Abracadabra? Sim Sala Bim? Bibbidi Bobbidi Bu? Macché! A noi cuneesi non servono queste formule magiche: noi abbiamo il mago Trabük con la sua magia in via di estinzione! Ebbene sì, i maghi, quelli veri, sono sempre di meno ma esistono ancora e tra i meandri della città di Dronero, ci si imbatte nella scuola di magia di Trabük che ci fa catapultare in un’altra dimensione. Alberto Del Negro, in arte Trabük, è riuscito a farsi trasportare dall’arte della magia e dal divertimento che ne segue, tanto che ora ammette di “non riuscire a smettere”. Nessuna bacchetta magica in mano, nessun cappello a punta e nessuna tunica a stelle, bensì un basco, una t-shirt e un sorriso luminoso: questo è il mago Trabük. Allora, ecco a voi la sua intervista per conoscere più da vicino un mago di oggi! Nessuna paura, non vi farà scomparire con un incantesimo!
Aggiornamento: questa intervista è stata scritta nell’estate 2018. Recentemente, Alberto Del Negro, ha deciso di ritirarsi dalla scena nonostante la magia resti il suo hobby principale. Lo ha annunciato in un post del 6 gennaio. Noi proponiamo questa intervista anche per ringraziarlo e salutarlo calorosamente.
1. Come e quando hai conosciuto il mondo della magia?
Mi è venuto a trovare a casa! Mi sono trovato un libro nella buca delle lettere in una busta senza il mittente… È stata la cosa più magica della mia vita: magia vera! Probabilmente questo libro me lo aveva regalato qualche casa editrice o qualche negozio online ma non potrò mai saperlo perché si è dimenticata di mettere il mittente! Fatto sta che il titolo del libro “Il grande libro dei maghi” di Olaf Benzinger mi ha incuriosito e anche se non mi piacevano i maghi (e non mi piacciono tuttora), l’ho letto tutto. In pratica racconta la storia della magia, dagli Egizi in avanti e l’ho trovato curioso. Così, esattamente dieci anni fa nel 2008, ho iniziato a fare dei giochetti e poi ho continuato a “torturare” amici e parenti sempre per divertimento.
2. Cosa ti piace di quest’arte?
Mi piace il pubblico. Certo, mi piace la magia e lo stupore che ne deriva, però ho scoperto qualcosa che mi affascinava di più dell’arte magica, cioè la comunicazione con il pubblico. La magia è un ingrediente, uno strumento con cui metterti davanti alla gente e farli divertire.
3. Qual è la prima magia, il primo trucco che hai imparato?
Difficile ricordarselo! Il primo trucco che ho studiato veramente è il gioco di bussolotti che è il mio preferito: è il classico gioco dei tre bicchieri o delle tre campanelle in cui si fa scomparire una pallina. Io ne faccio una versione magica dove le palline scompaiono, appaiono, si mescolano, cambiano di colore e alla fine c’è una produzione di oggetti. Mi sono sbizzarrito in questo gioco: ne ho fatte ben tre o quattro versioni che ho portato in giro nei concorsi. Tuttora ne faccio una versione stupida che chiamo “pisellaboli” e che è molto simpatica e piace al pubblico.
4. Come si impara un trucco?
Ci sono mille strumenti e modi per imparare: puoi comprare un libro di magia (esistono dal 1400, data del primo libro di magia); dagli anni ’50-’60 si sono sviluppati i circoli magici che sono dei gruppi di appassionati che si incontrano e condividono. Adesso la magia si può imparare su Youtube.
E se fallisce?
Chissenefrega! Ah, ah, ah! Mica sono un mago vero, faccio solo finta! Anche se di solito non fallisce perché c’è un bell’esercizio dietro e non improvvisi. Comunque, non si tratta di fallire il gioco: l’obiettivo non è ingannare, ma è meravigliare; sono due cose diverse poiché l’inganno deve essere scontato e se qualcuno ti scopre è il meno! L’importante è che ci sia meraviglia nello spettatore e la devi creare, l’inganno è solo la base.
5. Cosa vuol dire essere mago al giorno d’oggi?
Beh, un mago o un prestigiatore nel passato aveva un’immagine molto più forte e aveva più credito, esattamente come i sacerdoti per esempio: ricordo con quali occhi vedevo il sacerdote del paese quando ero bambino! Oggi i giovani non hanno più quell’ammirazione mista a quel timore ma sono quasi amici. Credo che rispetto alla magia, molti prestigiatori abbiano perso il loro fascino mettendosi in mostra pur non essendo in grado di fare magia vera. Dunque, per divertire il pubblico svelavano trucchi oppure rendevano la magia “clownesca” nel senso peggiore del termine, a volte anche sciatta. Oggi il mago viene visto come un maghetto, un intrattenitore da bimbi, mentre in realtà ci sono tanti prestigiatori che non sono così e che rientrano in una delle tante branche dei maghi. Purtroppo, oggi, quando la gente pensa ad un mago, pensa subito ad un mago per bambini, invece un mago può essere per adulti e anche riuscire a far pensare ed emozionare.
6. Perchè affermi che il tuo è un genere di mago “in via d’estinzione”?
È così: il mio genere di magia è veramente in via d’estinzione. Questo perché il mio genere è quello presente nel Medioevo nelle piazze, ad esempio come si vede raffigurato nei tanti quadri di Bosch, uno dei più famosi nel mondo dell’illusionismo. Si trattava di un prestigiatore che girovagava nei paesi e con pochi oggetti intratteneva il pubblico attraverso una forma di spettacolo che oggi è in via d’estinzione perché si tende a dare un tocco di tecnologia e a creare una magia che sfrutta la rete ma che di per sé non fa spettacolo. Quindi io conosco quasi tutti i maghi del mondo come me dato che sono pochi, infatti in Europa ci sono solo tre festival di magia di strada e dunque siamo sempre i soliti alla fine! Perché? Beh, forse perché è difficile: il mio genere di magia è uno dei generi più difficili poiché con poco devi fare tanto!
7. Da dove arriva il nome Trabük?
In realtà io ho rubato il nome a un signore che non lo usava non essendoci più e che ho conosciuto da bambino. Era un personaggio fantastico all’epoca: girava con un cavallo e un carretto allestito per vendere generi alimentari e altro di borgo in borgo. Partiva da Caraglio (tutti gli anziani e i meno giovani di Caraglio se lo ricordano) e ogni giorno compiva il suo giro e il sabato mattina passava davanti casa mia. Io lo aspettavo per comprare la polvere di cioccolato, per vedere le gabbie dei conigli… Quando ho iniziato a fare il prestigiatore e partecipare alle gare in giro dovevo trovarmi un nome d’arte meno serioso, così ho rivangato nel mio passato e mi è venuto in mente questo nome. Poi ho scoperto diverse cose sul nome Trabük e la più simpatica è che la radice di Trabuk è “inganno”, infatti si usa nel termine “trabocchetto” oppure nei trabucchi che sono degli strumenti per pescare basati sull’inganno. In più l’ho trovato anche su un dizionario d’epoca con tutti i vari significati basati sulla radice inganno (perfetto per me!). Inoltre, trabuc in Piemonte era un’unità di misura e non a caso quel signore a cui ho preso il nome si chiamava così: i trabuc erano dei personaggi tipo Forrest Gump, un po’ con la testa fra le nuvole e difficili da inquadrare. Ma perché si usava dire trabuc? Perché il trabuc era un’unità di misura che, quando hanno iniziato a comunicare tra i vari paesi, hanno capito che era variabile, da una parte valeva un po’ di più e dall’altra un po’ meno. Dopo che è stata soppiantata dal metro hanno continuato ad usarla per indicare un qualcosa di approssimativo: “dare una trabucà” ancora oggi si dice per dare una misura alla buona, all’incirca. Simpatico, no? Non me lo sarei aspettato quando l’ho scelto come logo (se metti due puntini sulla “u” viene uno smile!).
8. La magia ha bisogno di regole?
Domanda impegnativa! Non saprei… La magia avrebbe bisogno di regole ma in realtà non ne ha perché essendo una forma d’arte, ognuno fa quello che gli pare, come gli pare. Se invece intendi dire regole come principi magici, allora non vale quello che ho detto: ora i principi magici non sono più esplorabili, sono già stati esplorati tutti e ogni effetto si basa su quei principi che sono undici.
9. Spostiamoci sul personale. Qual è il tuo vero nome? Alberto Delnegro.
– Età? 43, quasi 44
– Hai sempre fatto il mago o hai svolto altri lavori? Ho sempre fatto tutt’altro! Solo adesso faccio il mago per professione da quattro o cinque anni. Prima potavo alberi di grandi dimensioni.
– Come sognavi la tua vita da bambino? Non so, non mi ricordo! Non avevo un sogno, non ho mai detto cosa volessi fare da grande… In realtà ero molto affascinato da un personaggio di Paschera San Carlo che chiamavano “l’eremita” e che non ho mai visto. Questo tipo se ne stava in una casetta vicino ad una chiesa nei boschi, era molto misterioso e io ne ero affascinato, tanto che dentro di me c’era il desiderio di vivere così appartato.
– Sei sposato? Hai figli? Giacche! Sono sposato da 22 anni e ho due figli: uno di 16 anni e una di 18 ma nessuno dei due, fortunatamente, è interessato a diventare mago!
– Sei credente? Se sì, come concili la religione con la magia? No, non sono credente ma non perché snobbi la religione, tutt’altro: sono sempre stato affascinato, ho un’educazione cristiana cattolica, mi piace e rispetto la religione… Però ho riflettuto troppo sulla spiritualità e la mia conclusione è che noi non abbiamo le capacità di concludere una ricerca spirituale vera, non siamo fatti per conoscere queste cose, per cui vedo tutte le religioni un po’ come delle favolette. Si dice essere agnostici: di fronte al mistero mi arrendo, non lo so ed è impossibile sapere.
– Ci racconti qualche curiosità su di te? Mmm…aiutami… Beh, prima di fare il mago mi sono espresso in vari sport estremi tra cui il monociclo di montagna dove in pratica usi un monociclo come quello dei clown ma con le ruote delle mountain bike per pedalarci sopra in montagna. Bello sport, bizzarro, anche se ti rovina la salute e ho dovuto smettere di farlo seriamente.
– Che progetti hai per il futuro? In realtà sono dibattuto tra lo smettere e il continuare. Il motivo per cui sono diventato prestigiatore è per spirito di ricerca anche personale; adesso non ce l’ho più e mi sto divertendo e basta… Perciò mi dico: dovrò continuare o no? Forse dovrei cercare di smettere: questo è il mio obiettivo ma non so se riesco ah, ah, ah! Per quanto riguarda altri progetti, mi piacerebbe organizzare un festival di artisti di strada a Dronero, ma è solo un’idea e prima o poi magari lo farò! Inoltre, ho messo in piedi a Dronero una scuola di magia, Blink, e sta andando molto bene, diventando il riferimento della provincia Granda per la magia. Si trova nei sotterranei di una struttura di Dronero dove abbiamo creato un teatrino di cinquanta posti e lì ci troviamo per gli spettacoli. Facciamo i corsi ogni anno per ragazzi dai 14 anni in su e adulti e proponiamo spettacoli per tutti i tipi di pubblico, specificandolo prima.
10. Oggi, con Internet e la tecnologia, è ancora possibile stupire i giovani o predominano il disincanto e la sfiducia nei confronti del mondo della magia?
Ho avuto una grandissima soddisfazione pochi mesi fa quando ho partecipato come ospite ad un evento di youtuber appassionati a Varese, dove si sono esibiti tanti ragazzi ma…brutalmente li ho fatti divertire più io! Questo perché i giovani come loro non sono abituati a fare spettacolo vero, a trovarsi in scena con cinquecento persone davanti, cosa che per me è normale e per loro no. Quindi sì, è difficile ma è super possibile stupire i giovani.
11. Credi che esista un’età in cui bisogna smettere di volare con la fantasia per diventare responsabili e maturi? Perché?
Ognuno ha la sua strada. Per esempio, io ho avuto un percorso un po’ al contrario: di solito il bighellonaggio si fa nella fase giovane, invece io sto bighellonando adesso! Da giovane mi sono “fatto un mazzo tanto”, mi sono costruito una casa e messo da parte i risparmi. Sono arrivato a trent’anni e non sapevo più cosa fare e dunque ho iniziato a divertirmi (non nel senso che sto vivendo di rendita), avendo molto più tempo libero e più spazio per lo svago. È come la favola della formica e della cicala: se uno se ne frega da giovane senza concludere niente, poi si ritrova a doversi rimboccare le maniche dopo per ottenere qualcosa. Invece io preferisco giocare d’anticipo. Faccio un esempio che mi hanno insegnato alla scuola materna: quando c’era la portata doppia alla mensa, come la bistecca con gli spinaci, e a me non piaceva la verdura, la maestra o la bidella mi dicevano di mangiare prima la cosa che non mi piaceva così dopo mi gustavo l’altra. La mia vita è stata così: mi sono impegnato faticando da giovane e adesso è tutto più in discesa!
12. Cosa vuol dire per te crescere, maturare, insomma diventare grandi?
Che domande!!! È un casino rispondere… Fammi ragionare… Forse il fatto di non dipendere da qualcuno vuol dire crescere. Magari dipende molto dal carattere: ci sono persone che tendono ad essere più materne o paterne nei confronti degli altri, e persone che al contrario sono più egoiste… Comunque gli “eterni Peter Pan” non mi piacciono perché credo che uno prima debba prendersi le responsabilità e crearsi le basi e dopo giocare. Ad esempio, prima viene la famiglia e dopo il resto. Crescere vuol dire quello, vuol dire non dover rompere le scatole a nessuno!
– E invecchiare? Invecchiare è un bel casino… Io giro le case di riposo con la scuola di magia e posso dire che si inizia ad invecchiare dai vent’anni in avanti fisicamente. Il vero vecchio che trovo nelle case di riposo è un anziano che si prepara ad andarsene e non c’è nulla da fare. La mia domanda è: quando diventi di una certa età, hai la maturità per affrontare la morte? No, mai, nel momento in cui lasci questo mondo, ti disperi perché non sai cosa c’è oltre e vai in panico. Però non ho paura di invecchiare: ci sono dei vecchi belli! Piuttosto la mia paura è quella di invecchiare male, senza più nessun interesse e nessuna voglia. Viceversa, se invecchi con molti interessi e con curiosità, è un bel invecchiare nonostante il fisico se ne vada… Ma io mi tengo in forma, eh!!! Ah, ah, ah!
13. Adesso parliamo di Cuneo.
– Cuneo è una città magica? Allora, le città sono tutte magiche nella parte storica. Secondo me la città magica per eccellenza è Dronero: è meravigliosa ed è fiabesca, tra i suoi scorci, le sue piazzette, i suoi panorami che sono magia pura! Per questo che vorrei fare un festival lì. Cuneo anche ha qualcosa di magico e misterioso nella parte storica.
– Quali sono gli aspetti che ami e che odi della città? La parte vecchia la amo e la parte nuova la odio.
– Se avessi la bacchetta magica con te, cosa cambieresti? Cosa cambierei di Cuneo…beh, io non la conosco veramente bene ed è difficile dirlo. Forse metterei a posto il faro della stazione che è storto! Ah, ah, ah! Cuneo è una bella città, molto ricca e ha una piazza, Piazza Galimberti, che è veramente stupenda, galattica, che dà l’idea di spazio.
– I cuneesi credono nella magia o sono un po’ scettici? Premetto che non ho mai fatto spettacoli a Cuneo: ho girato diciotto Paesi ma mai qui…Mettiamola così: se ti devo dire se i piemontesi si divertono facilmente, allora no, faticano a divertirsi molto più di altri come i toscani, i meridionali o anche quelli dell’est. Trovo che i piemontesi non siano un gran bel pubblico, non perché non mi piacciano, semplicemente poverini loro, sono oppressi dalle preoccupazioni, dalla paura di lasciarsi andare e forse un pochino chiusi e diffidenti. Ad esempio, il cuneese è benestante, tende a mettersi in mostra, fare il “fighetto” e dunque questo tipo di persona ha paura a ridere sguaiatamente, fregarsene e lasciarsi andare.
– Quali differenze hai riscontrato tra il pubblico della zona e quello estero? Più facilità nel divertirsi e fregarsene. Il pubblico più bello è quello dell’est Italia ma anche quello di una regione tedesca, la Saarland, che è una regione felice, anche se uno pensa che la Germania sia un Paese chiuso e terribile, al contrario, i tedeschi sono molto felici, sciolti e con molte voglia di divertirsi. Comunque, al primo posto ci sono sicuramente gli spagnoli. In Spagna si divertono di più e io, girandola tutta, ho notato come si divertano facilmente perché ne hanno voglia!
14. Videomessaggio