Il caffè che si ordina al bar per poter andare al cesso. Il tappeto con cui ci si pulisce le scarpe prima di entrare in casa.
Il tedio, la sconfitta, tutte sensazioni annebbiate quando sai di 641immigrati morti nel mare vicino a casa tua.
Lo sgomento si dilegua quando scopri che in quella stessa barca, è nata una bambina. Francesca Marina. In mezzo alle onde, alla fame, al freddo e alla disperazione, la vita resiste. La vita è più tenace di qualsiasi orrore. La vita se ne frega delle onde, della fame, del freddo e della disperazione.
Nello stesso momento dall’altra parte del mondo – ma neanche troppo lontano- nasce Charlotte, attesa da tutto il mondo. Non sa cos’è, ma in testa ha già la corona di una principessa. Il sollievo di nascite inaspettate è spazzato via dalla vergogna, perchè la piccola Charlotte ha una coperta più calda di quella che avvolge il corpicino di Francesca, nonostante entrambe siano fatte di vita nello stesso modo. Nonostante il progresso, l’evoluzione, la storia e i nostri mille passi avanti, retrocediamo sulla questione delle origini. Le cose cambiano, per non cambiare mai: Francesca dovrà farsi strada con i gomiti per andare avanti. Charlotte, invece, a suon di ordini.
La vergogna sparisce, lascia posto alla paura. Oggi in una settimana costruiamo palazzi, ma bastano 10 secondi e un terremoto spazza via tutto. Il Nepal, sommerso dal cordoglio di 7365 vittime, si attenua nell’eco di una trascorsa novità, che appena esplosa fa notizia, ma poi ne rimane una lieve sfumatura, non più percepita da chi si è abituato a sentire il nome “Nepal” al telegiornale.
Distruzione, sospensione, terra, baracche. Il terremoto che ha spazzato via tutto è stato spazzato via dall’onda mediatica dell’Expo, famoso per i suoi ritardi e dei suoi black block. Qui distruzione fine a se stessa, dettata dall’ignoranza e dalla stupidità di chi si annoia ad avere una vita normale.
La normalità spazzata via da un aspirante medico, quando per la prima volta, ausculta un cuore. La sensazione di riuscire, l’ebbrezza del fare, la volontà di rifare. Quella prima volta non la proverà mai più.
La prima volta che qualcuno lascia qualcuno. Per andare alla ricerca di cosa poi?
La prima volta che qualcuno viene tradito da qualcuno. Per provare che cosa poi?
La realtà trasportata in un incubo. Gli incubi reali non ci lasciano stare nemmeno di notte. È per questo che il buio fa paura. Svegliarsi di notte con le lacrime agli occhi, con in testa il trauma dell’abbandono, del tradimento, dell’impotenza. Non abbiamo potere sulle scelte degli altri. Se qualcuno decide di andarsene, se ne va. Anche senza una motivazione.
L’abbandono e il tradimento legate alle vicende personali, perdono senso di fronte ad un campo di concentramento. Di fronte alla più piccola, ma così reale possibilità che un settimo del tuo sangue sia passato di qui. In queste mura, ha guardato lo stesso cielo, calpestato la stessa terra, percorso gli stessi passi che ora stai percorrendo tu ora, in quello che un tempo era un campo di concentramento, oggi un museo a cielo aperto. Di giorno fa paura. Di notte ancora di più. Perde senso ogni cosa, di fronte a questo timore. Forse un settimo del tuo sangue è passato di qua. È stato picchiato qui. Ha visto morire i suoi amici dove ora hanno istallato i bagni per i turisti. Oppure è stato rinchiuso in una stanza. Quella dove ora, per scherzo, col riso fin troppo superficiale, ci rinchiudono i ragazzi, “perché così provano cosa è stato per loro”.
Un settimo del mio sangue è passato di qua. Perdono senso le quotidiane mancanze. Perde senso il sentirsi come il caffè che si ordina al bar come scusa per andare al cesso. Perde senso essere il tappeto su cui ci si pulisce le scarpe prima di entrare in casa. Perde senso tutto.
Ciò che prima dava un certo senso al quotidiano, è spazzato via dalle vicende dell’umanità.
Perfino la sensazione di inutilità perde senso. Ma se il senso ce lo costruiamo nel quotidiano, se viene a mancare, cosa rimane?
Come un film in cui muore il protagonista, perde senso il finale. Abbiamo bisogno di lieti fini. Eppure, se non ci sono neppure nei film , come possono esistere nella realtà?
Siamo alla ricerca di senso. E ci inganniamo ogni giorno, cercandolo nel fondo delle tazzine di caffè.