In “Chirù”, il suo penultimo romanzo pubblicato nel 2015, Michela Murgia racconta ai lettori, con la sua tipica prosa incisiva e conturbante, una delicata ma allo stesso tempo intensa storia di un rapporto maestra-allievo osservato da tutte le sue angolazioni ed evoluzioni nel tempo.
La relazione che si instaura tra Eleonora, attrice teatrale sarda di grande successo alla soglia dei 40 anni, e Chirù, un giovane diciottenne con uno spiccato talento da violinista, è ambigua fin dall’inizio. Chirù (il cui nome reale non viene mai esplicitato nel romanzo) vede Eleonora per la prima volta durante un suo spettacolo, e le chiede indirettamente se può diventare suo allievo. Che cosa in concreto debba insegnare l’attrice al ragazzo, non è immediatamente chiaro; il lettore lo capisce più avanti nella storia, quando si delineano gli incontri che avvengono tra i due. Allora si comprende che Eleonora, dopo una prima titubanza, prende sotto la sua ala il giovane violinista per introdurlo alla vita adulta in tutti i suoi aspetti: per introdursi in società in modo affabile e opportunista, per comprendere meglio come ruota il mondo. Non si tratta dunque di un tipo di insegnamento convenzionale, ma si può intendere Eleonora come una “maestra di vita” nel senso stretto del termine, poiché affianca il ragazzo anche nella sua vita privata, nelle amicizie e nell’amore.
Eleonora d’altronde accetta la stranezza di questa richiesta indiretta perché lei stessa ha molti fantasmi da dimenticare. Da tempo infatti non ha più accettato altri allievi in quanto l’ultimo, Nin, si è suicidato all’improvviso, ed Eleonora stessa se ne è sempre sentita responsabile. E Chirù, ancora giovane, puro, tutto da plasmare, con gli occhi pieni di vita potenziale e di stupore, affascina l’attrice a tal punto da spingerla in questa nuova avventura. Essa infatti possiede il fascino tipico dell’insegnamento, insito nel potere di modellare l’allievo a proprio piacimento. Una superbia, come la definisce la protagonista, che sicuramente ha tutti i suoi rischi e pericoli.
I capitoli del libro sono classificati come “lezioni”, le quali consistono in partecipare ad una festa prestigiosa, recarsi nella più antica sartoria di Cagliari per imparare a riconoscere i tessuti con cui si vestono le persone che contano veramente, oppure semplicemente intavolare discorsi utili alla formazione dell’alunno. Ma con il passare del tempo, Eleonora inizia inevitabilmente a ragionare sul rapporto che la lega a Chirù: si sente più una vera maestra, un’amante o una madre? Forse deve essere tutte e tre le cose insieme, affinché il ragazzo cresca nel miglior modo possibile. Allo stesso tempo, però, non deve rovinare il delicato equilibrio facendo prevalere una delle tre componenti di questa strana relazione, che tra l’altro non è vista per niente di buon occhio dai genitori di Chirù.
Eleonora inizia a vacillare rispetto alla sua posizione quando, dopo una lunghissima solitudine (“un’infelicità con classe”, la definisce ad un certo punto il suo allievo), intraprende una relazione con il direttore artistico dell’Opera d’arte di Stoccolma, mentre si trova in tournée teatrale proprio in quella città. L’attrice si trova incapace di dire la verità al suo alunno, senza comprenderne bene il motivo. Mente davanti a Chirù sia per proteggerlo dal dolore, dato che oramai è ben chiaro al lettore che anche l’alunno sia innamorato della maestra, sia per paura di perderlo. Inoltre, mente per nascondere a se stessa la reciprocità del sentimento. I due si incontreranno un’ultima volta a Firenze e succederà l’inevitabile, che sancirà definitivamente la chiusura del rapporto. In un flash forward di quattro anni dopo, il lettore potrà poi osservare i due protagonisti in una luce totalmente diversa, e con questa tonalità dolce amara si chiude il romanzo.
Per gran parte dell’opera il tema su cui si riflette di più è senza dubbio l’insegnamento, che è vero insegnamento alla vita. Eleonora accetta un alunno estremamente acerbo, incostante e incerto nelle amicizie e nell’amore, senza ancora un vero progetto di vita (come, d’altronde, è giusto che sia a diciott’anni). Quando il lettore lascia Chirù, tuttavia, lo vede maturato: nonostante il forte sentimento per la sua insegnante, che è passionale e fin esagerato poiché adolescenziale, ora Chirù è però capace di tenere testa all’abile parlantina di Eleonora, e alla fine sembra uscire vincitore da tutta la vicenda. Eleonora stessa cambia durante la narrazione: grazie alle nozioni impartite a Chirù, può riflettere su se stessa, sulla sua famiglia, sulla sua scelta di non sposarsi e di non avere figli. Alla fine, scoprendosi innamorata del suo allievo, è costretta a lasciarlo andare. Tuttavia, lo stesso Chirù le ha permesso di sbloccarsi definitivamente, e di vivere finalmente quello che in realtà, inconsciamente, ha sempre desiderato.