Why so Syria?

Le radici del conflitto che imperversa in Siria da ormai 5 anni trovano la loro linfa vitale nei processi politici che hanno caratterizzato lo stato siriano nel corso di tutto il XX secolo.
Il 7 aprile 1947 nasce il Partito Ba’th, che veicola le spinte di due correnti politiche emergenti nel panorama medio-orientale, il socialismo arabo, di matrice espressamente laica, e il panarabismo. La neo forza politica è la risultante di un processo interconfessionale che prende ispirazione appunto dai suoi ideatori: un alawita, un cristiano ortodosso ed un musulmano sunnita.
Il Ba’th trova, nella dissoluzione della Repubblica Araba Unita (RAU), avvenuta nel 1961 e nel successivo caos politico, il terreno fertile per consolidare le sue posizioni all’interno del panorama politico siriano.
Il 1962 è un anno di forti tensioni sociali che sfociano in una serie di colpi di stato militari. Al fine di impedirne altri il fragile governo dichiara lo stato d’emergenza. La maggior parte dei diritti costituzionali dei cittadini è sospesa e viene a definirsi una nuova classe dirigente all’interno della società siriana.
L’8 marzo 1963 un nuovo colpo di stato, sotto il sostegno del neonato “Comando Rivoluzionario del Consiglio Nazionale”, composto da ufficiali dell’esercito e funzionari civili, porta Hafiz al-Asad, massimo esponente del Partito Ba’th, ad una posizione di rilievo nella politica del paese. Questo permette ad Hafiz di esercitare molte pressioni sul governo fino al 1966, anno in cui un nuovo golpe pone il Ba’th come forza politica dominante eliminando di fatto gli altri partiti. al-Asad diventa così il nuovo ministro della Difesa.
La debolezza del governo viene amplificata dalla sconfitta da parte di Israele durante la guerra dei 6 giorni. Il 13 novembre 1970 Hafiz, approfittando della perdita di popolarità nel vecchio ordinamento politico, conquista la guida del Partito e la conseguente presidenza della repubblica.
Gli anni che seguono sono segnati da un relativa stabilità politica, sociale ed economica, lo stato è ormai retto da un sistema verticistico, monopartitico e repressivo con il progressivo instaurarsi di un vero e proprio culto della personalità del presidente. La stabilità nazionale e internazionale, garantita dall’appoggio dell’URSS, permette notevoli riforme infrastrutturali e il Ba’th si pone come garante della laicità e della libertà religiosa permettendo il fiorire di numerose comunità confessionali di minoranza. Nel 1982 però al-Asad si trova ad affrontare una grande insurrezione di matrice islamica capeggiata dai Fratelli Musulmani che si conclude con l’assedio di Hama e la repressione degli insorti. Secondo le stime dell’epoca riportate dal New York Times 10.000 civili vennero uccisi, mentre il Comitato siriano per i Diritti Umani riporta nei sui dossier ben 40.000 vittime di cui 1.000 soldati.
Gli anni 90, successivi alla caduta del blocco sovietico, portano la Siria ad un avvicinamento all’occidente. Questa propensione viene dimostrata nei fatti dal sostegno di Hafiz nei confronti dell’operazione Desert Storm ,messa in atto dagli Stati Uniti contro l’Iraq di Saddam Hussein, e dal tentativo di pace con Israele.
Il 1999 è un altro anno di tensioni, al-Asad designa come successore il figlio Bashar. Violente proteste scoppiano nella località di Lattakia tra la polizia di stato e i sostenitori del fratello di Hafiz Rifa’at al-Asad che più che mai era intenzionato ad ottenere la presidenza. Dopo la conseguente sconfitta di Rifa’at, e la morte di Hafiz per malattia, succede alla presidenza, come da programma, Bashar al-Asad che viene eletto con il 99,7 % dei voti.
Il neo presidente inizia il suo mandato nel 2000 e si trova già da subito a gestire la difficile situazione dell’indipendentismo curdo. Nel 2004 scoppiano una serie di rivolte al Nord della Siria. La più grave è quella avvenuta nella città di Kamichlié, ove la violenta repressione della polizia fa almeno una trentina di vittime tra i manifestanti curdi. La protesta così dilaga in molti altri centri urbani coinvolgendo anche una larga parte della comunità araba. Il capo di stato non modifica la struttura di controllo della popolazione, rimane in vigore la censura e non viene ripristinata la libertà politica di creare nuovi partiti. Vi è anche un progressivo riallontanamento dalle politiche occidentali. Questo a causa del sostegno di Bashar a Saddam Hussein durante la guerra all’Iraq nel 2003, il conseguente suo appoggio a movimenti di ispirazione terroristica come Hezbollah e Hamas insieme al coinvolgimento nell’assassinio dell’ex primo ministro libanese Rafiq Hariri.
Bashar comunque dichiara che lo stato Siriano sarebbe rimasto immune dalle proteste di massa che si stavano manifestando in Egitto in quegli anni.
Non poteva prevedere che di li a poco, nel giro di circa 7 anni, la somma delle proteste degli indipendentisti curdi, l’insofferenza della comunità islamica sfogatasi attraverso le primavere arabe e la continua repressione dei propri avversari politici, avrebbe portato ad una serie infinita di scontri armati e di morti. Che il 2011 sarebbe stato l’anno l’inizio di un conflitto internazionale che dura ancora oggi e che ha portato ad un acuirsi delle tensioni tra gli stati, soprattuto sul fronte USA-Russia. Producendo una crisi umanitaria che ha inghiottito migliaia di civili. Crisi che ha condotto più della metà della popolazione siriana ad un esodo forzato verso quella che ai loro occhi pareva essere un porto sicuro. L’Unione Europea.

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