Camminando a testa alta, guardando negli occhi chi si incrocia per strada, si possono fare due scelte: sfidare il passante o scorgere le gioie e paure che pervadono dalle sue pupille. A meno di istinti violenti è preferibile la seconda possibilità, anche se farsi carico dei sentimenti degli altri probabilmente non spetta a noi. Eppure ogni tanto incontrare qualche occhio turbato può essere un’ottima cura per ricordarci che siamo uomini, animali capaci di stupirci della nostra esistenza.
Rimanere meravigliati è tanto più difficile quanto maggiore è il livello di normalità. Ad oggi la nostra esistenza si sta trasformando in un’ordinaria vita condotta dall’assioma del benessere. Una legge oltre i pilastri economici e sociali come comunismo e capitalismo, ma che è ormai così dentro al nostro essere che regola il nostro modo di essere, di agire, al solo scopo di stare meglio noi, nel nostro egoismo. Si potrebbero elencare infiniti esempi di questo comportamento e ognuno di noi, analizzando se stesso, trova certamente proprie espressioni di tale atteggiamento. L’obiettivo comune di ognuno è diventato il soddisfarsi, il nascondere i propri difetti a discapito del proprio stare bene. L’omologarsi alla normalità per non distinguersi, per non essere se stessi. L’aspirare al copiare l’altro anziché sviluppare se stessi, i propri talenti che ciascuno possiede.
Fedor Dostoevskij scriveva che sarà la bellezza a salvare il mondo. La bellezza è copiare l’altro o essere originali? È indagare se stessi per provare a scoprire i propri pregi e difetti o assumere quelli altrui? La bellezza è marchiata dal copyright, dall’originalità: non è espressione di cose già esistenti. E ognuno di noi è espressione del proprio copyright, della propria originalità. Come si fa a spiegarci che tra gli 80 miliardi di esseri umani che hanno calpestato il suolo non ce n’è uno o una come me stesso? Come si fa a farci credere che si è la propria biografia, ma che soprattutto la propria autobiografia?
È allo stesso preoccupante e speranzoso pensare al domani. L’unica certezza è che saremo noi a incontrarci con il nostro prossimo futuro e se non proprio in prima persona, magari il nostro figlio o nipotino. Eppure il domani è già qui, perché si inizia a costruirlo ora. Meglio un domani col copyright e il certificato di eccellenza, in cui ognuno trova posto perché esprime la sua bellezza o un domani dove non c’è posto per tutti, perché si è la copia dell’altro? La speranza è che siamo noi, oggi, a scegliere il domani per tutti che vogliamo.
Luca Lazzari