In foto: Peccato originale e cacciata dal paradiso terrestre, Michelangelo Buonarroti, volta della Cappella Sistina, Musei Vaticani, Roma.
La tradizione ha tramandato fino ai giorni nostri l’idea che il frutto che Eva nell’Eden, cedendo alla tentazione del serpente, raccolse e offrì ad Adamo fosse una mela. Nella Genesi (3, 6-7), però, non è specificato quale sia il frutto dell’albero della conoscenza del bene e del male. «Allora la donna vide che l’albero era buono da mangiare, gradito agli occhi e desiderabile per acquistare saggezza; prese del suo frutto e ne mangiò, poi ne diede anche al marito, che era con lei, e anch’egli ne mangiò. Allora si aprirono gli occhi di tutti e due e si accorsero di essere nudi; intrecciarono foglie di fico e se ne fecero cinture.»
A partire da questo brano della Bibbia sono state formulate diverse ipotesi riguardo alla natura di tale frutto. Tra queste, la più probabile è che si tratti di un fico, perché, subito dopo averlo mangiato, accorgendosi della loro nudità, Adamo ed Eva si coprirono con alcune foglie fico. La rapidità e l’immediatezza dell’azione fanno presumere che il fico dovesse trovarsi nelle loro vicinanze e che quindi potesse essere l’albero della conoscenza del bene e del male.
Ma da dove deriva allora l’idea della mela? All’epoca della diffusione del Cristianesimo il fico non era conosciuto nell’Europa continentale. Dunque è probabile che il frutto proibito sia stato identificato con la mela a causa di una identità terminologica: infatti in latino il termine che indica il male e l’albero melo è lo stesso, malus o malum.
Anche per la tradizione mitica greca la mela è un segno di discordia. È infatti proprio questo il frutto che viene scagliato da Eris, dea della discordia, e raccolto da Paride, che poi lo assegnerà a Afrodite con una scelta che porterà di conseguenza al ratto di Elena prima e allo scoppiò della guerra di Troia poi.
Vi sono poi altre fonti che identificherebbero il frutto proibito con l’uva, il grano o il cedro. Tuttavia l’ipotesi forse più plausibile è quella sostenuta da alcune correnti della tradizione ebraica, le quali ritengono che il nome del frutto sia stato volutamente taciuto, perché l’intenzione del racconto della Genesi era quella di far ricadere l’attenzione e la colpa del peccato sull’uomo e non sull’albero o sul frutto che l’avevano causato.
Eleonora Numico e Francesco Regolo