Si è appena conclusa la Conferenza del Clima di Parigi organizzata con lo scopo di raggiungere un accordo per salvare l’ambiente dalle destabilizzazioni climatiche. Tra i tanti discorsi di chi avrebbe potuto fare molto (ma non vuole), il discorso del Presidente di uno Stato che molti di noi nemmeno sanno piazzare precisamente sulla mappa ha rivelato il segreto per “salvare la Terra”. Si tratta di Rafael Correa, presidente dell’Ecuador.

Egli ha denunciato come le (false) proposte di chi ha portato al disastro attuale non tengano conto di una basilare realtà: la crescita all’infinito è “indesiderabile e impossibile”. Indesiderabile perché un aumento del PIL non corrisponde a un aumento della felicità. Impossibile perché non è materialmente fattibile crescere continuamente, siccome “la tecnologia e la scienza ampliano i limiti, ma non li eliminano” e dobbiamo tenerne conto, altrimenti il conto per noi e per l’ambiente sarà salato.

Correa ha avuto il coraggio di dire ciò che molti governanti del Nord del mondo si rifiutano di accettare, cioè che “è impossibile una crescita infinita in un pianeta dalla risorse finite”, per citare il teorico della decrescita felice Serge Latouche.

Cosa propone l’Ecuador? Garantire il libero accesso ai “beni comuni” per evitare un consumo superfluo dei beni ambientali, firmando un trattato vincolante per tutelare i beni naturali. È molto importante l’aggettivo “vincolante” perché fino ad ora i trattati internazionali sul clima sono stati “non vincolanti”, come quello firmato a Montreal nel 2005 che rappresenta la “base di partenza” per la COP21. La proposta di Correa è quella di introdurre una Corte Internazionale di Giustizia Ambientale per condannare i crimini ambientali.

Perché non condannare il “debito ecologico” se si condanna quello pubblico? Questo è il presupposto di Rafael Correa il quale afferma nel discorso che: “Nulla giustifica l’esistenza di tribunali che proteggono gli investimenti o che obbligano a pagare i debiti finanziari, ma possibile che nessuna corte possa giudicare i crimini ambientali?” E aggiunge che si tratta della “logica perversa dalla privatizzazione dei guadagni contemporaneamente alla socializzazione delle perdite.”

L’attacco ai meccanismi finanziari è forte e pienamente coerente con la storia politica di Correa. Infatti, nel suo primo mandato presidenziale, ha dichiarato parte del debito pubblico del suo paese “immorale”, e quindi detestabile perché realizzato dalla precedente dittatura, pagando ai creditori il 30% del valore nominale dei titoli invece che la totalità.

L’Ecuador non è stato il solo stato del Sud America che negli ultimi anni ha cercato una via indipendente e lontane dalla politiche neoliberiste di Washington e Bruxelles. Sempre rimanendo nell’ambito delle conferenze sul clima, Chavez nel 2009 ha affermato una grande verità, riferendosi al rapporto fra finanza e ambiente, con la frase: “Se il clima fosse una banca, lo avrebbero già salvato.”

Forse è ora anche per l’Italia di sganciarsi dal pensiero dominante e pensare soluzioni innovative e originali per salvare l’ambiente che, soffocato dal paradigma della crescita economica illimitata, è in salute più che precaria.

 

Federico Musso