Si chiama Yusuf. E’ nigeriano e a causa del terrorismo di Boko Haram ha perso suo fratello minore otto mesi fa. Suo padre è morto di colera e la mamma cerca di allevare al meglio gli altri tre figli, lavorando nella notte come sarta e educando i figli durante il giorno giorno. La situazione si è fatta sempre più insostenibile e, quando ha perso il lavoro per la sua fede e non riusciva più a portare il pane a casa, ha preso la decisione di fuggire. Di scappare perché è venuta meno la sua dignità come uomo, sperando che in altri luoghi si ricordassero che, a prescindere dal colore e dalla fede, anche lui è un essere umano. Yusuf è sbarcato a Lampedusa da due giorni. Come ha incontrato le forze di polizia nel centro di accoglienza si è lasciato andare, sfogandosi in un monologo interiore di una delicatezza fortemente toccante.
“Ho pagato 1800 dollari per la traversata. Sono stato rinchiuso in un capannone in Libia tre giorni, ammassato, senza acqua nè cibo. Poi di corsa su una zattera a motore, stipato con altre 160 persone. Il mare era molto mosso. Ora posso dire troppo. Faceva molto freddo. Ora posso dire troppo. In tutti noi, che non siamo nè ladri né persone cattive, c’era tanta speranza. Ora posso dire troppa. Sono partito dalla Nigeria con un fratello morto in un attentato. Sono arrivato in Italia con 130 fratelli morti assiderati. Mi stupisce pensare che entrambi siano morti in un viaggio alla ricerca della speranza: spirituale e terrena.
Sono triste e desolato perché sono partito senza niente, ora niente mi rimane se non me stesso. E se la mia povertà non mi consente di alzare la testa, la mia dignità non mi permette di abbassarla. Ma cosa faccio ora? Sono consapevole che in un momento come questo per il vostro paese posso essere un di troppo, ma in altri stati forse no. Però sono certo di essere un “eccesso”, se così si può definire un uomo, solo a livello economico, perché per tutti coloro che hanno un cuore non posso essere altro che un fratello da accogliere. Un uomo con due occhi, una bocca, un naso, nato dal rapporto d’amore tre due persone come tutti, in cerca di vita e dignità umana. E queste due cose non si imparano dal maestro di scuola o di ballo, ma alla scuola del cuore. E per fortuna ognuno ne ha uno, quindi può sempre imparare.
Se non c’è posto per me, ditemelo, non accusatemi. In Nigeria non c’era spazio per me, non rispeditemi indietro come un pacco arrivato rotto o fallato. Sono intero e pieno di vita. Indicatemi un altro luogo dove andare. Per il momento, però, accoglietemi per quello che sono e suggeritemi cosa fare. Mai come in questo momento ho bisogno di te, fratello bianco. Non a livello economico, ma a livello umano. Perché anche se non ho un conto in banca e uno stipendio, ho una dignità da ritrovare e una vita da scrivere. Per il resto mi basta un tozzo di pane e un bicchiere d’acqua.
Forse per i pochi che governano il mondo io e la mia storia non siamo altro che una goccia nell’oceano. In realtà questa goccia è una persona che ha un cuore. E al cuore non si comanda, anzi, tutto quello che esce da qui è contagioso. Per questo sono convinto di potercela fare.”
Luca Lazzari
Il racconto è frutto della sola immaginazione di me scrittore. E’ una semplice riflessione sullo stato d’animo di un immigrato, inconsapevole e ignaro, come me, di tutte le dinamiche politiche, economiche e di interesse che si nascondono dietro il traffico di persone umane.