Che cosa è la crisi per un ragazzo liceale o che ha appena iniziato l’università? È difficile trovare una risposta esatta perché egli si sta affacciando su un mondo adulto, lavorativo, che ormai ha fatto sua la crisi. Come è usuale pensare in Euro e non più in lire, per un giovane è cosa comune avere uno spread elevato, dati occupazionali bassi e salari ai minimi. Questi elementi sono parte dell’habitat nel quale è cresciuto e vive giorno dopo giorno. Ma se a un adolescente si chiede come si fuoriesce da questa normalità, risponderà: “Cambiando”. Non dirà ritornando al passato.
Qui si accende la lampadina. Teoricamente l’idea c’è, bazzica tra i pensieri, non resta che realizzarla. Il cambiamento va messo in pratica. C’è da trovare la voglia, la motivazione per dare una svolta in ogni circostanza.
Chiunque può capire che di cose normali è pieno il mondo. Una passeggiata sotto i portici, una visita sul web o un giro al centro commerciale… Ovunque si trova l’ordinario. Ed è molto triste pensare che molti di noi definiscono ordinarie le proprie vite, la loro unica esistenza.
Se io sono diventato abituale, come posso aspirare allo straordinario?
Un nonno del mio paese ripete a ogni ragazzo che incontra: “Tutti noi siamo importanti. Se fossi stato solo sulle montagne, a combattere da partigiano, non avrei combinato nulla.” Detto un po’ più a effetto: la vita ha il miglior copyright.
Riuscire a convincersi umilmente della propria grandezza è un tassello fondamentale per dare adito al cosiddetto cambiamento che si vuole vedere nel mondo. Essenziale è la parola umilmente: se non so relazionarmi con gli altri, riconoscere le mie mancanze e apprezzare le capacità altrui, come posso farcela? Rimango solo. Essere grandi non sta per essere re superbi pronti a sottomette le altre persone grazie alle proprie inclinazioni, ma vuol dire essere se stessi, unici nei propri difetti. Avere il copyright significa seguire le proprie passioni, vivere animati da sogni che sono propri.
L’indice di felicità pro capite, misurato da un’università statunitense, in Italia non è mai stato così basso come negli ultimi cinque anni. Proprio dall’inizio della crisi. È noto che ci sono difficoltà economiche che incidono sulla vita quotidiana di una famiglia, però nel nostro piccolo cosa possiamo fare? O ci si piange addosso o… si cambia. E si cambia a partire da se stessi. Ci si distingue dal proprio vicino mettendosi in gioco. Troppo spesso ci si abbandona alla speranza e non si fa altro che ammirare o disprezzare quanto succede intorno a noi. Non si partecipa. Perché dedicarmi a qualcosa quando ci sono altri che possono impegnarsi al mio posto? Forse è proprio vero che siamo la patria del dolce far nulla. Ci piace lamentarci, criticare. Al momento ci interessa anche l’idea di un cambiamento, ma non spetta a noi portare avanti un nuovo progetto.
Ad esempio se desidero un mondo più ecologico perchè non utilizzo la bicicletta anche d’inverno? Fa freddo? In Norvegia la usano per tutto l’anno con temperature ben più rigide delle nostre. Sono abituati? Prima o poi ci adatteremo anche noi a qualche grado in meno pedalando. Ma se non iniziamo a pedalare…
Con la crisi ci siamo chiusi in noi stessi, lasciamo guidare la nostra vita da altri. Non sappiamo più sporcarci le mani e stringere un rapporto straordinario con la nostra giornata, la nostra quotidianità. Non siamo motivati a una piccola metamorfosi. Siamo diventati egoisti con la nostra esistenza e con la terra in cui viviamo. Non siamo più in vero rapporto con noi e con il nostro paese. Infatti temo che la nostra sia diventata una relazione sbilanciata, una relazione basata sul fatto che noi cittadini ci prendiamo tutto quello che vogliamo, ignorando con grande tranquillità le cose che sono molto importanti per l’Italia. Saremo pure un paese piccolo, ma siamo anche grandi! Siamo la patria di Dante, di Manzoni, di Leonardo, di De Andrè, Benigni… di Roma, della pizza! Del destro di Andre Pirlo… e anche del sinistro di Andrea Pirlo! Dei canali di Venezia, del mare della Sardegna, delle Alpi. Siamo la patria di Cesare Augusto, delle opere dei Romani. Siamo la patria delle Cinque Terre, del cibo. E un amico che fa il prepotente con la propria terra, non è più un vero amico. E spesso non siamo più amici di noi stessi.
Siamo un paese di cui si piange addosso, un paese troppo spesso abbandonato dalle sue persone. Non sappiamo dire bene di noi, d’altronde l’erba del vicino è sempre più bella. Io non voglio crederci. Lo stivale non avrà tanti muscoli, non sarà un superometto, ma la bellezza vive in lui, come vive nelle persone che lo abitano. Se solo sapessimo apprezzare questa bellezza, ci renderemmo conto che per la nostra Italia, e soprattutto per noi, è giusto partecipare alla sua bellezza, promuovendo il suo bene, sperando nel suo meglio, che è anche il nostro meglio.
La politica non ci aiuta? Le leggi sono difficili da interpretare e il fisco è solo pronto a trovare errori nel mio bilancio? Probabilmente sì, ma non sono queste buone ragioni per abbandonarsi a se stessi. Anzi, sono motivazioni per essere ancora più forti, per portare avanti una politica dal basso, forte, giovane e ancorata alla nostra grandezza, che è la singola esistenza di ognuno di noi.
Il naturalista Darwin osò affermare che non è la specie più forte a sopravvivere e nemmeno quella più intelligente, ma la specie che risponde meglio al cambiamento. Non c’è citazione migliore per descrivere la situazione attuale, soprattutto quella economica che tanto condiziona il nostro vivere da farlo diventare monotono.
Perchè in fondo la crisi esiste, ma ci siamo anche noi. E tocca a noi scegliere come stare al mondo. Restare afflitti e desolati nel nostro io o aprirci a nuove opportunità? Rimpiangere il passato o vivere per ricordarsi del futuro?
Luca Lazzari