Nel paese delle mosche che fanno finta d’essere morte
Oggi è stata una bella giornata per guardare le ombre delle nuvole.
Oggi è stata una bella giornata per guardare le ombre delle nuvole.
Chissà dove si nasconde la felicità qua?
E se qualcuno l’avesse trovata e messa al sicuro…
E se non esistesse o, peggio ancora, e se fosse intrappolata da qualche parte come una molecola d’ossigeno nell’acqua e che scivolasse via ogni qual volta che tentiamo di afferrarla?
Succede che ogni tanto, in qualsiasi posto, seduta o in piedi, mi assale il desiderio improvviso di premere il pulsante e scattare. Una semplice macchinetta bianca che sforna “quadretti impressionistici” di dimensioni tascabili. È constatabile che per poter realizzare una foto come si deve bisogna conoscere molte nozioni tecniche, ma quando si parla di Polaroid ciò che conta è fidarsi della casualità delle coincidenze: si potrebbe parlare, in tal senso, di pura intuizione. Basta un movimento del braccio e… “Click” – Il rumore che produce la pellicola nel momento in cui passa tra i rulli è come un silenzio che vibra all’infinito.
Il mio nome non esprime chi sono, non parla di me, mi soffoca; un’anima abbandonata che non vuole far altro che sentirsi libera, senza doveri o obblighi morali… Libera o abbandonata, che cosa cambia poi? Un pesce in una boccia di cristallo nuota in tondo, ma se lo è già dimenticato. Quel poverino manco ha un nome, si limita a nuotare, a prescindere dal significato, da cosa vuol dire, dal suo destino, dal suo passato. Vive al secondo, in una boccia, ma tanto lui mica sa che c’è un mondo al di fuori. Povero pesciolino, costretto a nuotare all’infinito in una sorta di castigo involontario. Ma cosa ne può lui se è nato pesce?