19 Ottobre 2016 | Vorrei, quindi scrivo
E’ un po’ che non ci sei più, ma non sai quanto mi manchi. Mi mancano le tue risate, mi mancano i tuoi suggerimenti e i tuoi rimproveri.
Spesso penso a quando una persona, mossa dall’ansia o dalla ricerca di un senso di fronte a una realtà sfuggente, sfoglia qualche pagina di un libro in cerca di citazioni che possano dare un significato al momento vissuto. Ecco, l’altro giorno è accaduto a me. Eppure tutte quelle frasi non sono nulla senza il tuo tono di voce, e pensare che i concetti che mi confidavi avevano pressapoco lo stesso valore di quelli che ho letto. Però la tua tonalità cambiava tutto.
Una tua carezza o un tuo abbraccio avevano un sapore delicato. Mi verrebbe da dire “Infame” a chi ha fatto in modo che io potessi restare su questo pianeta senza di te. Ma tu eri il primo a ripetere: “Ogni cosa ha il suo tempo, Cucco”.
Non è che mi hai fregato con queste parole?
Tu, nonno, sai come ci si sente quando si sogna un amore ma tarda? Quando si pensa ad una ragazza e non capisci se le interessi? Quando un suo messaggio appare la fine del mondo non appena ricevuto e poi ricadi nel purgatorio dell’attesa, in quell’attesa di una successiva risposta che non arriverà mai? Va bene che ogni cosa ha il suo tempo, però ogni tanto ci si stanca e si perdono tutte le speranza ad aspettare.
“Sai Cucco, sono stato anch’io fregato dall’amore. E più di una volta. Sia prima di sposarmi sia una volta sposato. Mi innamoravo e non era corrisposto. L’università suonava una magica sinfonia di note “No”. Poi sono stato trasferito nel nord dalla mia Sicilia, era il 1959. Non so ben dirti per quale motivo, ma mi hanno presentato tua nonna e ci siamo sposati. Tutto era splendido, dopo anni universitari insignificanti, credevo di aver trovato il compimento massimo della mia esistenza. Ero molto innamorato, poi un brutto male se l’è portata con sé. Eravamo ancora abbastanza giovani. L’amore mi ha fregato un altra volta.”
Non ti fa arrabbiare tutto questo nonno?
“Chi non si è mai arrabbiato nella vita? Siamo umani Cucco, ma forse anche i supereroi si arrabbiano, o per lo meno provano rifiuto per una certa situazione e così si impegnano a cambiarla. L’amore però ti frega anche qui. Secondo te, quando non c’è più una persona e tu sei ancora innamorato, come fai a cambiare la situazione?”
Te ne trovi un’altra o te ne fai una ragione…
“Farsene una ragione non è mai bello. Quando vedi un tuo amico triste per una storia d’amore finita non dirgli mai di farsene una ragione. Con i sentimenti non si gioca, bisogna sempre essere molto delicati, altrimenti ci si brucia troppe volte e poi si rischia di non giocare più all’amore. Ascolta il tuo amico, ricordagli i suoi sogni e desideri più profondi, ma non compatirlo con una pacca sulla spalla. Infatti l’amore è un gioco, fatto di corteggiamento, sorrisi, sguardi, scherzi, sorprese,… Troppe ferite, però, sono un grande danno. Demotivano, ti fanno chiudere in te stesso. Solo l’onesta verità permette di evitare terribili ferite. Bisogna sempre dire le cose come stanno all’altra persona, giocare con lei e non prendersi gioco di lei. Guai a te se pensi di fare il furbo!”
Sì, sì, va bene! Però, con nonna come hai fatto?
“Ho guardato le cose da un’altra prospettiva. Dopo tanti anni trascorsi con lei, tante avventure insieme e tante discussioni non potevo cancellare tutto. E’ stata dura, ma se questo dolore è stato il prezzo che si è dovuto pagare per ricevere il dono della nascita di tua mamma, allora sì, n’è valsa la pensa.”
Ah già, mamma… Nonno, senza cellulare e Facebook, come facevi per farti notare dalle ragazze?
“Era un bordello. Non esistevano i like, dovevi parlarci a quattr’occhi. Sai quanta paura Cucco?”
Quindi?
“O te le presentavo o dovevi escogitare una recita teatrale che neanche il metateatro pirandelliano appare così reale e improvvisato. Cioè, non doveva capire che avevi passato qualche notte in bianco a pensare come avvicinarla. Altrimenti il risultato si riassumeva in una parola: spacciato.”
Certo che queste donne sono strane. Se ti vedono un po’ titubante o troppo sbruffone ti scartano…
“Sono furbe, altro che strane. Loro con la vita hanno un rapporto speciale. La vita si genera in loro e la portano con sé per nove mesi. Con la vita ci parlano a tu per tu, almeno in fondo al cuore. Lasciamo stare le apparenze, la voglie di essere come quell’attrice o la gelosia per quell’amica più snella. Questa è un’altra faccenda, ma la radice della vita è in loro e magicamente riemerge di fronte ad un ragazzo, sempre che in loro ci sia verità e non altre aspirazioni. Le ragazze non cercano chissà quale comportamento o personalità, cercano un uomo forte.”
Tutti in palestra da domani?
“Quanto sei ingenuo Cucco. Forte perché vogliono un uomo con dei valori, convinto delle proprie idee ma sufficientemente umile per metterli in discussione. Non desiderano un ragazzo che ogni due per tre cambi idea o che, per la paura della solitudine, si adatta alla massa abbandonando i propri ideali. Il principe azzurro per loro è il ragazzo che è se stesso. Oscar Wilde diceva: -Sii te stesso, tutti gli altri sono già stati presi. E questo buffo irlandese aveva ragione.”
Tu nonno dove trovavi la forza per andare a parlare con le ragazze?
“A prescindere, da qualunque inizio di relazione con un’altra persona, può sempre nascere un’amicizia. Ma voi giovani non ci credete: volete o tutto bianco o tutto nero, ma per fortuna il buon Dio ha creato diverse sfumature. Comunque, il contrario della paura è il coraggio. Per amare ci vuole coraggio. E lo stesso era per andare incontro ad una ragazza. Non potevi nasconderti dietro lo schermo di un cellulare. Mettevi un po’ di coraggio. Tu, i tuoi capelli che proprio quel giorno non riuscivi a pettinare come volevi, la tua camicia e la tua camminata che, in quell’istante, ti sembrava la più goffa possibile. Una volta che la vedevi negli occhi, però, tutte queste cose scomparivano. Rimanevi solo tu, il tuo carattere, la tua simpatia, i tuoi pensieri e la tua camicia con le chiazze di sudore sotto le ascelle. Ricordati, Cucco, l’amore chiede coraggio. Ti mette a nudo, difetti compresi, ma sono proprio questi a fare la differenza.”
Nonno, grazie, ma io continuo a capirci sempre meno. Sembra tutto così complicato…
“Suvvia Cucco, cambia prospettiva. Non essere razionale sempre, ascolta un po’ il tuo cuore. L’amore è un gioco, il più semplice di tutti, ma vogliamo rendere anche questo cervellotico. L’amore si gioca se si ha un cuore di carne, non di pietra. Se si è disposti anche a lasciarsi ferire. Un cuore di pietra invece puoi solo scolpirlo, ma da questo non uscirà mai niente. Uno scrittore a cui ero tanto affezionato da giovane definì così “ti amo”: “Sono contento che tu esista e se tu non esistessi ti ricreerei tale e quale difetti compresi.” Questo giovane ci vedeva lungo. Cucco, il segreto sta proprio lì, difetti compresi.”
E quando eri lì, di fronte a lei, che succedeva? Come bisogna comportarsi?
“Cerca meno e lasciati incontrare di più.”
PS: grazie a chi ha scritto questo articolo, la sua insomnia mi ha bussato dentro dentro. (https://www.1000-miglia.eu/piace-la-tua-scelta/)
15 Luglio 2016 | Vorrei, quindi scrivo
Ogni essere umano si identifica in coordinate spazio temporali precise: in questo chiaro istante ognuno si trova in un determinato luogo ed esattamente in questo momento si è presenti, si esiste, in quello spazio. In un attimo la vita di ogni persona prende forma realizzandosi in relazione a chi e a che cosa si compie nello stesso momento, in maniera sempre più diretta rispetto al grado di vicinanza. E così succede che lo stupore di migliaia di persone nell’essere lungo mare, a Nizza, in attesa dei fuochi di artificio per la festa della Liberazione francese, si incontri con la maledetta intenzione di un terrorista. Ed è subito strage.
Una strage che segna un continente in un anno che passerà sui libri di storia come rivoluzionario. Dal Brexit agli attentati di Parigi, Bruxelles e Nizza, dai muri lungo le frontiere ai disastri terroristici in Turchia, senza dimenticare le morti nel mar Mediterraneo.
In quest’epoca molto si realizza in una paura continua, tra urla e grida di chi fugge dal luogo in cui stava esistendo per salvare la possibilità di continuare a realizzarsi in un altro spazio e in un altro tempo: la possibilità di continuare a vivere. Eppure il terrore di vivere, poco alla volta, è sempre più presente nella quotidianità, perché l’obiettivo degli attentatori è farlo entrare in noi.
Come sosteneva Jean Luc Nancy, “La storia non è la storia, è l’insieme simultaneo di milioni di storie.” Tante storie ci hanno lasciato ieri sera sulla Promenade des Anglais. Un giorno ci ricorderemo solo del numero delle vittime, non delle loro storie, ma analizzeremo ogni singolo dettaglio di chi guidava quel tir bianco, asfaltatore di tante vite.
Con il coraggio e la forza espressi da un marito vedovo dopo il Bataclan, nonostante non si trovi neanche la forza per parlare, certi avvenimenti non sono degni di fermare l’essere umano nel compiere la sua vita. Richiamano l’essere umano all’umanità, alla vicinanza, al coraggio di rialzarsi.
L’ultima cosa che vorrebbero le storie che ieri sera ci hanno lasciato sono la rassegnazione e l’odio, soprattutto ora che possono osservare le cose da un’altra angolatura. Dalla visuale di chi ha terminato gli attimi per manifestare se stesso su questo pianeta chiamato Mondo.
Luca Lazzari
7 Luglio 2016 | Vorrei, quindi scrivo
Ci sono quelle notti di mezza estate che sono l’ossigeno della giornata afosa. Come un marinaio che lascia il proprio porto e respira in prua ammirando l’orizzonte o lo scalatore che a braccia aperte si rigira su se stesso in cima alla montagna inspirando serenità ed espirando tormenti. Ci sono quelle notti di mezza estate con sole due stelle, ma due sono abbastanza per catturare lo sguardo primordiale di chi si connette con la propria anima. Ci sono quelle notti di mezza estate di feste improvvisate, di diavoli alle chitarre e angeli sotto il cielo. Ci sono quelle notti che sono un libro letto d’un fiato, che sono il falò della speranza o il pianto di un amore finito. Comunque sia, sono notti di mezza estate.
Non potrà mai impazzire un pesciolino rosso in un’ampolla di vetro? Vive perennemente in uno spazio grande quanto una capoccia, ma Mamma Natura l’ha voluto così. L’ha sognato e creato con una memoria della durata di tre secondi. Ogni tre secondi tutto ricomincia nella sua testolina, come se quanto successo in precedenza non fosse mai accaduto: una nascita continua. Perdonami, Mamma Natura: il tasto reset per gli uomini? Comunque sia, ci sono momenti che resteranno sempre con noi. Forse vale la pena guardarli da un altro punto di vista.
Caro Piccolo Principe, sei poi così sicuro che “l’essenziale è invisibile agli occhi”? Parliamone…
Sorridi che ti fa bene.
Un proverbio ebraico recita: “Dio ha creato l’uomo per sentirgli raccontare storie.” AAA: cercasi storia!
Durante una passeggiata tra i boschi con un amico un po’ più anziano (vecchio sarebbe più reale, ma un po’ di compassione forse ci vuole ogni tanto), vi siete imbattuti in uno squarcio tra due castagni. Proprio in quel piccolo spazio di luce crescevano due fiori. Durante una pausa, parlando della passeggiata, l’amico anziano, con calma disarmante, ti ammutolisce con una semplice frase: “Le cose son belle e sorprendenti, come quei due fiori, basta. L’uomo, invece, ha il dono di scegliere di compiersi…”
Alice ha sei anni. E’ la figlia del proprietario dell’azienda in cui stai facendo lo stage. Passa a trovare il papà in uno di quei pomeriggi in cui lo sbadiglio accoppiato alla scomoda sedia dell’ufficio è il peggior binomio che si potesse creare. Ti chiede di giocare con lei e dopo aver costruito un puzzle insieme desidera fare un piccolo disegno sul tuo avambraccio. Tu chiudi gli occhi su sua richiesta e riapri loro appena la penna finisce di tracciare sulla tua pelle. Alice ha scritto “GRAZIE”. Le chiedi il perchè, lei risponde: “Perchè hai giocato con me.”
Ma Bobone Vieri come fa?
Emmanuel è a terra, morto, a Fermo, In Italia. Preso a botte per razzismo. PS: si salvi chi può o si salvi l’essere umano? Coraggio, ora.
Un amico ha fatto la scelta più difficile e, probabilmente, incompresa che potesse prendere: lasciare la propria ragazza perchè la amava così tanto da comprendere che per lei fosse giunto il momento di ripartire da sé, dal proprio io più profondo e riscoprirsi. Lei non poteva continuare a vivere alla sua ombra, nutrirsi della sua luce riflessa. Egli ha compreso tutto questo e amandola le ha donato lo spazio per lei. Lei soffre, lui pure. Può sembrare un fallito o un codardo nell’affrontare le difficoltà insieme. Sta malissimo perché crede che lei non capisca. Sta semplicemente amando lei e la sua vita. Forse questo amico ha preso Derek Walcott troppo alla lettera:
“Tempo verrà
in cui, con esultanza,
saluterai te stesso arrivato
alla tua porta, nel tuo proprio specchio,
e ognuno sorriderà al benvenuto dell’altro
e dirà: Siedi qui. Mangia.
Amerai di nuovo lo straniero che era il tuo Io.
Offri vino. Offri pane. Rendi il cuore
a se stesso, allo straniero che ti ha amato
per tutta la tua vita, che hai ignorato
per un altro e che ti sa a memoria.
Dallo scaffale tira giù le lettere d’amore,
le fotografie, le note disperate,
sbuccia via dallo specchio la tua immagine.
Siediti. È festa: la tua vita è in tavola.”
Tutto va così, per alcuni siamo in una slot machine. Forse tutto va, irraggiungibile. Non perché non si arriverà mai a quel tutto, ma perché è così bello e meraviglioso che neanche si poteva ipotizzare. Comunque sia, tutto va. In estate con un ritmo tutto suo.
Luca Lazzari
7 Marzo 2016 | Vorrei, quindi scrivo
Giulio è così: semplice, sorridente, povero. Quando si sveglia la mattina non ha fretta di andare a lavorare. L’unica accortezza è per suo figlio: è sceso dal letto per andare a scuola? Giulio, infatti, è cameriere a chiamata per le serate in una pizzeria nei pressi di Monte Mario a Roma. In questo modo riesce a guadagnare quei preziosi 700 euro per poter pagare l’affitto in un piccolo appartamento oltre la fermata della metro Battistini, che condivide con suo figlio da quando è tornato a vivere con lui dopo l’affido ai servizi sociali.
Sia Giulio sia sua moglie erano schiavi della droga tanto che ella è morta di overdose ed egli ha trascorso cinque anni in una comunità di recupero alle porte della capitale. Nelle giornate scandite tra preghiera e lavoro ha imparato a suonare la chitarra. Oggi, a chi lo incontra alla stazione Valle Aurelia verso l’ora di pranzo a suonare con un berretto appoggiato rovesciato ai suoi piedi e ha il dono di scambiarci due parole, confida: “La chitarra è come una piccola melodia, l’insieme di piccole semplici note che cercano di creare armonia tra me e la vita”. Ma questo, suo figlio, non lo sa.
Ho conosciuto Giulio ieri mattina. Ero alla stazione dove suona. Il giornalaio era chiuso e la macchinetta elettronica accettava solo monete. Nè banconote da cinque euro né carte: non avevo modo di fare il biglietto della metropolitana. Io, straniero di quella zona, non sapevo come muovermi alla ricerca del giornaliero, allora mi sono avvicinato a lui e gli ho chiesto se sapeva indicarmi un rivenditore. Dal mio accento poco romanesco ha subito intuito il mio essere forestiero. Mi ha detto che neanche lui conosceva bene l’area vivendo in un altro quartiere. Tenendo la chitarra dietro le spalle, si è chinato e ha sollevato due euro dal suo berretto.
Al mio dire di no a questo gesto mi ha scrutato con sguardo provocatorio, ha interrotto le mie parole e ha ribattuto: “Mio figlio non sa che la mattina, mentre lui è a scuola, io vengo qui a suonare per racimolare qualche spicciolo per rendere più degna la sua vita. Eppure finche potrò, verrò qui. Sono stato uno stronzo, ho speso tutto in droga.” A queste parole, in totale imbarazzo, ho fatto per riporre i due euro a terra. Con movimento deciso Giulio li ha ripresi e porgendomeli ha esclamato: “Grazie, basta dire questo.”
Qualcuno l’ha salvato dalla droga. Giulio ha deciso di fidarsi dell’altro e, gioioso, ha ripreso a suonare.
Luca Lazzari
L’ottimista crede negli altri e il pessimista solo in se stesso – (Gilbert Keith Chesterton)