreddate le togliamo dallo stampo. Dopo averle tolte dallo stampo io le trovo troppo appiccicose; quindi, le impano nello zucchero a velo per non farle attaccare tra loro.
Per la conservazione incarto le caramelle nella carta da forno e le ripongo all’interno di un barattolo con coperchio (la classica burnia per i Piemontesi).
Si possono anche fare queste caramelle per regalarle, quindi si può abbellire il contenitore utilizzato della stoffa e dello spago per decorare il tappo e farlo risultare più rustico, “della nonna”. Per personalizzarle si può mettere un’etichetta colorata e scherzosa.
Per arricchire ancora di più il gusto delle caramelle ho provato a farle con diversi tipi di miele. Vanno benissimo tutti i tipi, dall’acacia al millefiori al castagno ecc…
In più sono ottimi anche diversi tipi di miele aromatizzato come ad esempio quello alla fragola, ai frutti di bosco ecc… Questi tipi di miele sono reperibili da pochi apicoltori, ma non è impossibile trovarli!
Ricetta ispirata dal blog il chicco di mais
24 Novembre 2021 | Vorrei, quindi scrivo
«NON È NORMALE che si organizzino dibattiti con soli maschi e il punto di vista delle donne venga escluso.
NON È NORMALE che le atlete, anche quando vanno alle Olimpiadi o ai Mondiali, siano sempre dilettanti.
NON È NORMALE che il governo faccia task force, comitati, nomine e si dimentichi di inserirvi le donne.
NON È NORMALE questo e molto altro».
È così che comincia il libro Questo non è normale. Come porre fine al potere maschile sulle donne scritto da Laura Boldrini, deputata del PD ed ex presidente della Camera.
È un saggio dedicato a una grande battaglia di civiltà, che, mettendo in fila fatti, testimonianze e storie, fotografa un’Italia basata ancora sul modello patriarcale. La scrittrice riflette sulle discriminazioni di tutti i giorni, in ogni ambito della società. Ad ogni capitolo utilizza una parola chiave di presentazione (dominare, svilire, annientare, intimidire) per accompagnare il lettore fino al momento culminante del «mollare gli ormeggi», ovvero rompere il silenzio.
Si parte proprio con un elenco di proverbi ritenuti espressione della saggezza popolare come «Donne e buoi dei paesi tuoi», «Donna al volante pericolo costante», «Donna baciata mezza guadagnata». Tutti frutto di una cultura maschilista dalla quale non abbiamo ancora preso le distanze perché purtroppo vengono pronunciati ancora oggi. Si vuole portare l’attenzione su cos’è il patriarcato: è patriarcato che nei libri sia il papà che lavora mentre la mamma fa le torte e stira, che la madre non possa trasmettere il proprio cognome ai figli, che i bambini abbiano a disposizione giochi che ne stimolano l’ambizione e la creatività mentre alle bambine sono destinate bambole e pentoline.
Inoltre il sessismo non è normale: ovunque campeggiano in maggioranza busti e ritratti di soli uomini, su cento vie non più di cinque sono dedicate alle donne, se sei una «donna con le palle» allora sei in gamba, se sei un uomo che «piange come una femminuccia» sei un debole.
Escludere le donne dal dibattito pubblico non è normale: è un modo per oscurale e controllarle. È fondamentale il punto di vista femminile nei media, ma in Italia i talk show televisivi sono dominati dagli uomini e le donne intervengono al massimo come moderatrici.
Il fenomeno della violenza di genere perpetrata nei confronti delle donne in quanto donne, e per nessun’altra ragione, è allarmante. Il femminicidio da parte di mariti, compagni, figli che dovrebbero soltanto amare non è assolutamente normale. E noi lo raccontiamo in tv dicendo che è la donna che se l’è cercata perché aveva il vestito troppo scollato o la minigonna, che è lei che l’ha provocato.
Oltre a ciò la Boldrini si sofferma su una questione che la riguarda da vicino: l’odio misogino. Le brutali minacce e l’odio incontrollato dilagano non solo online nei confronti di molte donne, soprattutto quelle che hanno il coraggio di alzare la voce e prendere posizioni scomode. Qui la denuncia è importantissima per far sì che non si sminuiscano questi fatti con doppi sensi, risate e luoghi comuni facendo finire tutto nel dimenticatoio.
Le donne devono sormontare i pregiudizi nel lavoro, nello sport, nei contesti processuali. Vi è poi la grande battaglia dell’aborto. In Italia l’obiezione di coscienza fa sì che si possa usufruire dell’interruzione di gravidanza in maniera molto limitata.
L’autrice arriva poi a chiedersi: ma perché nell’agenda della politica italiana si tende a rimuovere il femminismo? Perché si ritiene «roba da donne» la bassa occupazione femminile e la disfunzione del welfare, anziché un’emergenza? Perché il più grande partito progressista italiano, paladino dei diritti e dell’inclusione, è composto principalmente da uomini? La scrittrice suggerisce: «fino ad ora in Italia si sono succeduti sessantasette governi, tutti a guida e impronta maschile: non mi pare che le cose siano andate e vadano benissimo. Per quale motivo, allora, non vogliamo lasciare spazio alle donne, cioè alla maggioranza della popolazione?».
Per concludere viene presentata una figura politica importante ma spesso dimenticata dalla storia: Salvatore Morelli. Un femminista ante litteram che immaginava una società in cui anche le donne avessero diritti e potessero esprimere le loro opinioni. Fu il primo in Europa a presentare un progetto di legge per l’abolizione della schiavitù domestica e fu anche il primo a capire che si trattava di un’emergenza sociale che si sconfigge con le leggi ma anche con un cambiamento di mentalità.
Bisogna dunque essere vigili e fare un pezzo di strada nella società perché solo le leggi non bastano se il paese non segue. Se quotidianamente accettiamo queste storture della società non ci possiamo poi lamentare. Invece se vogliamo veramente cambiare le cose dobbiamo fare democrazia attiva.
Se tutto questo non è normale per noi, dobbiamo alzare la voce e gridare BASTA:
«Se non cambiamo innanzitutto la nostra quotidianità, se non rifiutiamo le tante piccole e grandi ingiustizie avallate come normali da millenni di pregiudizi, non vi sarà mai quel mutamento necessario per vivere bene e non esistere e basta».
16 Novembre 2021 | Vorrei, quindi scrivo
Nell’ultimo mese sono andata più al cinema che a fare la spesa. Il fatto che le sale cinematografiche abbiano riaperto mi ha elettrizzata, è bello passare una serata un po’ diversa dal solito guardando un bel film fuori casa. Oltre ai big movies che hanno avuto grande successo, come “Dune” o “James Bond”, è stato bello vedere film italiani, diretti da registi italiani.
In particolare, ho trovato molto piacevole la visione di “Marilyn ha gli occhi neri” un film di Simone Godano che vede protagonisti il mitico Stefano Accorsi e la favolosa Miriam Leone in una commedia spiritosa e commovente.
Il film si apre con l’immagine di Diego, cuoco e papà, che furioso distrugge la sala da pranzo dell’albergo in cui lavora. Si capisce in fretta che il protagonista ha problemi nel controllare la rabbia e frequenta un centro di recupero per persone con disturbi mentali. Accorsi è riuscito perfettamente a entrare nel personaggio, si è spogliato completamente della sua identità e “scompare” nelle grida, nei tic, nelle paure e nelle balbuzie del suo Diego.
Frequentando il centro l’uomo conosce i suoi compagni di disavventure e stringe amicizia con Clara, una ragazza bellissima ed esuberante che arriva sempre in ritardo e a cui non piace né rispettare le regole, né frequentare gli incontri.
Dopo varie vicende gli psichiatri della clinica decidono di provare a realizzare un progetto per far riavvicinare i pazienti al mondo del lavoro: ogni giorno ospiteranno gli anziani della adiacente casa di riposo e cucineranno loro il pranzo, servendoli e parlando con loro. È così che Clara si fa prendere la mano e apre una pagina online per pubblicizzare il loro “ristorante”. Le recensioni, le immagini dei piatti e le storie del locale sono tutte sue invenzioni, ma in pochissimi giorni il sito riceve migliaia di visualizzazioni e il ristorante diventa famosissimo in tutta Roma. Lo chiama “Monroe” e viene descritto come un posto libero e alternativo, come coloro che ci lavorano.
Visto il successo del sito e il feedback positivo della gente, Clara e Diego iniziano a fomentarsi fino a quando decidono di aprire veramente il locale. Questo serve a far avvicinare il gruppo che unisce le forze e si rimbocca le maniche. Ogni sera c’è una coda lunghissima fuori dal locale e i clienti restano meravigliati e attratti da questo posto con il personale stravagante. È vero però che chi non si distingue per autocontrollo ha il dono di essere autentico, sincero e di sentire le emozioni molto più intensamente di chi è “normale”. Ecco perché il film coinvolge chi lo guarda.
I wanna be loved by you, just you, nobody else but you” – cantava sconsolata Marilyn Monroe in “A qualcuno piace caldo” dopo aver perso per sempre il suo amore. Lo stesso brano, un po’ stonato, lo dedica Clara a Diego.
Dalla prima all’ultima scena Godano è riuscito a creare situazioni buffe e a raccontare il disturbo mentale con la giusta leggerezza. Dietro alle brutte figure, alle parolacce di una donna affetta dalla Sindrome di Tourette e alle crisi di un uomo impaurito che grida sovente al complotto, c’è una riflessione molto seria sull’incomunicabilità, che porta alla solitudine e all’isolamento, allontanando gli altri. “E’ brutto non essere visti” dice Diego, non alludendo solo ai “pazzerelli”, come li chiama affettuosamente il regista, ma anche a chi non ha manie, ossessioni o malattie mentali. Accade a tutti di sentirsi invisibili, abbandonati e di sentirsi costretti a indossare una maschera senza poter mostrarsi per quello che si è.
Il film è anche commovente, i protagonisti combattono ogni giorno una battaglia contro sé stessi e contro le ingiustizie della vita e le difficoltà di chi viene considerato “pazzo” dalla società. Godano invita indubbiamente lo spettatore ad accettarsi, a perdonarsi e a rispettare gli altri. È convinto che un cambiamento e un miglioramento siano possibili, e se non dovessero avvenire, allora non importa, non c’è fretta.
Dopo quasi due anni di pandemia e di reclusione in casa, tutti noi forse ci siamo sentiti proprio come i protagonisti di Marilyn ha gli occhi neri, e magari molti di noi sono implosi. Questa commedia potrebbe allora funzionare come medicina per il buon umore.
Consiglio di andarlo a vedere, perché è un film che vi renderà felici. Qualcuno potrebbe accorgersi di soffrire di disturbo ossessivo compulsivo, ma la buona notizia è che non è affatto solo. Qualcun altro, invece, realizzerà, una volta uscito dal cinema, di aver visto qualcosa di molto diverso dal solito, il che è raro nel nostro panorama cinematografico.
30 Ottobre 2021 | Vorrei, quindi scrivo
In un mondo dominato da social media, serie tv e incessanti notifiche telefoniche, può essere difficile concentrarsi su un compito da svolgere. “Non fare domani quello che puoi fare oggi” diceva Benjamin Franklin. Vero, ma spesso il pensiero ‘me ne posso occupare anche domani‘ aleggia nella nostra mente e la voglia di rimandare prende il sopravvento. Eppure la procrastinazione non rende felici: chi la pratica sa che gli procurerà guai, che lo renderà più triste e spesso oppresso dai sensi di colpa. La cosa divertente è che sappiamo tutti che è dannosa. A chi piace davvero procrastinare? A nessuno piace farlo. Eppure nessuno ne è immune. Quindi, perché procrastiniamo?
Spesso motiviamo la nostra scelta con la frase “lavoro meglio sotto pressione” quando in realtà è solo una scusa inutile. Oppure identifichiamo l’atto del rimandare con la mancanza di tempo. In realtà, anche quando crediamo di essere persone fortemente produttive, ad una più attenta osservazione possiamo rilevare un’elevata quantità di procrastinazione in corso. L’essere indaffarati è una forma di distrazione, sottile ma potente. Destreggiandoci tra un compito e l’altro sfuggiamo a ciò che realmente vogliamo realizzare e ci giustifichiamo con una vita frenetica. La verità è più complicata. La procrastinazione non è un comportamento innocente. È un segno di scarsa autoregolamentazione. I ricercatori la paragonano persino all’abuso di alcol e droghe. È un’abitudine che si insinua nel tuo sistema facendoti diventare spettatore della tua stessa vita. Non è qualcosa che puoi mandare via così facilmente. Ogni volta che si ha un’idea o un obiettivo, si inizia, ma lungo la strada le cose vanno male. Passi dall’iniziare qualcosa al caos totale. Distrazioni, altre idee, fallimenti ecc. E i risultati sono sempre gli stessi: non fai niente. L’autocontrollo e la forza di volontà, sono tutte cose che sopravvalutiamo. Pensiamo: “Sì, certo, scriverò un romanzo in 3 settimane”. Nella nostra mente, siamo tutti dei geni. Ma quando arriva il lavoro, scappiamo. Se sei un procrastinatore, non puoi fare a meno di ritardare il lavoro. E questo vale sia per i piccoli sia per i grandi compiti. Tutti temono di uscire dalla loro zona di comfort, ci vuole coraggio per fare una mossa audace. Ma sicuramente non ci vuole coraggio per completare piccoli compiti come pagare le bollette o buttare la pattumiera. La verità è che la procrastinazione non ha nulla a che fare con ciò che stai cercando di fare. Piccolo o grande che sia. Tutto può sempre aspettare, no? Prima ti rilassi,esci con gli amici, ti senti felice e poi l’ultima settimana prima di una scadenza vai nel panico e ti chiedi: ma perché non ho iniziato prima?
Inoltre, la tendenza a procrastinare spesso è dovuta ad un mix di sensazioni negative che sentiamo verso un determinato compito. Forse abbiamo paura di fallire o siamo intimiditi oppure sentiamo di non essere all’altezza. Di conseguenza, rimandiamo perché ci viene più semplice. Oppure abbandoniamo un’attività poco stimolante per dedicarci ad un’altra attività più piacevole ed appagante. Qualche esempio: “guardo le notizie per un secondo”, “va beh dai,solo più un episodio di Friends”, “ora un pò’ di Instagram”. E così via. Per poi finire con: “Questa è l’ultima volta che spreco il mio tempo!” Si, come no. Per un procrastinatore, l’atto del rimandare non è facoltativo, è un qualcosa che non sa come evitare.
Non importa se ora stai procrastinando su questioni banali o su ostacoli importanti, alla fine della giornata stai evitando un’esperienza. Forse bisogna pensare più intensamente a ciò su cui si sta veramente procrastinando, prima che finisca il tempo.
14 Ottobre 2021 | Vorrei, quindi scrivo
Ispirata da Yari Ghidone.
Scrivo qui per la prima volta, ma dovete conoscere fin da subito il mio amore incondizionato verso la pizza. Tutte le volte che scelgo di fare la pizza ho voglia di mangiarla il prima possibile, quindi faccio un impasto semplice che deve lievitare per soltanto 2 ore. Il bello di questa pizza è la semplicità della cottura: essendo fatta all’interno di una padella non è necessario essere a casa, ci basterà avere un fornello con una padella e potremo fare questa pizza anche in campeggio.
Ingredienti
per l’impasto:
- 250 gr di farina
- 150 gr di acqua
- 18 gr di olio
- 5 gr di sale
- 1 gr di lievito
per il condimento:
- passata di pomodoro
- olio extra vergine di oliva
- origano e spezie a proprio piacimento
- mozzarella fior di latte
- condimenti a proprio piacimento
Procedimento
Inseriamo in una ciotola tutti gli ingredienti descritti in precedenza con lo stesso ordine.
Impastiamo il tutto con le mani all’interno della ciotola, l’impasto risulterà un po’ appiccicoso, ma non preoccupatevi.
Una volta creato il panetto copriamo la ciotola con uno strofinaccio da cucina.
Lasciamo adesso l’impasto a lievitare per circa 3 ore a temperatura ambiente.
Passate queste ore, dividiamo il panetto in due e iniziamo a stenderli creando una forma circolare.
Per la stesura dell’impasto fatevi aiutare dalla farina, in questo modo non si attaccherà.
(da qui in poi le operazioni dovranno essere eseguite due volte in quanto abbiamo due panetti)
Ora prendiamo una padella e mettiamoci un po’ di olio.
Poggiamo ora sulla padella l’impasto steso in precedenza e accendiamo il fuoco a fiamma minima.
A questo punto prendiamo una ciotola in cui versiamo al suo interno un po’ di olio, dell’origano e spezie a piacimento.
Nel frattempo tagliamo anche della mozzarella a cubetti.
Versiamo ora il pomodoro sull’impasto, aggiungiamo i cubetti di mozzarella e infine chiudiamo il tutto con il coperchio.
Lasciamo cuocere per circa 40/50 minuti a fiamma minima.
Una volta terminato il tempo togliamo il coperchio, aggiungiamo alla pizza gli ingredienti fuori cottura a piacimento (es. prosciutto crudo o patatine fritte).
Le pizze sono finalmente pronte per essere gustate.