14 Marzo 2017 | Si può fare
Sempre fedele all’idea di imprenditorialità che vogliamo dare a questa rubrica, dopo l’intervista a Domenico Giraudo che troverete nell’ottavo numero di 1000miglia, mi sono informato sulle realtà di impresa presenti nel nostro territorio, anche perché è bene avere conoscenza sia del mercato locale, sia dei possibili concorrenti. Per cui ho svolto una piccola ricerca su internet e le mie risposte di per se non sono state trovate. Ne ho trovate molte altre, molto tecniche, probabilmente non so dove cercare o non sono abbastanza competente per trarre queste informazioni da grafici e tabelle. Sta di fatto che nel mio navigare mi imbatto nella camera di commercio di Cuneo e nelle sua relazione annuale 2016. Devo ammettere che, davvero, sarà che il mondo delle aziende non è vicino al mio, non avevo presente il numero delle aziende nella nostra provincia, né il valore dei prodotti in euro di import ed export con il resto del mondo. Parliamo di 7 miliardi di euro che arrivano anche da oltre oceano, una cifra che non mi aspettavo. Allo stesso modo mi sorpresi nel vedere che il tasso di disoccupati in provincia è attorno al 5.3 %, il più basso tra le provincie di tutto il Piemonte, mentre il peso della crisi economica del 2009 è ben descritto dal seguente grafico qui riportato: una fossa delle Marianne a due dimensioni. La tristezza di questo grafico si somma a quello a torta di qualche pagina dopo in cui si descrive la percentuale di imprese registrate da giovani ancora attive sul mercato, pari al 9.5 % sul totale.
Comunque, invitandovi a dare una occhiata al link nella didascalia, non essendo un economo, non voglio continuare questa gioco di percentuali e numeri sulla nostra ex-provincia, anzi, concentro la vostra attenzione su un altro report più intrigante della camera di commercio, ossia un documento che spiega come diventare imprenditori. Scovato a caso esplorando il loro sito, questo summit cerca di aprire la strada a nuovi imprenditori, fornendo loro gli spunti di ricerca per informarsi a livello burocratico e amministrativo su come gestire una azienda. Devo dire che è un documento ben redatto, il cui contenuto, per una persona che non conosce l’ambiente, è ben sviluppato e chiaro, tanto da presentare l’indice psicologico e caratteriale che deve possedere chi ha l’intenzione di mettersi in proprio. Esiste pure un test per verificare quanto sei imprenditore, il test DELFI, a cui si consiglia esecuzione dopo avere fatto mente locale e risposto ad alcune domande di autodiagnosi, le quali legate principalmente alla motivazione, pazienza e all’ attitudine del soggetto. Devo dire, che se da un lato scorgo l’immensa utilità di questo documento, dall’altro mi rendo conto che una volta questi strumenti non ce li avevano e che, quindi, il concetto di farsi da sé sta morendo piano piano. Avere le istruzioni per l’uso facilita la vita, ma non ti rende pronto agli imprevisti e, di conseguenza, non ti permette di crescere e far crescere una azienda. Ovviamente ognuno è diverso, come lo sono i nostri tempi; potrebbe anche essere che l’esperienza maturata dopo l’avvio di una impresa grazie a questo testo sia sufficiente e che la mia analisi sia troppo negativa. Sta di fatto che non riesco a togliermi il sentimento che questo summit sia stato scritto più come incentivo ai giovani che come aiuto, abituati come siamo ad avere tutto pronto. In fondo se si avesse davvero voglia di mettersi in proprio si cercherebbero queste informazioni da soli, in fondo la virtù di un imprenditore non è anche la pazienza?
Qui sotto troverete il link dove potrete visionare il fatidico documento Mettersi in proprio presente nel sito della camera di commercio di Cuneo, il quale vi consiglia, come facciamo anche noi, di appoggiarvi ad incubatori di impresa per la realizzazione dei vostri sogni imprenditoriali, dopo una attenta ricerca autonoma ovviamente. Grazie per l’attenzione e buona lettura!
https://www.cn.camcom.gov.it/sites/default/files/uploads/documents/Crediti_agevolati/manuali/Mettersi_in_proprio_25_11_14.pdf
12 Febbraio 2017 | Si può fare
Secondo voi una torta di mele è più buona se cotta a 150 °C per un ‘ora o 300 °C in mezz’ora? So bene che non potete rispondermi e se poteste farlo mi guardereste come per dire ” è evidente, che domande fai? “, ma con la fretta che questa società ci impone non mi meraviglio se qualcuno possa anche rispondere ” per mezz’ora così la mangio subito”. Beh, sia chiaro che la risposta esatta è a 150°C, non si deve mettere fretta alle cose buone. Comincio ad aver paura che, però, non si sappia più fare una torta come non si sappia più aspettare. ” Se hai internet veloce puoi avere tutto dalla vita, se non ce l’hai sei un fallito” e ce lo dimostrano le star delle pubblicità dei gestori telefonici. Io dico che quei falliti con internet lento, invece che perdere tempo con serie tv, si metteranno a guardare le nuvole o se sono fortunati le stelle. Dopo di che, potranno osservare la natura, capire che ogni cosa ha il suo tempo (compreso le torte) ed apprendere che solo nella collaborazione si può emergere dalle situazioni di crisi. Sembra un discorso campato per aria, anzi osservare la natura a primo avviso li etichetta come fannulloni, ma fidatevi che tutto ciò un senso ce l’ha ed è molto più rilevante nella vita di tutti noi di quanto lo sia questo incipit. Tutta questa velocità di ottenere ed avere ci ha fatto perdere dei valori fondamentali, che hanno reso la nostra economia incapace di durare nel tempo. Martin Reeves, stratega finanziario, ed il biologo matematico Simon Levin hanno riscontrato, studiando diversi habitat e strategie di sopravvivenza di diverse specie (soprattutto il sistema immunitario), come nell’economia attuale manchino 6 diverse qualità che possono permettere la sopravvivenza di una azienda in questo mercato globale instabile. Dimostrando con grafici come statisticamente 2 aziende su 3 muoiano entro cinque anni, Reeves e Levin sostengono in un TED talking che per far vivere una azienda almeno 100 anni si debba costruirla con queste basi:
- Ridondanza (produrre tanto)
- Diversità (non tutte le uova in un solo paniere)
- Prudenza
- Adattabilità nelle situazioni diverse
- Modularità (Interazioni tra le sue parti)
- Incastrabilità
Se prendiamo l’esempio di un coniglio, la loro popolazione viene incrementata costantemente per aumentare le probabilità di sopravvivere; scappano per qualsiasi rumore forte che sentano, senza curarsi di cosa sia; vivono in branchi e quindi collaborano; ci sono diverse razze di conigli selvatici. Sono diversi gli esempi che potrei riportare anche per aziende di oggigiorno, ma vi invito a cliccare sul link sottostante per la conferenza completa sul sito TED a cui attingere maggiori informazioni al riguardo. Come ultimo spunto vi invito a ragionare su questo pensiero: non sarà per caso che le aziende odierne chiudano più in fretta perché figlie di una epoca di velocità e frenesia di avere, lontana dalla natura a differenza di quelle di un tempo?
Continuiamo a cercare di darvi spunto su diventare imprenditori di se stessi e, per lo stesso motivo, continuiamo a consigliarvi di visitare l’acceleratore di impresa PING in piazza Foro Boario a Cuneo, che sicuramente vi potrà dare una mano. Buona giornata a tutti voi e a presto!
https://www.youtube.com/watch?v=l1fodZNF1GI%20
E’ possibile impostare i sottotitoli in inglese per seguire meglio il discorso.
18 Dicembre 2016 | Si può fare
Con grande gioia e stupore vi presento l’intervista a Donatella Marro. La gioia deriva dal suo entusiasmo nel formare i giovani attraverso la Robotica Educativa; lo stupore, invece, dall’eterno bambino che c’è in me e che si sorprende a vedere questi robot-Lego muoversi quando io con i mattoncini faticavo a fare una torre. Per capire di cosa sto parlando leggete l’intervista e il venerdì e sabato pomeriggio affacciatevi da Ping in Piazza Foro Boario a Cuneo dopo le 17.
Vedo pezzi di Lego ovunque, bambini che programmano e assemblano robot. Se devo essere sincero la voglia di mettere le mani su quei mattoncini è pari a quella di sapere da dove nasce questo laboratorio, per cui Donatella raccontaci qualcosa in merito.
Questo è un laboratorio educativo che sfrutta l’opportunità che ci viene data dalla competizione FIRST® LEGO® League come punto di partenza per insegnare ai ragazzini sia a lavorare in gruppo, sia a far crescere in loro una coscienza sociale. Mi spiego meglio: come insegnante da alcuni anni ho seguito più percorsi formativi proposti da “Scuola di Robotica” di Genova. Ci hanno preparato a “fare scuola” con la robotica. La robotica educativa e l’impostazione laboratoriale favoriscono lo sviluppo di competenze perché consentono a bambini e ragazzi di utilizzare le loro conoscenze in contesti di problem solving motivanti e diversificati. Con i miei colleghi Coach formiamo i ragazzi perché siano in grado di programmare ed assemblare un robot in completa autonomia, anche se questo rappresenta solo una parte di ciò che realmente vorremmo trasmettere loro. Attraverso il contest FIRST® LEGO® League li stimoliamo a lavorare in gruppo, a risolvere i problemi e a dividersi i compiti su temi che riguardano il vivere sociale.
In cosa consiste questa competizione?
Ogni anno viene assegnato a livello mondiale un tema generale su cui tutte le squadre iscritte dovranno lavorare per soddisfare le quattro fasi della gara. La prima è una ricerca scientifica dove viene chiesto loro di informarsi sul proprio territorio riguardo il problema sociale da trattare e cercare di proporre delle soluzioni, che siano di natura tecnica o di sensibilizzazione sociale. La seconda è una dimostrazione di conoscenze da parte dei ragazzi su come hanno programmato e assemblato il robot-Lego per la quarta fase di gioco, un percorso in cui la loro macchina dotata di sensori verrà testata nello svolgere azioni ben precise sul campo di gara, secondo le regole della competizione mondiale. La terza, invece, è una manche al buio, nel senso che sarà detto loro cosa fare sul momento, dove dovranno dimostrare di affrontare il compito assegnato con spirito di gruppo, senza che uno solo svolga tutto il lavoro e gli altri restino a guardare. Vorrei precisare che l’obiettivo di questo laboratorio non consiste nella vittoria in questa competizione, ma nella sensibilizzazione dei ragazzi a temi ambientali-sociali e nella stimolazione delle potenzialità dei singoli ragazzi, che può divenire un trampolino anche per giovani un po’ più introversi. Non avrei accettato di partecipare se la gara fosse basata solo sulla costruzione e programmazione di robot.
Potresti farci un esempio di tema?
Qualche anno fa il tema scelto dai giudici fu World Class; i ragazzi dovevano trovare una soluzione innovativa che permetta l’apprendimento da parte di altri coetanei e, perché no, adulti delle conoscenze sull’argomento scelto. In particolare le nostre due squadre cittadine da noi Coach seguite hanno proposto il commercio mondiale legato allo scambio di beni. Per far conoscere le regole del mercato globale, i ragazzi prima fecero delle ricerche, anche intervistando persone informate sull’argomento, poi crearono due giochi da tavola, nel quale la banca centrale distribuiva determinate componenti di un assemblato totale agli Stati partecipanti in base alla loro potenza economica internazionale. Pezzi strategici a paesi potenti e componenti di basso livello a paesi in via di sviluppo. L’obiettivo del gioco era relazionarsi tra Paesi per poter produrre l’assemblato totale secondo le regole dettate dalla banca, che variavano durante la durata del gioco. Era bellissimo vedere i ragazzi comprendere i problemi, gli assetti di potere dell’economia attuale e risolverli con collaborazioni ed accordi. Tutto ciò per far comprendere gli scambi commerciali in maniera semplice e divertente ed evidenziando, purtroppo, la realtà di oggigiorno.
Adesso grazie agli spazi che vi offre Ping, oltre a portare avanti il laboratorio FLL, volete ampliare il vostro raggio d’azione giusto?
I laboratori educativi che verranno attuati in questo Centro proporranno attività ludiche di gioco creativo e dove la robotica educativa diviene ambiente di apprendimento interdisciplinare. Stiamo lavorando per presentare laboratori per bimbi dai 5/6 anni in su sempre con l’utilizzo di robot-Lego, , la robotica creativa, il coding. Abbiamo dei progetti in mente, anche legati all’animazione e ai videogiochi attraverso software di programmazione Scratch. Vogliamo stimolare i giovani e ci proveremo. Inoltre proporremo altri corsi per insegnare a programmare Arduino e scoprire le sue potenzialità. Collaboreranno anche “Make in Granda” con corsi per l’utilizzo di stampanti 3D.
3 Dicembre 2016 | Si può fare
Se Maometto non va alla montagna, la montagna va da Maometto. In questo caso, se i soldi di per realizzare un’idea non arrivano da banche o investitori, li si possono chiedere ai diretti interessati.
Questa è la filosofia del crowdfunding, attraverso il quale si possono proporre un progetti, idee da realizzare su siti specializzati, dove chiunque può sostenerli economicamente con pochi click, ottenendo in cambio un regalo proporzionale alla donazione. Di sicuro le idee non mancano, anche di quelle bizzarre devo dire, basta navigare su alcuni dei siti più famosi. C’è chi vuole raccogliere denaro per combattere Donald Trump o insegnare educazione sessuale con strani disegni fallici. Sta di fatto che dopo un po’ che si naviga si ci incomincia a chiedere: “Per quale motivo qualcuno dovrebbe donare questi soldi?”. Ho osservato le proposte, catalogate in tematiche, prima quelle italiane e poi quelle tratte da siti internazionali come Kickstarter e Indiegogo. La verità è che il crowdfunding è diventato uno strumento di vendita innovativo, un mercato di prova, dove si vende il proprio prodotto e si sonda i gusti delle persone. In generale, almeno per i siti internazionali, più che credere nell’idea, la si compra già realizzata. Se piace, si dimostra agli investitori bancari che può avere un business e si incomincia la produzione in massa. Per cui, intraprendere una campagna di crowdfunding non è banale, non lo si può fare da un giorno all’altro. Lo dimostrano quelle campagne che hanno già realizzato i loro prototipi e sono accompagnate dal sostegno di diversi enti e aziende. Vorrei mettere in mostra il caso di Morpher, un casco retrattile, inventato da Jeff Woolf dopo due anni di duro lavoro. Lanciando il suo prodotto e motivandolo, come potrete vedere anche voi cliccando su questo link https://www.indiegogo.com/projects/morpher-folding-helmet-technology-bicycle–3#/, è riuscito non solo a finanziare il prototipo, ma ha anche trasformato la sua campagna in un e-commerce direttamente dal sito di lancio.
Bisogna dire che in America questo tipo di investimento sul genere high-tech è molto più sentito che in Italia. Se si confrontano i siti italiani con quelli esteri si nota una differenza di gusti nella popolazione e nelle attività. Sono poche le proposte tecnologiche e tante quelle artistiche ed editoriali. Questo, però, non significa che non ci siano e non siano finanziate, infatti porto l’ulteriore esempio del progetto Remembrella, un ombrello smart collegabile al cellulare che ti permette, tra le tante funzioni, di non dimenticarlo in giro. Il cellulare ti avvisa quando ti sei allontanato dall’ombrello e ti indica dove lo hai dimenticato. Potrete trovarlo su https://www.eppela.com/it/projects/10600-remembrella-the-smart-umbrella. Sono rimasto sorpreso dal fatto che anche piccole realtà italiane propongono idee per rivoluzionare le loro città con progetti sociali che gli stessi comuni finanziano. Eppela è uno dei promotori italiani di crowdfunding più seguiti, che presenta una categoria apposita per questi tipo di iniziative, non presente in altri siti internazionali. Inoltre, sono moltissime i progetti di solidarietà, anche se non sempre finanziati a dovere. Questo non è un caso anomalo, in tutti i siti che ho visitato la tendenza al raggiungimento degli obiettivi è più alta su proposte tecnologiche che sociali ed il perché è molto semplice, i primi assicurano un oggetto reale come premio, mentre nelle seconde si tratta quasi sempre di una vera e propria donazione. Il materialismo fa parte dell’animo umano ed è radicato nel consumismo, io stesso sarei più tentato di investire, anziché donare. Nonostante ciò, i progetti sociali e culturali che più riescono ad attrarre ed incuriosire riescono comunque a raggiungere l’obbiettivo fissato, spesso anche grazie ad interventi di cofinanziamento, attuati dai partner delle varie piattaforme, che premiano e accelerano o incubano le migliori idee non solo in ambito socio-culturale, ma anche tecnologico.
Eppela, durante la nostra campagna di crowdfunding, ci ha spiegato che il successo del finanziamento si basa su lanciare la campagna già con assicurati un bacino di investitori. Si parla di conoscenti, parenti anche perché molti dei progetti sono di natura locale. Inoltre è fondamentale raggiungere da subito almeno la metà della cifra richiesta nei primi giorni, così da potersi assicurare un visibilità maggiore sulle prime pagine dei siti. Il tutto deve essere accompagnato da una campagna pubblicitaria strutturata sia online che per la strada, anche tramite eventi, per cercare di diffondere la raccolta fondi a più persone possibili.
Infine l’ipotesi crowdfunding è rivolta a chi vorrebbe mettersi in gioco e sviluppare la propria idea di impresa. Esso rappresenta uno strumento reale ma che non deve essere sprecato, in quanto non è possibile proporre due volte la stessa iniziativa tramite la stessa piattaforma. Il crowdfunding non deve essere lanciato per finanziare le prime fasi di sviluppo, ma dovrà essere sfruttato per mostrare la propria idea e finanziare le successive fasi della propria startup. A chi vuole finanziare un evento culturale o un progetto sociale conviene innanzitutto lavorare sul territorio e sulle proprie conoscenze, per raggruppare investitori e successivamente lanciare la campagna assicurando di avere già in tasca più della metà dei soldi richiesti.
22 Novembre 2016 | Senza categoria, Vorrei, quindi scrivo
Intervista a Elena Varvelli
Sabato ore 15.30, incontro di scrittori in città dal titolo ” I nomi dei padri”, dove tre scrittori, Andrea Cisi, Pietro Grossi e Elena Varvelli, hanno raccontato la forza motrice che li ha spinti a scrivere le loro nuove opere, ossia la necessità di filtrare e valutare il rapporto con i loro padri. Questa valutazione la riflettono nei loro personaggi e la offrono al pubblico come spunto per compiere lo stesso viaggio nella loro memoria. Elena Varvelli propone cosi a scrittori in città la vita felice, il suo ultimo romanzo.
Il dissidio padre-figlio è un tema che rimarrà sempre aperto ed è legato a filo doppio dal contesto socio-culturale in cui si è vissuti. Secondo lei, da cosa è derivata questa esigenza di riavvicinamento nei confronti del proprio padre?
La verità è che scriviamo questi libri per cercare questa risposta. Ciascuno di noi cerca di scappare dalla figura paterna, di andarsene il più lontano possibile fino ad un certo punto della vita. Poi arriva il momento in cui si ci rivolge al passato e si ci pone delle domande, domande che non ci saremmo mai posti prima in questo fuggire. Io ed Elia, il protagonista del mio libro, abbiamo vissuto la stessa esperienza; il paese in cui vive Elia si chiama Ponte ed il riferimento non è casuale, c’è sempre un ponte invisibile che collega padre e figlio. Come si ci può allontanare da una sponda, si può allo stesso modo tornare indietro. In quanto al perché di questo ritorno la risposta probabilmente la troverò scrivendo.
Oggigiorno la figura del padre si è evoluta rispetto a quella del passato, il padre moderno è quello che si prendere cura del figlio e cerca di instaurare un dialogo con lui. In tutto ciò, non si sta un po’ perdendo il ruolo chiave di maestro che, quando è necessario, rimprovera l’alunno?
Questo è un problema moderno; è un momento di grande smarrimento per i padri, che si sono abbandonati più morbidamente ad un ruolo di accudimento, di vicinanza, ma che sentono che questa vicinanza sottrae qualcosa al loro ruolo di maestro. Allo stesso modo si perdono i figli che vagano senza confini. La mia impressione è che questo, comunque, sia un periodo di passaggio necessario per l’apprendimento di nuove forme di dialogo nelle famiglie e porta, come ogni fase di passaggio, sbigottimento e tramortimento.
Ultimissima domanda, cosa consiglierebbe ad un ragazzo che si vorrebbe affacciare al mondo della scrittura?
Di scrivere senza l’esigenza di pubblicare il prima possibile. Non si scrive per se stessi, ovviamente, ma neanche per gli altri. Inoltre non bisogna avere paura dei conflitti, la letteratura è conflitto, bisogna essere un po’ sadici rispetto ai propri personaggi e metterli nei guai per tirare fuori le loro paure, che in fin dei conti sono quelle di chi scrive.