Vuoi essere un sognatore come Bob?
Qualche problema a farsi cullare tra le braccia di Morfeo negli ultimi giorni. Cosa girava per la mente? La speranza. Mi sono domandato se fosse realmente possibile raggiungere tutti gli obbiettivi, presenti e futuri, che ci poniamo durante la giornata e, visto il nome della rubrica, pare anche durante la notte. Non sono arrivato a una risposta, sono tuttavia arrivato a una conclusione. Non sono le persone realiste che cambiano il mondo.
Un esempio ad avvalorare la mia tesi mi è stato ricordato questo weekend. Venerdì sono andato a sentire un concerto in tributo a Bob Marley, ahimè spesso ricordato di più per l’enorme quantità di marijuana fumata che per la sua vita, i suoi testi e le sue convinzioni. A metà concerto Raphael, uno dei tre cantanti facenti parte del progetto musicale DOUBLE TROUBLE che suonava quella sera, ha chiesto: “Cos’è per voi Bob Marley?”. Non mi sono soffermato molto sulla sua domanda quanto sulla risposta che a sua volta si è dato; continuando il monologo disse: “Bob Marley per me è speranza”. Il cantante affermò che lo pensava in quanto se un uomo mulatto (figlio di padre bianco di origine britannica e madre giamaicana) fosse riuscito ad emergere dalla società giamaicana dell’epoca, razzista in quegli anni verso le persone di origine caucasica e quindi anche dei loro figli chiamati “mezzosangue”, senza pregiudizi ma anzi vivendo tutta la sua vita portando lo stendardo della pace e della tolleranza allora il miglior aggettivo con cui definirlo era proprio la speranza.
A mio parere ci sono molti motivi per cui questo famoso giamaicano viveva con la speranza nel cuore, probabilmente l’aneddoto più esplicativo è l’attentato che subì il 3 dicembre 1976 ossia qualche giorno prima del suo concerto allo “Smile Jamaica”. Quel giorno, insieme alla moglie Rita e al suo manager Don Taylor, Marley fu vittima di un irruzione nella sua abitazione da parte di alcuni individui armati che ferirono gravemente la moglie e il manager a colpi di arma da fuoco. Anche l’artista in quel episodio riportò delle ferite lievi al braccio e al petto ma, probabilmente, la ferita più profonda la ricevette nell’animo. Provate ad immaginare lo sconforto, lo sgomento e la paura che deve aver provato; vedere violata la propria casa e tra quelle mura, così apparentemente sicure, assistere inerme a un tale atto di violenza verso di lui e i suoi cari. Nonostante il turbamento e il rischio di vedere nuovamente la propria vita in pericolo il cantante si presentò allo “Smile Jamaica” il 5 dicembre. Dopo la sua esibizione qualcuno riuscì a porgli alcune domande: come poteva aver avuto il coraggio di salire su quel palco e cantare come se non fosse successo niente nei giorni precedenti? come era riuscito a stare lì, in piedi, rischiando la morte? ma soprattutto, perché farlo?! Lui non ebbe esitazioni e con una semplicità disarmante rispose: “Perché le persone che cercano di far diventare peggiore questo mondo non si concedono un giorno libero…come potrei farlo io?”.
Questo articolo non è in memoria di Bob Marley, lui è solo un esempio e forse nemmeno quello più emblematico. È stato una delle tante persone che hanno saputo vivere la propria vita accarezzando il sogno di qualcosa di migliore, riuscendo ad immaginare qualcosa che ancora non c’era ma che si poteva raggiungere. Benché alcuni obbiettivi risultino essere più utopici di altri sono molte le persone che hanno saputo vedere un po’ più in là della loro vita quotidiana e, per nostra fortuna, in una quantità altrettanto vasta di ambiti come: scienza, tecnologia, letteratura, filosofia, arte e tanti altri tra cui, non di meno, la pace e la tolleranza.
Probabilmente io non sono una di quelle persone. Non sono Bob. Al suo posto quel 5 dicembre probabilmente mi sarei dato malato e non avrei avuto il coraggio di salire sul palcoscenico però questo non vuol dire che non possa sperare. Anche noi persone “normali” possiamo, e dovremmo ogni tanto, credere di potercela fare. Uno dei vari significati della parola speranza è: “Sentimento di aspettazione fiduciosa nella realizzazione, presente o futura, di quanto si desidera”, allora perché non lo facciamo? Forse siamo spaventati dalla possibilità di fallire o crediamo, a volte ingenuamente, di non essere abbastanza capaci per farcela ma queste non sono motivazioni valide per non provare a raggiungere quello che vogliamo. Tutti abbiamo fallito almeno una volta nella vita e probabilmente saranno ancora tante le delusioni in essa ma non sarebbe ancora peggio non illudersi mai?
Sono sempre stato un falso pessimista (NOTA: si indica con “falso pessimista” quella persona che si aspetta che le cose vadano male ma che ci spera comunque e se malauguratamente accade il peggio dice a tutti che lui sapeva già sarebbe finita così ma in qualsiasi caso ci rimane male…un “pirla” insomma.) e dopo tanto, forse troppo, tempo mi sono reso conto che probabilmente l’errore più grande che si possa commettere è quello di vivere la vita nel proprio carcere mentale, in cui le uniche sbarre che ci limitano sono erette da noi stessi.
Lasciamoci liberi di sperare. Impariamo a dare noi stessi sempre e comunque senza maschere o mezze misure se una cosa ci interessa davvero. Se non si avvererà ciò che desideravamo, almeno, avremo l’onore di poter affermare che abbiamo fatto il possibile e che non abbiamo niente da rimpiangere.
Questa notte ho deciso una cosa. La prossima volta che mi diranno con tono perentorio: “Sii realista!” avrò la risposta pronta e sarà una frase semplice e concisa come quella di Marley: “No. Ho deciso di essere un sognatore…io ci spero, come Bob!”.
E tu? Tu cosa ne pensi? Vuoi essere un sognatore come Bob?