1936, Olimpiadi di Berlino. Jesse Owens conquista 4 medaglie d’oro, la Germania nazista si inchina a un “inferiore uomo nero dai tratti primitivi”.
Nel 1976 il presidente degli Stati Uniti Gerald Ford lo premia con la Medaglia presidenziale della libertà, il massimo titolo per un civile americano.
“Owens ha superato le barriere del razzismo, della segregazione e del bigottismo mostrando al mondo che un afro-americano appartiene al mondo dell’atletica”.
1939, a Marian Anderson viene negato il permesso di cantare in pubblico a Washington D.C. per via del colore della propria pelle. Grazie all’aiuto del Presidente e della First Lady Roosevelt, la cantante si esibisce in un concerto al Lincoln Memorial, scontrandosi con quelle che erano le ideologie e la mentalità dell’epoca.
1940, Charlie Chaplin conclude il capolavoro cinematografico Il Grande Dittatore con un monologo che ha segnato la storia. Nello stesso anno in cui Hitler era salito al potere, dando il via alla Seconda Guerra Mondiale e all’orrore dell’Olocausto, l’attore ha pronunciato il Discorso all’Umanità. Un inno in difesa della libertà, un appello alla collaborazione e all’amore, un tentativo di risveglio della sensibilità individuale.
“We all want to help one another, human beings are like that.
We want to live by each other’s happiness.
Not by each other’s misery.
We don’t want to hate and despise one another.
And this world has room for everyone, and the good Earth is rich, can provide for everyone”.
1955, Montgomery. Rosa Parks si rifiuta di lasciare il posto a un passeggero bianco su un bus. Diventa eroina dei diritti dei neri, coinvolti nella lotta contro la segregazione razziale che colpiva l’Alabama e altri Stati del Sud: dà il via a una protesta tanto rabbiosa quanto non violenta.
1963, Martin Luther King pronuncia il celebre discorso I Have a Dream, alla fine della marcia su Washington per protestare in favore dei diritti umani, del lavoro e della libertà.
“I have a dream that my four little children will one day live in a nation where they will not be judged by the color of their skin, but by the content of their character. I have a dream today!”.
1964, Sudafrica. Nelson Mandela viene condannato all’ergastolo perché ritenuto colpevole di sabotaggio e alto tradimento. Combatteva pacificamente contro l’apartheid e il razzismo. Dopo esser stato scarcerato diventa presidente. La squadra sudafricana degli Springboks partecipa alla Coppa del Mondo di Rugby nel 1995. Mandela confida che un’eventuale vittoria possa rafforzare l’orgoglio nazionale e lo spirito di unità del paese. La nazionale vince contro gli All Blacks e il successo aiuta il riavvicinamento della popolazione nera alla popolazione bianca e stimola l’integrazione del paese.
1966, New Jersey. Il pugile Rubin Carter viene accusato di un triplice omicidio e incarcerato per 20 anni. L’accusa viene poi sollevata perchè l’incriminazione è probabilmente stata alimentata da un pregiudizio razziale.
Bob Dylan dedica la celebre canzone Hurricane alla sua storia.
“Here comes the story of the Hurricane,
the man the authorities came to blame
for somethin’ that he never done.
Put in a prison cell, but one time he could-a been
the champion of the world”.
Sempre Bob Dylan nel 1964 scrive, sull’onda emotiva provocata dall’assassinio di Kennedy e dal discorso di Martin Luther King, The Times They Are A-Changin’ che viene definita un “Inno di battaglia per un’intera generazione”.
1967, Muhammad Ali si rifiuta di combattere in Vietnam.
“No Vietcong ever called me nigger”.
L’opposizione gli costa il titolo di campione dei pesi massimi e la licenza di boxer. Viene condannato a 5 anni di carcere e solo nel 1971 gli viene riconosciuto il diritto all’obiezione di coscienza.
1971, John Lennon scrive Imagine, in un periodo storico segnato dal conflitto in Vietnam e dalla guerra fredda. La canzone invita a pensare a un mondo senza barriere, né religioni, libero dai conflitti e in cui regnano pace e comunione tra i popoli, dove non c’è niente per cui uccidere o morire.
“Imagine there’s no countries
It isn’t hard to do
Nothing to kill or die for
And no religion too
Imagine all the people living life in peace”.
L’elenco è ancora lungo. Personaggi che hanno segnato la storia, che hanno fatto valere le loro idee, fatto sentire la propria voce e che hanno lottato per un mondo migliore, più corretto e tollerante. Negli Stati Uniti la lotta per i diritti dei neri si è fatta sentire particolarmente. Negli anni la mentalità statunitense si è evoluta e sono state raggiunte grandi conquiste: la schiavitù, la segregazione e le leggi razziali non esistono più. Eppure alcuni avvenimenti continuano a succedere.
2012, Florida. Il diciassettenne Trayvon Martin viene ucciso dal poliziotto George Zimmerman perché sospetto di furto in un negozio. Il ragazzo aveva con sé una bibita e un pacchetto di caramelle. Zimmerman viene dichiarato dalla Corte non colpevole perché ha sparato per legittima difesa.
2014, Missouri. Mike Brown, diciottenne afroamericano, viene ucciso da Darren Wilson. Cosa sia successo non è chiaro ancora oggi, sembra però che la ricostruzione dei fatti relativi all’uccisione sia stata ridimensionata. L’agente non viene incriminato.
2014, Ohio. Il dodicenne Tamir Rice non obbedisce all’ordine di alzare le mani, aveva in mano una pistola giocattolo.
2014, New York. Mentre cerca di vendere illegalmente delle sigarette, Eric Garner viene fermato dalla polizia. L’agente Daniel Pantaleo lo blocca per terra, facendo pressione sul collo, Garner soffoca poco dopo e Pantaleo non viene incriminato. I Can’t Breathe, le ultime parole pronunciate dall’uomo diventano un simbolo di protesta.
Tutte persone che si trovavano al momento sbagliato nel posto sbagliato. E così tanti altri. Omicidi non giustificati, vittime innocenti che muoiono per futili motivi, oppresse dall’odio di un paese che avrebbe dovuto già da tempo evolversi completamente.
2020, George Floyd viene ucciso dall’agente Derek Chauvin a Minneapolis. Ancora una volta violenza e intolleranza hanno vinto e le conquiste fatte fino ad oggi sembrano dimenticate.
L’episodio fa traboccare il vaso e gli Stati Uniti d’America vanno in fiamme. Il Presidente Donald Trump minaccia di mobilitare l’esercito contro i manifestanti, la popolazione è esausta e arrabbiata. Le proteste contro l’abuso di potere della polizia e il razzismo ricordano quelle del 1968, quando M. L. King è stato assassinato. C’è anche chi approfitta del momento e della rabbia e crea disordine ingiustificatamente, saccheggiando negozi e usando la violenza senza limiti. Siamo tornati indietro, ancora una volta.
Nel 2016 Colin Kaepernick, quarterback americano di colore, non si alzò durante l’inno nazionale statunitense all’inizio di una partita. Il gesto, in segno di protesta contro le ingiustizie e le oppressioni subite dalla minoranza nera, venne imitato da molti sportivi scatenando discussioni e polemiche.
La foto è tornata virale, accompagnata dallo scatto dell’omicidio di Floyd.
“Questo è il motivo per il quale protestiamo. Svegliati, hai capito ora o non è ancora chiaro?” ha scritto Lebron James, unendosi all’indignazione collettiva che ha coinvolto tutto il Paese.
In questo periodo storico bisogna stare uniti, amarsi e capire che essere “antirazzisti” non basta più. É necessario alzare la voce e farsi sentire per curare le ferite ed evitare di aprirne di nuove. Bisogna imparare ad ascoltare, raccontare, educare ed educarsi. Fa male pensare alle ingiustizie commesse e a quelle che avverranno se non ci sarà un cambiamento. Questo discorso vale per tutti, in tutto il mondo, da un punto di vista politico, culturale e religioso.
Vorrei lasciare a ogni lettore le proprie conclusioni, riportando qui sotto un altro pezzo del discorso di Chaplin del 1940 sperando di addolcire l’odio e portare speranza.
“You, the people, have the power to make this life free and beautiful, to make this life a wonderful adventure.
Then – in the name of democracy – let us use that power – let us all unite.
Let us fight for a new world – a decent world that will give men a chance to work – that will give youth a future and old age a security.
Let us fight to free the world – to do away with national barriers – to do away with greed, with hate and intolerance.
Let us fight for a world of reason, a world where science and progress will lead to all men’s happiness.
Soldiers! In the name of democracy, let us all unite!”.