1 Agosto 2015 | Vorrei, quindi scrivo
Quando ammiriamo delle opere d’arte, visitando un museo, e ci stupiamo di fronte alla loro bellezza, molto spesso pensiamo che non saremmo mai in grado di replicare la perfezione che abbiamo davanti agli occhi. Proprio questo ci colpisce: le sfumature di un dipinto o la linea di una scultura si mostrano sempre nuove, pronte a raccontare la loro stessa storia a migliaia di persone, ma in modo diverso, suscitando continuamente nuove emozioni.
Forse una delle cose a cui non pensiamo quando osserviamo un’opera d’arte è quanto lavoro ci sia dietro al mantenimento di essa: è solo grazie alle opere di restauro che oggi si possono ammirare i più grandi capolavori artistici come se fossero stati appena realizzati. Il restauro è infatti “il momento metodologico del riconoscimento dell’opera d’arte, nella sua consistenza fisica e nella sua duplice polarità estetica e storica, in vista della trasmissione al futuro” come affermava Cesare Brandi, storico d’arte del Novecento.
L’opera di restauro è un processo sempre molto complesso: esso avviene solo dopo un attento studio del periodo storico-artistico in cui è stata realizzata l’opera, che serve per capire la sua funzione o il perché della sua creazione e il modo in cui è stata realizzata. A questo studio segue sempre un’attenta analisi dei materiali che la compongono e, tramite la tecnologia, spesso si riescono ad individuare velocemente le parti dell’opera che sono state maggiormente danneggiate e come essa appariva subito dopo i precedenti restauri. Ad esempio nel restauro della Cappella Sistina, avvenuto durante il Novecento, quest’analisi iniziale è servita a capire come sgrassare la superficie degli affreschi, rovinati dalla polvere, dal calore e dall’umidità, in modo da far riacquistare grande lucentezza al capolavoro di Michelangelo.
I restauratori devono anche raccogliere testimonianze da chi ha compiuto i precedenti restauri per conoscere come sono stati svolti i lavori, e solo dopo questo lungo processo di studio e analisi scientifica dell’opera può avere inizio la parte operativa.
Per restaurare spesso si utilizzano specifici laser o soluzioni chimiche in grado di rimuovere gli strati di sporcizia o gli incrostamenti senza rovinare i materiali di cui sono composte le opere d’arte. Così è stato fatto ad esempio con il David di Donatello, che è stato restaurato tra il 2007 e il 2008 ed ha fatto riemergere abbondanti tracce della sua doratura originale. Un’altra tra le moltissime tecniche utilizzate nel restauro è quella della nebulizzazione, che ha permesso la conclusione del primo ciclo di restauro del Colosseo nell’estate del 2014. Essa consiste nel separare il liquido utilizzato (acqua a temperatura ambiente nel caso del Colosseo) in piccole gocce, ad esempio costringendo il getto d’acqua a passare attraverso la sezione di un piccolo tubo. Ciò ha permesso di rimuovere i depositi neri, causati dallo smog, sulla facciata del Colosseo.
“Sebbene il restauro debba essere impostato ed eseguito con regole e canoni scientifici, il rapporto con l’opera d’arte spesso va oltre la conoscenza tecnica e si instaura un feeling che, almeno per me, dura a lungo. È molto difficile spiegare i sentimenti che si provano quando si è di fronte a un capolavoro, alla grande responsabilità che si sente, si unisce il privilegio di toccare quello che ha creato l’Artista, si possono immaginare le sensazioni che egli ha provato.” Queste le parole di Maria Ludovica Nicolai, intervistata dopo il restauro della statua di San Ludovico da Tolosa nel Museo di Santa Croce a Firenze, dalle quali emerge il grande studio dell’esperta che la porta quasi a fondersi con l’opera stessa.
Restaurare un bene artistico significa quindi non solo analizzarlo dal punto di vista scientifico per cercare di conservarlo, ma avere anche quella sensibilità che consenta di capire l’importanza del lavoro che si sta svolgendo, cioè di proteggere e dare importanza a qualsiasi tipo di cultura.
“Oltre a pazienza e sensibilità, ci vuole una grande energia fisica, oltre a curiosità e tenacia, ci vuole senso pratico. Ma il filo conduttore deve essere una profonda passione che ti fa battere il cuore ogni volta che sei da solo di fronte ad un capolavoro.” (Maria Ludovica Nicolai)
Gabriele Arciuolo
9 Marzo 2015 | Vorrei, quindi scrivo
Guido non capiva il motivo per cui si trovava lì dentro. Era stordito ed allo stesso tempo sbalordito. Durante l’aggressione qualcosa era andato storto. Ah, forse ricordava! Erano stati i vicini a fregarli! Dovevano aver sentito le loro minacce, le urla delle vittime e poi lo sparo. Che stupidi erano stati a fidarsi di Giovanni! Era certo che non avrebbe resistito più di cinque minuti con quella pistola in mano senza sparare, ma gli altri la pensavano diversamente. E adesso si ritrovava in cella insieme a quel cretino!
Guido ripercorse rapidamente ciò che era accaduto quel giorno di settembre: aveva salutato la madre, che lo aveva ospitato per la notte, aveva incontrato gli altri al bar verso le sei e poi erano partiti. Con i soldi rubati avrebbe finalmente risolto i suoi problemi economici, e la casa dei Barletta era quella perfetta per un furto: i due coniugi infatti erano ricchi ed anziani, quindi anche facilmente minacciabili. I due vivevano in un appartamento in centro, poco distanti dal bar.
Quando erano entrati in casa e avevano svegliato le vittime, i due vecchietti erano quasi morti per lo spavento. La signora Barletta, mentre la legavano, continuava a pregarli di non fare del male a suo marito. Svuotata la cassaforte sembrava che il piano stesse per essere concluso alla perfezione, ma ad un tratto i ladri avevano sentito uno sparo. Giovanni aveva perso la sua già esigua dose di pazienza quando il signor Barletta aveva gridato per cercare aiuto dai vicini. Un colpo secco ed egli era crollato a terra privo di vita.
Quello che era successo dopo forse era ancora peggio. I vicini avevano chiamato la polizia e durante lo scontro Giovanni era stato ferito e Guido stordito da un colpo alla testa. Poi erano stati arrestati. Gli altri erano riusciti a scappare.
La cella fece ricordare a Guido dove aveva conosciuto gli altri: l’osteria. Sporca e mal illuminata, era spesso teatro di affari loschi e di riunioni tra malviventi. Ci era entrato per la prima volta alla ricerca di qualcuno che organizzasse furti, costretto dalla povertà e dalle gravi condizioni di salute dello zio, che richiedevano cure molto costose. Ne era uscito con qualche livido ed un appuntamento, durante il quale aveva conosciuto gli altri componenti di quella che sarebbe stata la sua banda.
Guido sapeva bene che non sarebbe uscito presto dalla galera, e che ormai i soldi non contavano più nulla. Inoltre non riusciva a togliersi dalla mente l’orribile immagine del signor Barletta e della moglie, svenuta subito dopo l’accaduto.
Ad un tratto la porta della cella si aprì e Guido fu accompagnato in un locale dove gli dissero che avrebbe incontrato una persona. Pochi minuti dopo un’altra porta si aprì e apparve la signora Barletta. Si avvicinò, si sedette di fronte a lui e iniziò a raccontargli una storia. La sua storia. E quella del marito. Guido avrebbe voluto non sentire nulla e scappare, ma si accorse immediatamente di non poter interrompere la signora. Non riusciva a muoversi. Non riusciva a comunicare con la signora. Avrebbe voluto dirle che gli dispiaceva e che lui lo aveva fatto solo per i soldi, ma non riuscì ad articolare una parola. Era come se fosse seduto davanti ad uno schermo e non potesse cambiare nulla di ciò che succedeva.
Finalmente si svegliò. Aveva urlato e stava mordendo le lenzuola. Aveva le lacrime agli occhi.
“Guido! Cosa è successo, caro?” gli chiese la madre, che per lo spavento era corsa di sopra, nella sua vecchia camera.
“Nulla mamma, soltanto un incubo. Scusa se ti ho svegliato.”
In quel momento la sveglia di Guido suonò. Lui guardò l’orologio: segnava le cinque del mattino.
“Tranquillo caro. Ti devo preparare la colazione in fretta, perché tra un’ora hai appuntamento con i tuoi amici, non è così?”.
A Guido venne la pelle d’oca. “E con chi?”
“Come con chi? Con i ragazzi che hai conosciuto in centro, in quell’osteria! Me l’hai raccontato mille volte in questi giorni!”
“Ma dove?”
“A New York! Guido, sveglia! Vai in gita in campagna con i tuoi amici! Hai anche lo zaino pronto di sotto!”
“Si certo mamma, scusami, mi preparo in un secondo”.
Appena uscì di casa, Guido guardò il cielo, che non tradiva le previsioni di una bellissima giornata di sole.
Tutto quello che aveva sognato di certo aveva un senso. Un lieve soffio di vento lo fece sentire rinato, come nuovo. Non avrebbe più commesso certi errori. Si incamminò lungo il viale, pronto a godersi una frizzante giornata di settembre.
Lo stesso giorno, una telefonata anonima segnalò alla stazione di polizia della città un furto a casa dei Barletta, previsto per le sei del mattino. Inizialmente i poliziotti credettero che fosse uno scherzo, ma quando controllarono per sicurezza il quartiere dei Barletta, trovarono quattro ladri incappucciati pronti ad entrare nell’appartamento dei vecchi nobili. Tra gli arrestati ci fu anche il criminale Giovanni Bunno, pluriomicida.
Gabriele Arciuolo
13 Novembre 2014 | Vorrei, quindi scrivo
Dentro l’aria sporca il tuo sorriso controvento Il cielo su Torino sembra muoversi al tuo fianco (Il cielo su Torino – Subsonica)
Nato e cresciuto a Torino non mi sono forse mai veramente soffermato ad osservarla, mai mi sono fermato a seguirne con lo sguardo le sue fattezze, mai mi sono stupito guardandone il cielo in un giorno d’estate e mai mi sono realmente interrogato su come, non sempre per il meglio in realtà, proceda la sua vita.
Eppure questa mattina qualcuno, un po’ per campanilismo provinciale e un po’ a causa delle nuvole che ci perseguitano da giorni, mi ha stuzzicato la fantasia facendomi notare quanto il cielo su Torino fosse grigio in questa giornata di inizio novembre.
Così, come spesso accade, da una banale osservazione è cominciata questa mia riflessione sulla mia, sulla nostra, città, spesso etichettata come grigia, spenta e industriale ma altrettanto spesso capace di stupire, incantare e ammaliare.
Nella vita di ogni giorno si è abituati a veder le cose, i luoghi e gli stessi avvenimenti quotidiani sempre e solo da un punto di vista, a non fare nemmeno più caso a ciò che ci offre un panorama solo perché lo si è visto ogni giorno da venti anni, a dare per scontato che tutto rimarrà sempre così come si presenta solo perché è sempre stato lì dacché la memoria ci sovviene.
Ho quindi pensato a come questa Città, erta a specchio della realtà che ci circonda, sia capace di svegliarci e di farci apprezzare sue peculiarità in ombra, rivelandosi, ad un occhio attento, un ricettacolo di buoni propositi, di spunti per la vita quotidiana e di darci la voglia di tentare di stravolgere i nostri soliti stereotipi, scoprendo nuovi stimoli, abitudine che ormai tanti si sono stancati di praticare.
Al di là delle attrazioni più turistiche che ormai si moltiplicano da qualche anno a questa parte in città, mi sono domandato come ci si possa non stupire della bellezza di una camminata lungo il Po, delle emozioni che ci accende una partita a pallone al Valentino con gli amici, della vista mozzafiato che si può osservare dalla mole o da Superga nelle giornate più terse, del referenzialismo che suscita la salita lungo la scalinata della chiesa Gran Madre o della sensazione di libertà che provoca attraversare in una limpida giornata invernale piazza San Carlo. Ma mi sono trovato anche a pensare agli scorci più controversi della città e a trovare, in ognuno di loro, uno spunto di riflessione.
Dal nuovo skyline del quartiere Cit Turin dettato dal vetro di Porta Susa e del grattacielo Intesa-San Paolo ai larghi viali di periferia, dalla nebbia bassa sulle montagne in lontananza alle nuvole basse nei parchi all’imbrunire d’inverno tutto può stupire un animo aperto a ciò che lo circonda.
E dunque è qui che vuole giungere la mia riflessione: incuriosirsi e stupirsi.
Lo stupore è il fondamento su cui si basa tutto. Dalle più piccole azioni giornaliere alle più grandi scoperte della scienza, tutto si è sempre basato sulla curiosità.
Da buon studente di medicina il mio pensiero non può che andare alla scienza e a quelle scoperte che hanno cambiato il mondo grazie a manipolo di visionari che ha saputo perseverare nella ricerca dei propri sogni e che infine, spinto dalla voglia di stupire e di stupirsi, ha raggiunto il proprio obbiettivo. Come loro io non posso che esortare a cercare in tutto ciò che ci circonda, a partire dalle più comuni esperienze quotidiane, qualcosa di cui stupirsi, qualcosa per cui dire “toh, non avevo mai notato che fosse così bello”, qualcosa per cui emozionarsi. E dunque perché non provare a cominciare proprio dalla propria città o, se non siete di Torino, proprio da una visita al capoluogo sabaudo? Vi potrebbe Stupire.
Pietro Fronda
22 Ottobre 2014 | Sponsor
Dal 1977 ci occupiamo di cancelleria per ufficio e riproduzione disegni. Nel corso degli anni abbiamo seguito l’evoluzione tecnologica nella stampa digitale, rendendoci protagonisti in questo
settore.
In via Sacco 5 e via Vanzetti 7, Cuneo
info@tuttufficio-cn.it
http://www.tuttufficio-cn.it/
17 Settembre 2014 | Vorrei, quindi scrivo
A cosa serviranno gli occhiali tra qualche anno? Di certo sempre a migliorare la vista. Ma lo sviluppo tecnologico ormai ha raggiunto risultati inimmaginabili, e può ancora stupirci. Ad esempio con la realizzazione di occhiali che servono anche a risolvere i difetti della vista. Ma non solo. Google Inc. ha infatti cominciato da tempo la progettazione e la realizzazione di occhiali a “realtà aumentata”, cioè occhiali capaci di arricchire la nostra percezione sensoriale tramite informazioni, generalmente elaborate elettronicamente, che con i nostri sensi non saremmo in grado di cogliere. Più semplicemente, questi “google glasses” sono in grado di cambiare il modo in cui ci relazioniamo con la realtà che ci circonda, grazie alle numerose funzioni che offrono. Gli occhiali, se connessi ad una rete wifi, si comandano tramite la nostra voce e/o tramite un piccolo touchpad inserito sul lato destro che, riconoscendo quattro semplici movimenti delle dita, permette di muoversi attraverso il menù principale. Con i Google Glass si può navigare in Internet, leggere notizie online, utilizzare i social networks, ricevere e mandare messaggi, chiamare i nostri amici, scattare foto e registrare video, condividere contenuti su canali sociali, utilizzare Google Maps come navigatore, tradurre testi e farsi suggerire le pronunce di frasi in altre lingue. E molto altro ancora. Solamente con la nostra voce si può chiedere agli occhiali di farci ascoltare i nostri brani preferiti, di suggerirci una ricetta speciale, di indicarci quale esercizi fisici eseguire per rimanere in forma, di trovare informazioni su aerei, treni e servizi metropolitani, di prendere note e ricordarci dei nostri impegni più importanti.
Gli occhiali sono costituiti di una montatura dal telaio resistente e da naselli regolari, che si adattano ad ogni tipo di viso. Il display a prisma sulla montatura proietta le immagini ad alta definizione sulla retina dell’utilizzatore, come se si trovasse a due metri da uno schermo di venticinque pollici fluttuante in aria. Essi sono dotati di una connettività wifi e bluetooth, di una macchina fotografica da 5 megapixel capace di girare video a 720p, oltre che di un comparto audio a conduzione ossea (il suono viene propagato dalla montatura attraverso le ossa del cranio dell’utilizzatore fino al suo timpano, in modo che solo lui senta cosa dicono gli occhiali). Il peso della montatura (senza lenti) è di 43 grammi. Questi occhiali sono acquistabili solo negli USA e nel Regno Unito al momento, al costo di 1000 euro circa, ma Google ha annunciato la loro commercializzazione mondiale per la fine del 2014. Google inoltre ha inizialmente fornito ad alcuni sviluppatori americani e vip la versione “Explorer” degli occhiali, una versione di prova senza tutte le possibili applicazioni future e con più di qualche difetto. Inoltre il colosso informatico americano ha stretto accordi con l’azienda italiana Luxottica che creerà i primi occhiali con lenti da vista, con la tecnologia dei Google Glass, unendola ad esempio al design dei Rayban.
Tralasciando i possibili problemi di privacy che questi occhiali futuristici potrebbero creare, si aspetta con grande ansia la commercializzazione mondiale del modello definitivo dei Google Glass, con la speranza che siano meno costosi e facili da utilizzare.
Gabriele Arciuolo