Potere, volere e dovere sono i tre verbi servili della lingua italiana e, insieme a quelli ausiliari, sono i maggiormente utilizzati sia nel linguaggio parlato sia nell’orazione scritta.
Quotidianamente ognuno definisce le proprie azioni e i propri comportamenti attraverso questi tre verbi che indicano la possibilità, la volontà e la necessità. Nell’andirivieni frettoloso di ogni giorno chi non mira a soddisfare i propri bisogni? O a compiere quanto più piace cercando l’occasione giusta?
La grandezza di questi verbi è la loro capacità di mettersi al servizio di altri verbi, supportandoli nel loro significato. Ad esempio, “fare”, il verbo più inflazionato fra tutti, assume differenti significati se preso così per se stesso o accompagnato da un verbo servile: è molto diverso affermare “poter fare”, “voler fare” o “dover fare” da “fare”.
Eppure, se si pensa a come ciascuno trascorre il proprio tempo, l’ansia da prestazione o il correre dietro alle cose imminenti ha trasformato il potenziale di questi verbi da servitori a serviti: si dà sempre più importanza al verbo servile che al verbo che viene accompagnato.
Nella frase “devo fare i compiti” è più importante il verbo “dovere” o il verbo “fare” con il relativo oggetto? Apparentemente, ma è questo che ci passa la scuola e il pensare comune, il verbo “dovere” è molto più importante, tant’è che i giovani di oggi sono più oppressi dal senso del dovere rispetto ai propri antenati. Invece, la parte principale della frase è “fare i compiti”, cioè quell’esperienza che aiuta a crescere e a migliorarci giorno dopo giorno.
Se i verbi servili non sono così importanti, allora perché sono tra i più utilizzati nella lingua italiana?
Nella loro natura primitiva, questi tre verbi nascondevano, e tutt’ora celano, la bellezza capace di muovere ogni uomo dando senso alla sua esistenza terrena: il desiderio. A conferma di questa tendenza, come riportano i dati Istat sui giovani, i giovani di oggi sono la generazione con il minor numero di aspirazioni e desideri e spesso appagati in partenza (dati-giovani.istat.it). Perché? Di certo, si è dato un significato fuorviante e menzognero a questi tre verbi servili tanto che è sempre più diffuso il detto “volere è potere”. Da un lato sono necessarie questa grande forza di volontà e spinta interiore, ma affermare che “volere è potere” è snaturare l’uomo, convincendolo che non debba tenere in considerazione l’altro o gli impedimenti che incontra durante il cammino di propria realizzazione, ma che tutto sia fattibile a partire dalla propria volontà. Ecco che, allora, è possibile distruggere una foresta a scopi propri poiché tutto giustificato dalla volontà e dal compimento ingannevole delle proprie propensioni.
Il desiderio, al contrario, incarna questi tre verbi servili mettendoli al pieno servizio dell’essere umano e della sua pienezza. Volere è essenziale, d’altronde la volontà di ciascuno rappresenta la sua libertà di fronte ad ogni scelta e il suo impegno in ogni decisione. Potere è indispensabile, perché se non si tiene in considerazione l’intorno nel quale si è immersi (compresi se stessi) e i limiti di ogni contesto, come si può prendere una scelta degna dell’uomo come animale sociale che si relaziona con l’altro e con l’ambiente da cui trae il necessario per vivere? Infine dovere è cardinale in quanto mette davanti agli occhi di ciascuno i passi chiave per dare spazio alla propria natura e questo implica degli sforzi che solo attraverso un passaggio obbligato, quale è il dovere, possono essere superati.
Il desiderio, quindi, riporta l’uomo in primo piano, chiamandolo a guida della propria esistenza e non schiavo di un oggi determinato dal dovere o potere o volere in tutto e per tutto. Diodato e Roy Paci, nella loro canzone proposta quest’anno a Sanremo, cantano: “Troveremo prima o poi il coraggio di vivere tutto per davvero senza rincorrere un altro miraggio?”. Come a dire: troveremo il coraggio di guardare la realtà per quella che è? Senza farci ingannare da menzogne sui desideri del nostro cuore?
Solo il giusto equilibrio tra questi tre verbi servili e il loro vero significato guidano l’uomo alla vera gioia e nessuno di questi, preso solo in se stesso, può dare pieno significato alla vocazione, o desiderio, di ciascuno. Un desiderio privo di volontà, di possibilità e di doveri è un inganno e, nella spasmodica quotidianità, un respiro colmo di questa consapevolezza non può che portare ogni persona a una nuova primavera, a una felicità più profonda e reale.