Nel 1974 l’ONU attribuisce all’OLP (Organizzazione per la Liberazione della Palestina) lo status di “garante del popolo palestinese”, e il conseguente diritto ai palestinesi di far valere la propria sovranità con ogni mezzo. Dopo numerose risoluzioni poste in chiave anti-israeliana, l’OLP dichiara la sua volontà di cancellare lo Stato Ebraico, impedendo così ogni possibilità di dialogo tra l’establishment israeliano e il leader dell’OLP Yasser Arafat.
Nel settembre del 1982 l’esercito d’Israele non ferma un gruppo di maroniti libanesi, lasciandolo libero di massacrare indisturbato la popolazione palestinese dei campi profughi di Sabra e Shatila (quartieri di Beirut sotto il controllo militare d’Israele). Muoiono 700 civili indifesi e la reputazione dello Stato di Israele è macchiata indelebilmente.
Seguono anni burrascosi e nel 1988 il movimento integralista palestinese HAMAS dichiara il Jihad contro Israele, dando inizio alla Prima Intifada.
Lo scenario sembra distendersi solo nel 1993 con gli accordi di Oslo in cui Arafat, a nome del popolo palestinese, riconosce lo Stato Ebraico accettando il metodo del negoziato, rinunciando all’uso della violenza e impegnandosi a modificare lo stesso Statuto dell’OLP in tal senso. Parallelamente, il Primo Ministro israeliano Rabin riconosce l’OLP come rappresentate del popolo palestinese.
La pace dura poco in quanto Israele, nel 1994, contravvenendo ai precedenti accordi, inizia la costruzione del muro di separazione con la Palestina, sostenendone l’utilità contro gli attacchi kamikaze palestinesi. L’ONU nello stesso anno dichiara illegale la barriera in quanto aperta violazione dei diritti umani. Come riportato dal primo rapporto sul muro di Gaza, stilato da parte delle Nazioni Unite,«il tracciato del Muro corrisponde ad un’annessione de facto di territorio palestinese, e costituisce una misura sproporzionata rispetto alle legittime esigenze di autodifesa di Israele, peggiorando ulteriormente le condizioni di vita dei Palestinesi».
Il 1995 vede la firma della seconda parte degli Accordi di Oslo, con la nascita dell’ANP (Autorità Nazionale Palestinese) e della polizia palestinese. Il 4 novembre dello stesso anno Rabin viene assassinato da un estremista conservatore israeliano e al posto di Primo Ministro subentra Ruben Peres. Gli scontri e gli attentati continuano anche quando dalle successive elezioni viene eletto come Primo Ministro Benjamin Netanyahu.
Nel 1997 in attuazione degli Accordi, Israele si ritira dai territori palestinesi occupati e il 95% della popolazione palestinese si ritrova sotto il controllo dell’ANP. Netanyahu non rispetta però gli accordi per quanto riguarda la politica di insediamento di coloni israeliani nei Territori Occupati, favorendo uno stato di continua tensione.
Ehud Barak viene eletto Primo Ministro nel 1999; egli continuerà il processo di pace con Siria e Palestina, ma questo comporterà le sue dimissioni nel 2000: Ariel Sharon diviene capo del governo. Sharon dichiara subito che non continuerà le trattative con Arafat, in quando uomo non più in grado di esercitare alcun controllo sui gruppi terroristici palestinesi, segnando l’inizio di una nuova escalation di violenze che prenderà il nome di Seconda Intifada.
Arafat muore nel 2004 e gli succede Abu Mazen come Primo Ministro palestinese.
Israele adotta, nel 2005, il Piano di Disimpegno Unilaterale, e abbandona tutte le proprie colonie nella Striscia di Gaza. Il partito palestinese di Al-Fatah si ritrova così a governare sull’intera regione. Israele continua comunque a controllare la Striscia di Gaza dal cielo e dal mare, insieme alla maggior parte degli accessi via terra.
Per l’ONU, quindi, la Striscia di Gaza resta territorio occupato e lo Stato Ebraico, limitando agli abitanti di Gaza la possibilità di pescare, ne aumenta la disoccupazione e la fame, contribuendo a rendere i palestinesi dipendenti dall’aiuto umanitario.
Nel 2006 Ariel Sharon entra in coma per emorragia cerebrale e la sua carica viene assunta da Ehud Olmert.
Dopo quasi 2 anni di controllo da parte di Al-Fatah, in Palestina vengono indette nuove elezioni, vinte dal partito integralista Hamas.
Gli USA e l’Unione Europea, nel 2007, condannano Hamas come organizzazione terroristica, imponendo alla Palestina un boicottaggio generale del partito, congelando tutti i fondi al governo palestinese e interrompendo l’invio di aiuti umanitari nella Striscia. Inizia contestualmente una nuova fase del conflitto tra Hamas ed Israele che vede, da parte israeliana, un embargo verso la Striscia, e da parte palestinese il lancio di razzi e tiri di mortaio contro installazioni e città israeliane.
Il 27 settembre del 2008 Israele lancia la prima grande offensiva a Gaza, con l’operazione Piombo Fuso, i cui effetti sono evidenti ancora oggi.
Siamo giunti così alla fine della Storia e all’inizio della cronaca recente, che continua a segnare implacabile le stesse dinamiche di tensione e conflitto. E’ inutile ormai parlare di buoni contro cattivi, le radici del conflitto Arabo-Israeliano sono troppo profonde per essere risolte facilmente in modo semplicistico. Bisogna comunque rimanere fiduciosi che un giorno, la Terra Santa, potrà dirsi “santa” per davvero. Perché sta scritto nella ciclicità della Storia Umana, che ad ogni periodo di conflitto, segue sempre un periodo di pace.