Il mondo del lavoro di oggi sta subendo una serie di rivoluzioni.
Tra queste, l’affermarsi delle “Start up”, termine che di fatto indica un’azienda o una realtà imprenditoriale all’inizio del proprio percorso, ma che nel nostro immaginario evoca progetti giovani, innovativi, tecnologici. Lo stesso Ping, “incubatore-acceleratore” di idee nato nel cuneese, punta proprio all’investimento in nuove idee ed intuizioni che sono o possono trasformarsi in “start up”.
Pensando a questo tipo di realtà lavorativa però, si pensa in genere ad un ambito imprenditoriale piuttosto ristretto: tecnologia, semplificazione di attività attraverso App e software, applicabili al mondo dell’economia, del commercio, dell’informatica.
Ma nella classifica delle migliori start up dell’Università Bocconi (menzione come Social Innovation Start up 2016) ce n’è una che si rivolge all’ambito sanitario, in particolare al mondo della riabilitazione. La società Play to Rehab (P2R) è infatti nata dall’idea di un gruppo di fisioterapisti ed esperti di software, con lo scopo di fornire strumenti tecnologici applicabili sia in ambito medico-riabilitativo, sia in ambito sportivo.
Ed ecco nascere il prodotto NiuRion, un sistema che rende il trattamento fisioterapico non solo “hi-tech”, ma anche più divertente e motivante.
Con l’interfaccia simile a quella di un videogioco, il sistema è dotato di sensori inerziali per la cattura del movimento, inseriti all’interno di una maglia o di un pantalone indossati dal paziente e collegati ad un software compatibile con pc, tablet, smartTV, consolle per videogame.
La seduta riabilitativa diventa quindi un gioco, in cui i movimenti richiesti al paziente non sono fini a se stessi, ma funzionali al raggiungimento di uno scopo che il gioco, e quindi il riabilitatore, pone.
Inoltre, questo sistema permette un’analisi oggettiva del movimento, le cui componenti vengono costantemente controllate e registrate, e consente al paziente di operare a casa, in modalità “on-line”, sfruttando un contatto diretto col terapista, incrementando anche la possibilità di accesso ai servizi sanitari senza doversi recare fisicamente nei centri di cura.
In una professione come quella del riabilitatore, la creazione di una relazione tra operatore e paziente è uno degli aspetti fondamentali per la riuscita del trattamento. La sfida perciò è proprio quella di inserire strumenti tecnologici che non sacrifichino, come spesso si pensa di cellulari, computer e videogame, gli aspetti relazionali, ma li promuovano.
P2R ci dimostra che questa sfida si può accettare. E sfida a sua volta chi vuole portare le proprie idee e competenze a disposizione di quest’ambito così insolito e così stimolante.
Se Maometto non va alla montagna, la montagna va da Maometto. In questo caso, se i soldi di per realizzare un’idea non arrivano da banche o investitori, li si possono chiedere ai diretti interessati.
Questa è la filosofia del crowdfunding, attraverso il quale si possono proporre un progetti, idee da realizzare su siti specializzati, dove chiunque può sostenerli economicamente con pochi click, ottenendo in cambio un regalo proporzionale alla donazione. Di sicuro le idee non mancano, anche di quelle bizzarre devo dire, basta navigare su alcuni dei siti più famosi. C’è chi vuole raccogliere denaro per combattere Donald Trump o insegnare educazione sessuale con strani disegni fallici. Sta di fatto che dopo un po’ che si naviga si ci incomincia a chiedere: “Per quale motivo qualcuno dovrebbe donare questi soldi?”. Ho osservato le proposte, catalogate in tematiche, prima quelle italiane e poi quelle tratte da siti internazionali come Kickstarter e Indiegogo. La verità è che il crowdfunding è diventato uno strumento di vendita innovativo, un mercato di prova, dove si vende il proprio prodotto e si sonda i gusti delle persone. In generale, almeno per i siti internazionali, più che credere nell’idea, la si compra già realizzata. Se piace, si dimostra agli investitori bancari che può avere un business e si incomincia la produzione in massa. Per cui, intraprendere una campagna di crowdfunding non è banale, non lo si può fare da un giorno all’altro. Lo dimostrano quelle campagne che hanno già realizzato i loro prototipi e sono accompagnate dal sostegno di diversi enti e aziende. Vorrei mettere in mostra il caso di Morpher, un casco retrattile, inventato da Jeff Woolf dopo due anni di duro lavoro. Lanciando il suo prodotto e motivandolo, come potrete vedere anche voi cliccando su questo link https://www.indiegogo.com/projects/morpher-folding-helmet-technology-bicycle–3#/, è riuscito non solo a finanziare il prototipo, ma ha anche trasformato la sua campagna in un e-commerce direttamente dal sito di lancio.
Bisogna dire che in America questo tipo di investimento sul genere high-tech è molto più sentito che in Italia. Se si confrontano i siti italiani con quelli esteri si nota una differenza di gusti nella popolazione e nelle attività. Sono poche le proposte tecnologiche e tante quelle artistiche ed editoriali. Questo, però, non significa che non ci siano e non siano finanziate, infatti porto l’ulteriore esempio del progetto Remembrella, un ombrello smart collegabile al cellulare che ti permette, tra le tante funzioni, di non dimenticarlo in giro. Il cellulare ti avvisa quando ti sei allontanato dall’ombrello e ti indica dove lo hai dimenticato. Potrete trovarlo su https://www.eppela.com/it/projects/10600-remembrella-the-smart-umbrella. Sono rimasto sorpreso dal fatto che anche piccole realtà italiane propongono idee per rivoluzionare le loro città con progetti sociali che gli stessi comuni finanziano. Eppela è uno dei promotori italiani di crowdfunding più seguiti, che presenta una categoria apposita per questi tipo di iniziative, non presente in altri siti internazionali. Inoltre, sono moltissime i progetti di solidarietà, anche se non sempre finanziati a dovere. Questo non è un caso anomalo, in tutti i siti che ho visitato la tendenza al raggiungimento degli obiettivi è più alta su proposte tecnologiche che sociali ed il perché è molto semplice, i primi assicurano un oggetto reale come premio, mentre nelle seconde si tratta quasi sempre di una vera e propria donazione. Il materialismo fa parte dell’animo umano ed è radicato nel consumismo, io stesso sarei più tentato di investire, anziché donare. Nonostante ciò, i progetti sociali e culturali che più riescono ad attrarre ed incuriosire riescono comunque a raggiungere l’obbiettivo fissato, spesso anche grazie ad interventi di cofinanziamento, attuati dai partner delle varie piattaforme, che premiano e accelerano o incubano le migliori idee non solo in ambito socio-culturale, ma anche tecnologico.
Eppela, durante la nostra campagna di crowdfunding, ci ha spiegato che il successo del finanziamento si basa su lanciare la campagna già con assicurati un bacino di investitori. Si parla di conoscenti, parenti anche perché molti dei progetti sono di natura locale. Inoltre è fondamentale raggiungere da subito almeno la metà della cifra richiesta nei primi giorni, così da potersi assicurare un visibilità maggiore sulle prime pagine dei siti. Il tutto deve essere accompagnato da una campagna pubblicitaria strutturata sia online che per la strada, anche tramite eventi, per cercare di diffondere la raccolta fondi a più persone possibili.
Infine l’ipotesi crowdfunding è rivolta a chi vorrebbe mettersi in gioco e sviluppare la propria idea di impresa. Esso rappresenta uno strumento reale ma che non deve essere sprecato, in quanto non è possibile proporre due volte la stessa iniziativa tramite la stessa piattaforma. Il crowdfunding non deve essere lanciato per finanziare le prime fasi di sviluppo, ma dovrà essere sfruttato per mostrare la propria idea e finanziare le successive fasi della propria startup. A chi vuole finanziare un evento culturale o un progetto sociale conviene innanzitutto lavorare sul territorio e sulle proprie conoscenze, per raggruppare investitori e successivamente lanciare la campagna assicurando di avere già in tasca più della metà dei soldi richiesti.
Dalla stradina che porta verso corso Ferrucci, intravedo il luogo dell’intervista a Karen Rizza, dottoranda in architettura al Politecnico di Torino proprio del progetto biosphera 2.0. Finalmente sto per soddisfare la mia curiosità, entrerò nel prototipo che staziona sulla strada maestra dell’area di architettura da mesi. Giungendo sul posto, una troupe televisiva sta effettuando alcune riprese e nel mio piccolo sono felice di sapere che una intervista sono riuscito ad ottenerla pure io, semplice ragazzo munito di cellulare con registratore appena scaricato dallo store. Con un sorriso, Karen mi apre la porta e i ventuno gradi dell’abitacolo mi accolgono a braccia aperte. Ci mettiamo comodi e iniziamo una bella chiacchierata.
Nel mio ultimo articolo ho introdotto il vostro progetto a grandi linee, ma colgo l’occasione per farlo raccontare da chi lo ha accudito e coltivato. Che cos’è biosphera 2.0?
Biosphera 2.0 è il prototipo sperimentale di una casa passiva costruita sfruttando le ultime tecnologie di produzione e realizzazione del legno per l’edilizia. Con casa passiva intendo un edificio completamente ermetico, che ha come scopo la conservazione dell’energia e la volontà di sfruttarla al massimo per le necessità di un nucleo abitativo. Al centro del progetto c’è l’idea di sfruttare il calore umano come fonte di riscaldamento (due persone sono sufficienti per riscaldare a 21 C° i 25 mq del prototipo) e conservarlo il più possibile anche se all’esterno le temperature risultano sotto lo zero. Tutto ciò, senza dimenticare il confort di vita di chi ci abita, sia fisico che psicologico. Perciò anche le fonti di luce, le dimensioni e la strutturazione della pianta sono pensati sia per un prototipo itinerante, sia al benessere di chi ci abiterà.
Perciò mi pare di aver capito che questo progetto abitativo è principalmente pensato per climi invernali…
Esattamente. Questo prototipo è stato testato in diversi luoghi nel corso dell’anno, tra cui Courmayeur, che è un esempio significativo. Con temperature esterne di -18 C° e senza alcun tipo di riscaldamento acceso, l’abitacolo presentava gli attuali 21 C°. Addirittura quando eravamo un gruppetto più numeroso al suo interno dovevamo tenere la porta aperta perché faceva troppo caldo.
Questa tecnologia di costruzione sarebbe già applicabile a qualsiasi progetto di edificio?
Certamente, tutti questi materiali innovativi sono già in commercio; questa è la prova della loro efficacia, basterebbero delle agevolazioni sull’iniziativa di costruzione di questo tipo. Il costo medio di un mq è attorno a 1600 euro. Bisogna considerare che essendo a tenuta stagna, la circolazione dell’aria è forzata e preriscaldata prima di essere immessa nell’abitacolo. Inoltre i pannelli fotovoltaici, fornendo l’energia elettrica necessaria di 2,5 kW, e la batteria da 10 kW/h dovrebbero garantire l’autosufficienza per 10 giorni senza sole. Stiamo ancora studiando i dati per verificarlo. Il costo iniziale verrebbe, quindi, abbattuto soprattutto dall’abbassamento del costo delle bollette. La tecnologia ha fatto passi da gigante.
Parlami di te Karen, come sei entrata a contatto con questo mondo ecosostenibile?
Studiando architettura al politecnico di Torino. Uno dei miei professori mi consigliò, di fronte alla mia curiosità sulle case passive, di iscrivermi ad un gruppo studentesco, Woodlab, con l’obiettivo di implementare le tecnologie legate all’uso del legno nell’edilizia. Partecipando ad un workshop nel settembre del 2015, comprendente 100 studenti da tutte le università italiane, abbiamo avuto l’opportunità di proporre in due giorni un progetto di casa passiva. Delle 15 proposte elaborate, la nostra ha avuto maggior interesse, dandoci l’opportunità di poterla mettere in pratica realizzando il prototipo che qui esponiamo. Per cui diciamo che è la curiosità che mi ha portato fin qui.
Tutto il lavoro che avete svolto è stato una sinergia di menti derivanti da diversi campi di studio, ma non credo sia stato sufficiente. Chi vi ha aiutato nella realizzazione?
Senza il coworking tra comuni, sponsor e università tutto non sarebbe stato possibile. Il principale promotore del progetto, Aktivhaus, assieme a diversi altri numerosi sponsor ed enti di certificazione, hanno aiutato e finanziato la realizzazione, fornendoci anche i materiali per la costruzione e le competenze tecniche. Tutto il prototipo è stato costruito in 41 giorni a secco e con materiali completamente riciclabili.
Non posso che augurati un in bocca al lupo per la laurea e per il futuro di questo progetto, speriamo che da prototipo diventi l’idea base di realizzazione delle case future.
Grazie mille a voi e speriamo di che sia così, per il momento finiremo di raccogliere i dati e poi si vedrà.
Questo è un esempio di ” Si può fare”, una bellissima testimonianza del mettersi in gioco, perché non dimenticate che le idee non si realizzano da sole e c’è chi ti può aiutare a farle crescere anche nel piccolo della nostra Cuneo. Un esempio? Pingcn, che da poco ha aperto in piazza Foro Boario uno spazio di coworking dove potrete sviluppare al meglio le vostre idee.
Una buona giornata a tutti voi e un arrivederci al prossimo articolo!
Anche in provincia di Cuneo è nata l’opportunità di rinnovare il modo di fare business.
Ping, “Pensare IN Granda, società cooperativa sociale”, si definisce un “Incubatore-Acceleratore”, ed ha come obiettivo quello di promuovere lo sviluppo di progetti, idee, realtà imprenditoriali, in un ambiente che mette al centro l’innovazione, la condivisione e la possibilità di far emergere le potenzialità di ognuno.
Con una sede in Piazza Foro Boario (ex Caserma Cantore), in una zona di Cuneo simbolo della riqualificazione, Ping offre uno spazio di lavoro condiviso, ovvero Coworking, in cui saranno messi a disposizione gli ambienti, gli strumenti e tutto ciò che può fare da “cornice” alla nascita di un progetto o di un’attività professionale. Connessione wifi internet a banda larga e postazioni in cui poter usare il proprio pc, materiale informatico per attività di programmazione, una stampante 3D, sale riunioni, un’area relax. Un “Business Center” in cui diverse realtà avranno la possibilità di incontrarsi, confrontarsi e condividere non solo gli spazi, ma anche le esperienze e le competenze.
Inoltre, nella struttura di Ping è stata data particolare rilevanza a ciò che viene definito “Educational”, ovvero all’aspetto della formazione, con una Sala Conferenze e la possibilità di organizzare eventi che permettano ad ogni realtà di migliorarsi ed acquisire nuove conoscenze e capacità.
1000miglia collaborerà con Ping non solo mostrandovi le opportunità che offre, ma anche raccontandovi delle novità, degli eventi e dei progetti che stanno prendendo forma.
Seguite il sito di Ping www.pingcn.it e la rubrica di 1000miglia “Si può fare”, scoprite cosa succede e come fare per tirar fuori dal cassetto quell’idea che vorreste trasformare in realtà.
Se c’è un qualcosa che si è capito in questi ultimi anni è che non esistono più le stagioni di una volta. Non sono invecchiato di colpo, anche se l’istinto di mangiare cena alle cinque di pomeriggio si fa sempre più sentire. Il fatto che sia una frase fatta non riduce il valore di questa affermazione, tanto che ora più che mai, essa renda molto bene l’idea che la progressione naturale dei cicli terrestri abbia mutuato improvvisamente strada, scegliendo quella piena di dossi e di curve, caldi afosi alternati a freddi improvvisi, piogge amazzoniche in alternativa a quelle dolci autunnali.
Dato che concetti certi al mondo ve ne sono sempre meno, c’è chi ha lavorato e continua a lavorare su ciò che è un punto fermo della nostra vita: la certezza di una casa sempre accogliente. Con accogliente, però, non si ci limita al significato superficiale, anzi essa acquisisce un valore omnicomprensivo che va a braccetto con la Natura stessa. Il progetto biosPHera 2.0 della Aktivhaus è ciò che ha permesso il raggiungimento di questo secondo livello di lettura. Si tratta di una casa che coniuga alla migliore tecnologia di coibentazione una autonomia energetica in ambienti che vanno da -20 a 40 °C. Lo stesso nome del progetto testimonia la volontà di riprodurre una biosfera in miniatura, 25 mq autosufficienti studiati per verificare costantemente le temperature interne, l’umidità e i parametri vitali umani di chi vi abita. Tutto ciò è poi possibile consultarlo online a qualsiasi ora.
Questo progetto, iniziato come start up, ha lo scopo di dimostrare e mostrare al mondo il futuro delle nostre abitazioni ed io e Gabriele cercheremo di presentarvelo attraverso un’intervista diretta a chi si occupa del progetto. Speriamo di avervi incuriosito e vi invitiamo a visitare il sito www.biosphera2.com per prepararvi alla nostra prossima uscita.
Ecco la nostra video-intervista ai giovani cuneesi Gabriele Picco e Matteo Dalmasso, creatori del videogioco Pam-man, in collaborazione con il gruppo Eugenio In Via Di Gioia, disponibile per Android e Ios.
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