Un’intera settimana senza telefono.
Senza Whatsapp.
Senza Social.
Senza Spotify.
Senza chiamate né messaggi.
La scelta di spegnere il telefono con la consapevolezza che non l’avrei più visto nell’arco della settimana è stata difficile, ma l’idea di mettermi alla prova e vincere la scommessa contro mio fratello (che diceva che non ci sarei mai riuscito) e soprattutto contro me stesso, mi ha portato a fare un’esperienza che pochi hanno avuto la fortuna di vivere. Potevo usare unicamente la mia e-mail in caso di emergenza o navigare nel web per impegni scolastici.
Un harakiri sociale insomma.
Avevo scelto di uscire fuori dal mondo della tecnologia volontariamente.
Musica
Una delle abitudini che ho più sofferto è stata quella di ascoltare la musica sul pullman o nei momenti di pausa tra un impegno e l’altro. All’inizio è stato davvero noioso: quasi tutti i ragazzi in viaggio sentono la musica con le cuffiette e chi non lo fa è impegnato a far passare il tempo tra Facebook, Instagram e Snapchat . Gli unici suoni che mi accompagnavano erano il rumore del motore e delle porte che si aprivano e chiudevano. Parlare con i miei amici la mattina non è mai stato così piacevole e divertente.
Un mondo tutto tuo
Non sapere l’ora è stata l’aspetto migliore di questo esperimento. Non ero più dipendente da un orologio che scandiva il tempo e quanto io fossi in ritardo ai vari impegni. Si prende la vita con molta più filosofia e tranquillità. Sono arrivato in orario sia alle riunioni sia a prendere il pullman, più o meno.
No pictures please
Quando avevo il telefono scattavo almeno una foto al giorno. Solo a metà settimana mi sono reso conto di quanto fosse comodo ed immediato fare una fotografia rispetto a descrivere minuziosamente una scena vissuta, spesso dimenticando qualche elemento.
Il ritorno alla cara e vecchia carta
L’assenza di tecnologia mi ha costretto a riesumare il vecchio block notes impolverato e scrivere qualsiasi promemoria o appuntamento per paura di dimenticarmene in pochi minuti. Non sarò mai in grado di scribacchiare così velocemente quanto nello scrivere un messaggio col telefono, dovrò farmene una ragione.
Loquacità
La comunicazione istantanea ha ridotto notevolmente la durata di una normale conversazione: spesso si trascorre il tempo a commentare su fatti o foto inviati in chat precedentemente oppure si “parla” di più per messaggio che nel momento in cui ci si trova faccia a faccia. Ho notato che a scuola ero molto più loquace del solito, probabilmente per rimanere aggiornato su cosa stava accadendo non solo nel mondo virtuale, ma anche in quello reale.
Tempo libero
Avevo molto tempo libero ora che il telefono non esigeva più le mie attenzioni con il suo continuo vibrare. Il primo giorno risentivo ancora della sindrome da vibrazione fantasma, ma dopo non ne pativo minimamente la mancanza. La noia bussava alla mia porta e mi rifiutavo di passare l’intera settimana sui libri scolastici. Ho ripreso a leggere e pensare a nuovi progetti per il futuro, trasformando il tempo occupato a controllare Facebook in qualcosa di più produttivo.
A tempo pieno
Credo di non essere l’unico a fare numerose azioni contemporaneamente: parliamo e scriviamo in chat, stiamo al computer mentre guardiamo la televisione e leggiamo mentre ascoltiamo musica. Questa è l’epoca del multitasking. Citando la giornalista Cristina Maccarone, la quale ha vissuto la mia medesima esperienza: “Ci facciamo sedurre dalle distrazioni perché fare qualcosa senza interruzioni è sempre più difficile. Sono una lettrice da sempre, ma senza lo smartphone mi sono dedicata a ogni parola di quel libro che ho letto per il tempo che avevo deciso. Così dovrebbe essere per progetti, amici, colleghi: dare loro il tempo che meritano, non centellinarlo”.
Ringrazio le persone che hanno provato a raggiungermi con altri mezzi di comunicazione quali passaparola, messaggi cartacei e un tentativo di piccione viaggiatore.
Cosa ho imparato da questo esperimento? Distaccarsi dal mondo della comunicazione istantanea e dai social mi ha fatto valutare da un nuovo punto di vista le piccole abitudini e soprattutto capire quali applicazioni abbiamo veramente bisogno. Whatsapp è indispensabile, ormai la gente ha perso l’abitudine di chiamare preferendo i vocali (talvolta lunghi quanto una chiamata stessa).
Il telefono prima era sempre con me. Ora quel bisogno è passato in secondo piano davanti al piacere di una buona lettura e al dedicarmi ai miei passatempi. Spero che diventi una nuova abitudine e che non sia solo un periodo passeggero.
Obiettivo raggiunto, ho fatto il fioretto per Natale. Il Babbo sarà fiero di me.
Totale messaggi tra l’ 11 dicembre ed il 18 dicembre 2016: 1512 messaggi su Whatsapp e 82 notifiche su Facebook.
Matteo Ghisolfi