Non c’è giorno che sia già scritto. Non esiste mattina che si scende dal letto e tutto è ormai deciso. Non c’è altro che un foglio bianco di un grande libro chiamato vita che aspetta solo di essere scritto. E i libri sono 7 miliardi. A ogni nascita inizia la stampa di un nuovo diario che non morirà mai, che sarà sempre conservato nel cuore di chi verrà dopo.
Se solo ci si ricordasse di questo pensiero ogni volta che si aprono gli occhi… Invece sono troppi i giorni abbandonati a se stessi, dedicati a un non si sa che in grado solamente di rubare il tempo, di rendere la giornata vana e di provocare un burrone nell’anima che solo un grande abbraccio di chi ci vuole bene sa riempire. E’ struggente diventare consapevoli di perdere il proprio tempo per niente.
C’è un sentimento negativo che un po’ alla volta sta diventando il motore quotidiano di questa piccola parte di universo e noi, l’uno con l’altro, cerchiamo di convincerci che questo sia la sensazione interiore più comune: la disperazione. Disperazione che ci viene venduta molto facilmente perché ognuno di noi ha dei limiti, non sarà mai perfetto. Ma questa idea è al di fuori dal nostro mondo dove regna l’ansia della perfezione: se non siamo perfetti siamo disperati. E poiché la perfezione è irraggiungibile, il risultato è evidente.
In un clima tanto ostile quanto negativo ogni buon gesto sembra cosa vana. Chi è disposto a perdere il proprio tempo per costruire qualcosa su un pianeta disperato?
Io mi rifiuto di passare alla storia come la generazione delle notifiche su Facebook o delle spunte blu di WhatsApp. E’ una presa di posizione radicale, ma questi piccoli simboli sono degni di condizionare la mia vita? Sono così essenziali da poter diventare loro la parola della mia pagina bianca di vita?
Notificassimo il nostro vivere magari ci sarebbe un po’ più di verità anziché disperazione: trasformare quest’attesa spasmodica di ricevere una notifica in una corsa sincera verso un amico per dirgli ti voglio bene, verso una ragazza/o per dire ti amo. Per far sapere all’altra persona che si é contenti che lei esiste e se non esistesse la si ricreerebbe tale quale, difetti compresi. Allora la perfezione é qui per davvero, si é amati, si é perfetti per qualcuno.
Siamo una combinazione eccezionale perché unici, unici per i propri difetti che, nonostante le loro debolezze, sono amati da qualcun altro. E si é amati tutti, per intero. Perchè disperare tanto? Andiamo bene così come siamo. E quando si sa che fuori di casa c’è qualcuno che ci ama ogni mattina ci si alza siamo gioiosi, si ha voglia di prendere in mano la penna e iniziare a scrivere quel libro che si porta con sé dalla nascita.
Troppo amabili, ma poco amati. Troppo copie, poco unici. Eppure da bambini si faceva tutto con amore. Da piccoli si sognava in grande: si giocava a fare il pompiere perché da grandi si voleva salvare le persone mentre la loro casa era in fiamme. Ora siamo noi i piromani della nostra vita. Non sappiamo più farci sfidare dalla realtà: la disperazione ci provoca paura di fallire. Perché porsi mete alte?
Perché, d’altra parte, non porsele? Scegliamo a che cosa dedicare la nostra vita… Libertà è poter decidere per chi e per che cosa giocarsi la vita. Però bisogna patire. Sì, per amare bisogna patire, dare la vita. Ed è così bello vivere quando si ama. Ed è così liberante portare con dignità il proprio viso. Ed è così motivante svegliarsi con addosso il motivo per cui scendere da letto, per cui vivere.
Quando si ama e si è amati si è anche in bilico, come un funambolo. Meglio essere amabili e guardare il funamboli dal basso o correre il rischio di mettersi in gioco? Rischiare tutto, anche di cadere da grandi altezze, ma poter dire di averci provato. La paura di fallire è sempre figlia di una negatività… Chi canta che il tarlo della vita è il nostro orgoglio non ha tutti i torti.
Se si è liberi allora il cambio di prospettiva diventa una benedizione: il bianco della vita non fa più paura. Anzi, per fortuna che la pagina è bianca. Che si è giovani e il canovaccio non vede l’ora di essere cambiato.
Virginia Satir diceva: “Ci servono quattro abbracci al giorno per sopravvivere, otto per vivere e dodici per crescere”; questi abbracci non posso essere finti, altrimenti sono vani. Quando si ama e si è amati si abbraccia la vita e si vanno a creare relazioni vere con le persone che sono al nostro fianco, in cui uno dona all’altro ciò di cui l’altro ha bisogno.
E incredibilmente tutto torna ad avere significato. Ad essere vita.
Luca Lazzari
PS: grazie a Profduepuntozero per le sue idee e parole