Il mio vicino di casa indossa una giacca ormai sgualcita delle olimpiadi invernali del 2006 e delle scarpe dell’Adidas distrutte. Per tutto l’anno. Ha i capelli tutti appiccicati gli uni agli altri e una barba abbastanza incolta da coprirgli tutto il viso, si intravede solo un angolo di guancia. Spesso in mano ha una lattina di birra. Non so se sia piena o vuota, non so se l’abbia comprata lui, oppure se l’abbia trovata per strada, magari in un cassonetto. È sporco e puzza. La sua casa è il marciapiede. Cambia spesso lato, ma rimane sempre nella zona. Lo puoi trovare in piedi che passeggia, oppure seduto per terra. Ma non chiede mai soldi. Lo vedo ogni giorno quando torno a casa, perché quando esco è troppo presto: lui dorme ancora. C’è ogni volta, non manca mai. I suoi occhi non cantano disperazione, né alcuna nostalgia. Sono gli occhi più scuri che io abbia mai visto, non so decifrarli. Non conosco la sua storia. Potrebbe aver perso tutto, oppure potrebbe aver lasciato tutto. Qualcuno potrebbe avergli fatto male, oppure lui potrebbe aver fatto male a qualcuno. Io vedo solo che, con il sole o la pioggia, lui indossa una giacca invernale e delle scarpe distrutte, trascina i piedi sul marciapiede, attraversando gli sguardi della gente che fan finta di non vederlo, e li restituisce indietro, facendo finta di non vedere a sua volta, tutta quella gente.

Mi sono scontrata con un uomo. Era vecchio e in una mano aveva un sacchetto di plastica. Chissà cosa c’era dentro. Nell’altra teneva per il lato più lungo un quadro rettangolare. Era una tela con il volto di una donna dal collo lungo, gli occhi vuoti e a mandorla. I capelli raccolti in uno chignon. Modigliani. C’era la firma di Modigliani sopra. La tela aveva uno squarcio. “Lo squarcio nel cielo di carta”. Da quell’universo bucato, emergeva un nuovo mondo, che era lo stesso di quello da questa parte, ma sembrava diverso. Non ho visto com’era vestito. Non so il volto, la voce, il nome. So solo che un uomo passeggiava per Torino con in mano una tela di Modigliani squarciata. Il privilegio della relatività rende tutto vero. Poteva aver commissionato il suo furto a un ladro giovane, agile e sveglio, che era riuscito nel suo intento, ma aveva squarciato la tela nella fretta della fuga. Poteva essere stato il vecchio a rubarlo, per pagarsi l’affitto o per avarizia. Ma con uno squarcio, quella tela, chissà se valeva il vissuto o valeva solo più una caramella. Oppure voleva quella tela perché la donna nel dipinto era sua moglie, morta giovane, giovane amante di Modigliani, amata comunque da suo marito. Poteva essere lui il pittore, oppure poteva essere un truffatore. Oppure era stato truffato, e quello era un falso. Forse la cosa più vera era quello squarcio.

Sprizza passione da ogni poro della pelle e dai suoi piccoli occhi neri. La puoi percepire nell’enfasi che mette in ogni parola che pronuncia. Il tono è alto, le sillabe scandite. Sa ciò che dice, sente ogni cosa che dice. I suoi discorsi trasudano ansia, aspettativa, eccitazione e paura. Ma soprattutto passione. Quando la incontri per la prima volta, e anche le volte dopo, non sembra tutto questo. Lei si misura. Misura le parole, le espressioni del viso, si misura ma non si nasconde. La sua voce sembra avere addirittura un timbro diverso. Non si fa mai sentire, anche se sa comunque sempre la parte da cui schierarsi. Ammette che spesso non sa cosa dire. Nemmeno io. Confido nel fatto che non deve essere sempre necessario saper cosa dire, per dimostrare che si crede in qualcosa. Ha due anni in meno di me, ma vorrei essere come lei. I suoi pensieri sono rivolti ad un’altra dimensione, quella del futuro, ma con le riserve di tutti quei giorni passati a fantasticare sul domani. E ora a chiedersi se ha fatto bene. Il rito di passaggio, quello che da un sistema ti inserisce in un altro ma ancora non sai come è fatto, quel momento di sospensione che ti esula dal dare forma alla presente realtà, che ti fa svegliare tardi la mattina, annoiare il pomeriggio, e ti fa passare tutto il tempo a pendere dalle labbra dell’attesa, in lei ha la forma della vitalità. Poche volte ho visto tanto entusiasmo in corpi così piccoli. Entusiasmo che da spazi piccoli si espande intorno e ti raggiunge. Non so se esca da ogni poro della pelle o dai suoi piccoli occhi neri. Ma so che quelli si, si possono decifrare. Ma solo se per una frazione di secondo, anche se in un tempo passato, hai visto il mondo attraverso quegli occhi.