Ciò che è successo in Afghanistan nell’ultimo mese è noto a tutti: giornali e tv ne hanno discusso molto e, anche sui social, si sono diffuse notizie e aggiornamenti che hanno dimostrato, ancora una volta, quanto l’informazione digitale possa essere costruttiva se ben utilizzata. In particolare, ho trovato molto interessanti i reportage di Will_Ita, un account Instagram che ogni giorno spiega la politica e l’economia con la pubblicazione di stories, post e IGTV ai suoi oltre novecentottantamila follower.
Nelle scorse settimane la comunicazione sulla situazione in Afghanistan è stata costante grazie a Cecilia Sala, una delle poche giornaliste occidentali a trovarsi a Kabul al momento. Romana, ventisei anni, Cecilia è considerata una tra le maggiori promesse della tv e del giornalismo. Si fece notare la prima volta a quattordici anni, quando parlò in una piazza contro la mafia. Nel 2018 ha completato la laurea in Economia Internazionale all’università Bocconi di Milano; negli anni precedenti ha collaborato come inviata e reporter per Vice Italia e poi per Servizio Pubblico con Michele Santoro a La7. Nel corso degli anni ha aumentato le collaborazioni e i lavori con molte testate italiane come Wired, Vanity Fair e L’Espresso, specializzandosi in politica estera, in particolare nei Paesi dell’America Latina e in Medio Oriente.
I suoi recenti interventi su quanto sta avvenendo in Afghanistan sono diventati virali sui social, soprattutto tra i giovani che sembrano apprezzare i suoi racconti e, soprattutto, ammirare il suo coraggio. È stata l’unica donna presente alla conferenza stampa del portavoce dei talebani. Nella mattinata del 7 settembre si era collegata con Omnibus, una trasmissione in onda su La7: era pronta a testimoniare sugli avvenimenti degli ultimi giorni quando si sono sentiti degli spari ed è stata costretta a rinunciare al collegamento. Proprio nei pressi dell’hotel in cui alloggiava era stata organizzata una protesta a favore della resistenza del Panshir.
Nonostante questo Cecilia non si è arresa, infatti è ancora a Kabul: «certo che ho paura, sarei stupida se non ne avessi, ma penso anche che sia molto importante capire esattamente cosa sta succedendo e credo che il modo migliore sia raccontarlo da qui». Ogni giorno affronta la situazione a testa alta e testimonia la realtà dei fatti, dai più cruenti ai più scomodi da raccontare. Continua a battersi anche per i diritti delle donne: «la maggior parte delle donne ha paura di uscire di casa per scoprire che tutte le promesse fatte dai talebani in conferenza stampa – non saranno più obbligate a indossare il burqa, potranno continuare a lavorare o a studiare – non saranno rispettate». In effetti, i talebani hanno mantenuto una certa ambiguità sulle coperture imposte alle donne, citando ragioni di prudenza e sostenendo che i combattenti sparsi sul territorio potrebbero reagire male, non essendo abituati a vedere donne indipendenti che lavorano e si spostano liberamente. Cecilia indossa lo hijab quando esce ed è già stata invitata diverse volte a coprirsi anche il volto.
Cecilia racconta non solo le sfide sociali ma anche quelle economiche del paese. Le file per gli sportelli bancari c’erano già prima della riconquista dei talebani, ma ora la crisi economica è l’emergenza principale: non si possono prelevare più di duecento dollari a settimana e, sebbene le riserve monetarie ammontino a 9,4 miliardi di dollari, per ora rimangono congelate. Se prima la maggior parte dell’economia si fondava sugli aiuti della comunità internazionale, adesso c’è confusione, i talebani non sanno gestire i sistemi bancari e la fuga di cervelli che si è verificata complica ulteriormente la situazione. Questo spiega, in parte, l’atteggiamento “diplomatico” del regime nei confronti dell’Occidente. L’altra priorità del governo talebano è quella di consolidare il controllo del territorio. Ci sono la resistenza nel Panshir, le ribellioni di gruppi sparsi di hazãra sciiti e le minacce dell’ISIS-K (la presenza dello Stato Islamico in Afghanistan).
Il fatto che Cecilia si trovi fisicamente in Afghanistan ci permette non solo di sapere quotidianamente le novità raccontate e testimoniate con foto e video, ma ci aiuta anche a capire le dinamiche e la mentalità di un paese straniero e in guerra da anni. Cecilia, infatti, racconta anche scenari di tutti i giorni oltre che di politica ed economia, mostrando quello che vede camminando per strada da un punto di vista esterno, il suo. Credo che la scelta della giornalista di stare sul posto e uscire di casa quotidianamente per capire cosa stia succedendo e raccontarlo sia onorevole, oltre che fonte di conoscenza e un enorme valore aggiunto per chi, come me, segue tutto a distanza.